giovedì 21 luglio 2016

Oriana Fallaci, Il sesso inutile


Com'è difficile fare i conti con Oriana Fallaci...
Difficile rapportarsi a lei, come donna e scrittrice, ex aspirante giornalista - nel mio caso specifico.
Perché di lei l'immagine resta, al di là del sentimento che poi ne scaturiva, ferma in quel volto di donna ostinato, pronto a tutto e sfrontato.
Questa difficoltà non fatica a palesarsi, ed è quel che accade persino nella prefazione di Giovanna Botteri, la quale introduce con sincerità e parole piene di ammirazione e sogno, questo incredibile viaggio attorno alla donna, Il sesso inutile.
 
1960 - Il direttore dell'Europeo chiede alla Fallaci un'inchiesta sulla condizione della donna, ma a lei, d'impatto, sembra una cosa ridicola.
 
"Per quanto mi è possibile, evito sempre di scrivere sulle donne o sui problemi che riguardano le donne. Non so perché, la cosa mi mette a disagio, mi appare ridicola. Le donne non sono una fauna speciale e non capisco per quale ragione esse debbano costituire, specialmente sui giornali, un argomento a parte: come lo sport, la politica e il bollettino meteorologico".
 
 
Quelle stesse incertezze a proposito dell'inchiesta, diventano poi uno splendido reportage realizzato insieme al fotografo Duilio Pallottelli. Dal Pakistan all'India, passando per l'Indonesia e la giungla della Malesia. Fino ad Hong Kong e in Giappone, per concludersi come un avvincente romanzo d'avventura in stile francese, nella più moderna New York.
Lei con la sua Olivetti che bastava a riempire qualunque bagaglio, e lui, il fotografo romano, con la sua Laika e la sua euforia tutta italiana dinanzi all'idea di incontrare tutte quelle donne.
Da Karachi a Manhattan, le pagine scritte dalla Fallaci, fanno del giornalismo un'opera letteraria di rara bellezza. Tutti gli interrogativi e le curiosità circa la donna e la sua condizione, sociale e umana, vengono arricchiti ed appagati, e fanno del lettore un bambino che non la smette più di dire basta davanti a un pacchetto di caramelle gommose.
Quello che ci lascia la Fallaci infatti, deve essere letto a partire dall'inestimabile valore antropologico e culturale, non solo legato al "sesso inutile", che esso racchiude in sé.
 
Nonostante alla Fallaci venga accostata di frequente anche la più bizzarra delle accuse e delle etichette - che tanto vanno di moda oggigiorno e di cui tutti abusiamo, perché siamo social, siamo moderni al punto giusto - vi è una sottile umiltà nelle parole che introducono il libro, dote sempre più rara, guardatuilcasoavolte, nei testi contemporanei.
 
"Ciò che segue è il racconto di quello che accadde dal momento in cui scendemmo a Karachi al momento in cui lasciammo New York: di quello che vidi, di quello che udii, e di quello che credo di aver capito".
 
Con quella stessa umiltà, Oriana Fallaci realizza un reportage ricco di testimonianze e colori. Dove la determinazione non viene meno, dove non manca la malinconia e il terrore, talvolta. Perché le storie delle donne che incontra la Fallaci sono incredibilmente vere e, molte, incredibilmente drammatiche. Assurde.
Mi torna in mente il pianto della sposa bambina in Pakistan, le spose infelici, si usa dire da quelle parti. Come se fosse la più banale delle normalità.
"Perché non piangono, le spose, in Occidente?"
Piangono, eccome. Di gioia, di dolore, di sentimenti feriti e storie orribili. Ma non stanno al mondo come "pacchi".
 
"Cos'è?"
"Niente" rispose. "Una donna".
"Cosa Fa?"
"Niente" rispose. "Si sposa".
"Dove va?"
"A casa" rispose.
"Mi faccia venire, la prego".
"Perché? Il matrimonio mussulmano è una faccenda privata".
Gli dissi perché. Sorrise e promise di fare qualcosa ma ad un patto: che non dicessimo agli altri la verità su quella intrusione e che non chiedessi il nome dello sposo, né tantomeno lo pubblicassi.
"Nemmeno quello della sposa" promisi.
"Oh, quello non conta. La sposa non conta".
 
