mercoledì 14 dicembre 2016

Dexter - Come una scatola di ciambelle vuota



E adesso sarai impacchettato con cura, nei sacchi della spazzatura, e il mio piccolo personale angolo di mondo, sarà un posto più pulito e felice... Un posto migliore...

Non male come biglietto da visita. Certo in un mondo reale farebbe un attimo rabbrividire, anche se... A pensarci bene... Be', ci siamo capiti. No?
"Dexter dove sei?". "Eeeeh, se ci fosse stato Dexter..." - Quante volte lo abbiamo detto e pensato?
Io ho perso il conto.

Perché alla fine si sa, davanti allo schermo o davanti a un bel libro, il cattivo diventa buono. Il sociopatico che fa a pezzetti la gente finisce col piacerci di brutto. La morte diventa normale, e la corrente dell'Oceano - nel nostro caso specifico - la signora giustizia per antonomasia.
Sacchetti di plastica neri e pellicola trasparente hanno riempito le mie giornate e, da che non guardavo nemmeno una serie tv - a meno che questa non fosse ambientata all'interno del Seattle Grace - mi ritrovo oggi a cercare disperatamente di colmare un vuoto. Sensazione frustrante che segue quell'ultimo straziante episodio. L'ultimo!
Dopo aver visto Lost, ho creduto davvero che non avrebbe avuto più senso nulla in fatto di serie tv. Sapevo che quella era la serie Regina, la mamma di tutte le serie tv, e che niente avrebbe saputo sostituire quell'esperienza tanto unica.
Finché non ho scoperto lui.
Dexter Morgan.



Attenzione pericolo SPOILER!

Otto stagioni sono tante, e questa consapevolezza un po' mi frenava. Iniziare a vedere Dexter è stato fin dal principio un grande atto di fede (i postumi di Lost!). E poi è bastato un episodio per andare il più lontano possibile rispetto a Dio, per oltrepassare il confine che ci vuole o buoni o cattivi. Uno psicopatico che uccide, sì, "ma lui è diverso. Non è come gli altri".
Ed è questo che continui a ripeterti, puntata dopo puntata, per assolvere lui, e pure un po' te stesso.
La giustizia è un concetto labile eppure tanto semplice.
Chi uccide va in galera. Chi uccide è un assassino. Le persone normali non uccidono. E agli assassini, ai cattivi di ogni genere, ci pensa la polizia e, per finire, il voto di una giuria.
L'aspetto più drammatico e brutale di questa serie tv è proprio questo. Come dinanzi a Dio, la giustizia rende impotente l'uomo e, talvolta, assolve e uccide con la stessa mano.

La grande forza di Dexter, intesa come serie, sta nel riconoscere se stessi e le proprie azioni. Seppur nel difetto, nel sangue e nel bisogno di uccidere, Dexter Morgan mette subito le cose in chiaro.

Mi chiamo Dexter, Dexter Morgan. Non so cosa mi ha fatto diventare ciò che sono ma, qualunque cosa sia stata, mi ha lasciato un vuoto dentro. Le persone fingono molto, io fingo quasi tutto e fingo molto bene. È questo che mi pesa tanto [...]

Il peso più grande che un essere umano sia costretto a portarsi addosso, è quello della maschera che indossa. Dexter è un ematologo della polizia di Miami, il topo da laboratorio che dal sangue ripercorre la storia delle vittime. Certo a lui riesce particolarmente bene, certo, il suo curriculum da serial killer ha gli attributi con tanto di fiocchi e stellette.
Questo personaggio insolito nasce dalla mente dello scrittore Jeff Lindsay, il cui romanzo La mano sinistra di Dio, sembra aver ispirato solamente la prima stagione della serie tv dedicata al suo protagonista, per l'appunto, Dexter Morgan.
Quello che più ci ha tenuti incollati allo schermo, provo ad azzardare, credo sia la presenza narrativa - che poi diventa tangibile - di un codice da seguire che porti all'atto più estremo, tuttavia evitabile, che è la morte.
La morte per mano altrui, un omicidio brutale e ordinato al tempo stesso. Curato nel minimo dettaglio, con tanto di pareti di plastica che gridano alla morale e cercano una confessione, l'ultima. Un attimo prima della fine.

Dexter Morgan assiste all'omicidio della madre quando aveva solo tre anni. Uccisa in modo disumano. Nato nel sangue, come afferma anche lui nel corso della serie, e destinato a viverci tutta la vita. A prendersi cura di lui sarà Harry, padre adottivo e poliziotto che insegnerà a Dexter un codice ben preciso, l'unica possibilità di convivere con quel passeggero oscuro che, altrimenti, lo avrebbe reso uno psicopatico senza alcuno spessore.
E invece Dexter lo spessore ce l'ha.
Uccide, è vero. E questo lo rende un assassino come tutti. Ma il suo codice riesce ad incanalare quel bisogno di uccidere, e fa sì che le vittime siano solo ed esclusivamente assassini che la giustizia non è riuscita a fermare.
Alti e bassi accompagnano tutte le stagioni di Dexter, ma credo sia abbastanza accettabile come compromesso. Significative le evoluzioni di alcuni personaggi, primo su tutti Dexter, il quale si dichiara all'inizio completamente estraneo al mondo normale, fatto di pianto e dolore, di gioia e piccoli o grandi sentimenti. Ma i bambini lo hanno cambiato, la vita insieme a Rita lo ha cambiato. Così come lo ha cambiato suo figlio Harrison, e l'amore per Hannah e - solo nel finale - quello per Deb.  
Alcune scelte narrative mi hanno lasciato addosso qualche perplessità (un finale da nì), cose che non avrei mai e poi mai voluto vedere, ad esempio.
Quella vasca piena di sangue e il corpo di Rita senza vita, e il pianto di un bambino che pare interminabile. L'abbraccio di Debra disperata a Maria LaGuerta. Quella barca che vira verso la tempesta e il mare che ingoia Debra.
Questi sono traumi, non sono scelte narrative.
Ca**o!


Quando finisci di vedere Dexter ti chiedi come farai a vivere senza più le cazzate da pervertito di Vince Masuka. Per dirne una.
Ti chiedi come sarà la vita dopo, quando sul divano provi a capire dove arriva la parte più umana e giusta di te. Ti chiedi cosa voglia dire convivere con un mostro che ti abita dentro. Ti chiedi cosa porti davvero la gente ad uccidere, quanto sia importante una vita e un evento in grado di segnarla per sempre.
Ti chiedi come sarà tutte le volte che guarderai una scatola di ciambelle vuota, e ti sentirai così, vuoto dentro.


Concludo dicendo che di questa serie ho amato molti personaggi. Non dimenticherò facilmente il volto di Trinity, i pancake a colazione e la bellezza di Rita. Ma soprattutto non dimenticherò lei. La sua camminata storta e quel modo di fare da camionista, con tutti i cazzo e vaffanculo che ne conseguono. La sua lealtà di essere umano.
La sua completezza...
Ciao Debra. E grazie.


2 commenti:

  1. Ma sai che mi ero rotta le bolas a metà seconda stagione? Non so, è dai tempi di Six Feet Under che non riesco a farmi piacere Michael C. Hall... -.-

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  2. Ma... come è possibile tutto ciò? XD
    Io lui l'ho scoperto con Dexter, mi hanno detto che è un validissimo attore di teatro e che ora sta recitando a Londra. Una ragazza lo ha visto e ha detto che è bravissimo.
    Comunque io sono stata letteralmente rapita. Da lui, dal suo volto di ghiaccio e da tutta la serie. Voglio leggere il romanzo di Lindsay. ^_^

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