Dietro la storia di ognuna di queste donne, si celano anni di rivoluzioni e sangue, di lotte all'insegna di un riscatto, culturale, sociale. E che sia dietro un volto coperto da un Burqa, o di un corpo avvolto in un Sari, o nascosto dietro sette chimoni, che sia dietro il dolore di un paio di piedi piccolissimi e deformati da un'assurda imposizione, la verità più credibile risulta essere la cosa più sconcertante del mondo.
Che le donne sono uguali dappertutto, che in fondo vogliono tutte le stesse cose. Lo dice la donna più importante dell'India, lo dice la storia di questo paese, profondamente nuovo, dopo la rivoluzione di Gandhi.
Lo dicono le storie che seguono, delle Gheisce e delle matriarche, e lo dicono pure le storie delle donne più libere ed emancipate del mondo. Quelle inghiottite tutti i giorni dalla subway, spolpate dallo smog e dal caos di New York. Quelle che convivono tutti i santi giorni con la propria libertà, che ha il sapore e lo sguardo di un uomo debole, spaventato dal suo stesso ruolo nel mondo, tanto incerto, messo in pericolo da cotanta "parità di diritti".
 
Forse alle donne spetta lo stesso destino. Tutte girano attorno alla medesima luna, tutte si soffiano stupidamente il naso e piangono gli uomini per ciò che sono o non saranno mai. E perché nonostante tutto, farfalle di ferro o farfalle morte che non sanno di stare al mondo, noi donne, d'Oriente e d'Occidente, vestiamo con abiti diversi, la stessa identica infelicità.
 
Grazie, Oriana.

2 commenti:

  1. Non scendo nel merito di questo libro, semplicemente perché non l'ho letto, posso però dire quel che penso a proposito di questa Donna, artista, scrittrice, giornalista: assolutamente grandiosa.
    Mi spiace molto leggere in giro di commenti sgradevoli, prese in giro, macchiette e burle che utilizzano la sua immagine. Certo, la Fallaci è sempre stata invisa a molti, ma a ragion veduta, in funzione di scontri ideologici che hanno caratterizzato buona parte degli anni '60-'70-'80. Comprensibile direi, persino ovvio. Visioni diverse necessariamente stridono e creano forme dialettiche spesso violente. Quello che mi rattrista è l'utilizzo della sua immagine da parte di persone che, giocoforza in virtù dell'età, non sanno nulla della Fallaci se non l'estrapolazione di passaggi riconducibili al suo periodo più rabbioso, infelice, carico di sofferenze. Passaggi strumentalizzati da una certa sinistra radical chic composta da figli di papà con tanto di attico ai Parioli. Persone che quando lei inviava reportage dal Vietnam o dai teatri di guerra medio orientali non erano nemmeno nati o al massimo si facevano cambiare i pannolini dalla tata di lusso. Ovviamente il dileggio e la calunnia vincono quasi sempre, e la foia iconoclasta dei pensatori "per sentito dire" è sempre incontenibile. Per quello che mi riguarda, Oriana Fallaci è stata una grande giornalista, una grande scrittrice, ha documentato realtà che altrimenti l'informazione di regime non ci avrebbe mai fatto conoscere. Chi si è scagliato contro di lei prendendo il destro da sue pesanti affermazioni in merito al mondo islamico ha fatto il gioco di quel potere che gli stessi comici radical chic di cui sopra si sono sempre vantati di combattere. Comodo, molto comodo ridurre ai minimi termini l'opera di una vita, la testimonianza fattiva e partecipata di una delle penne che hanno documentato i più importanti accadimenti dell'ultima parte del '900. Gli stessi detrattori anti berlusconiani, anti regime, anti tutto, sventolatori di bandiere rosse e kefiah, oggi inspiegabilmente tacciono di fronte allo sfacelo che la nuova sinistra, finta sinistra, sta compiendo nel nostro Paese. Tacciono, i paraculo. Tacciono. Probabile, per averne conosciuti molti, che i veri partigiani, i veri combattenti per la libertà, oggi prenderebbero a calci nel culo questi svetolatori di bandiere che non gli appartengono. Non c'è gusto a dire la verità, più divertente sfottere una grande donna malata di cancro alla fine del suo percorso. La Fallaci è stata sempre sola, da sola ha combattuto le sue battaglie, in tempi dove in Italia l'immagine della donna al massimo poteva essere riconducibile alla brava massaia del dado Knorr. Vergogna, eterna vergogna per i detrattori strumentali e per i sostenitori altrettanto opportunisti. La Fallaci è stata di più, molto di più rispetto a un libello frutto di uno sfogo personale espresso liberamente e con coraggio. Personalissima opinione, opinabile e discutibile, ma è la mia opinione.

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  2. wow, bellissima recensione, ed apprezzabile commento di Massimiliano Riccardi, con cui concordo.
    Ma non riprendi. scrivere ?

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