Ho iniziato a vedere il film con una bomba ad orologeria nello stomaco, pronta ad esplodere.
Nonostante già sapessi l'epilogo, mi sono resa conto dopo pochi minuti che quella storia, vera, brutta, così dannatamente reale, mi avrebbe fatto stare male, malissimo. Mi avrebbe messo in difficoltà, perché prima di un occhio critico, c'è quello di madre, di sorella, di essere umano.
E certe storie ti lasciano addosso solamente un silenzio profondo.
La storia di Stefano Cucchi ha scosso duramente l'opinione pubblica, l'immagine di Ilaria con le foto del fratello ormai privo di vita sono entrate nelle case di tutti gli italiani. Tutti, chi più chi meno, hanno avuto almeno un'occasione per riflettere su quanto accaduto.
Ecco, partirei da questa premessa che è un dato di fatto, il punto nevralgico da cui si snodano milioni di pareri e interpretazioni.
Quella di Stefano è una storia vera. Realmente accaduta.
La responsabilità, nella scelta di portarla sul grande schermo, di farne comunque un prodotto cinematografico, è davvero tanta.
Alessio Cremonini realizza un'opera realmente complessa (e lo fa con rigore di cronaca, in maniera del tutto oggettiva), un travaglio estenuante che lo spettatore è costretto a vivere insieme al protagonista. Il corpo di Stefano, e quella pelle livida che giorno dopo giorno si trasforma, cambia colore, viene sbattuto da una cella all'altra.
La tensione cresce, con fare vorticoso inizia a toccare ogni cosa, e poi la smantella, sradica le coscienze, scompensa gli sguardi e i cuori di chi sta lì, inerme, composto e al tempo stesso smembrato, davanti allo schermo che ti seduce e ti condanna.
Le pareti delle celle, di tutti gli istituti penitenziari che Stefano ha "abitato" prima di morire, riflettono la poca vita rimasta al protagonista.
La bravura sconfinata di Alessandro Borghi è racchiusa in un corpo smagrito e destinato a finire, nel tono di una voce sottile, nel peccato di un giovane che ha fatto tanti errori e vorrebbe redimersi. Ci prova, nell'atto di una preghiera, che non è tanto fede quanto "speranza". Nell'abbraccio di un padre, nella voce che attraversa la cella e diventa compagna, confidente, una presenza comprimaria che potrebbe non esistere, eppure c'è, perché parla, si sente ma non si vede.
La prova fisica di Borghi, che ricorda molto l'uomo senza sonno di Christian Bale, è l'elemento che rompe lo schermo, la mano che affonda la lama. La tensione parte dai suoi occhi, da quel corpo adagiato su un letto rigido, dai respiri che cambiano e si spezzano e graffiano le pareti buie.
E ci spezziamo anche noi, insieme a quella schiena livida. Chiediamo perdono e cerchiamo un po' di pace, nelle mani grandi di un padre (notevole e commovente la compostezza e la drammaticità di Max Tortora nei panni del padre di Stefano), nell'amore severo di una sorella maggiore, negli occhi smarriti di una madre.
Sulla mia pelle è un film che annienta la critica, perché non c'entrano gli applausi e le stellette sulle riviste cinematografiche, non c'entra il gusto e nemmeno il giudizio.
Questa storia, che è brutta, e che fa male, è solo un motivo in più per riflettere, per guardare i propri figli negli occhi e dire loro: "Non fate cazzate, non fate cazzate vi prego!"
Alla fine la bomba è esplosa. Mio figlio Luca, dieci anni, durante i titoli di coda mi ha visto piangere. Si è avvicinato come il cavaliere al cospetto della principessa.
el giorno del rilascio del film "Sulla mia pelle", i commenti di chi l'ha guardato possono essere riassunti in due soli aggettivi: devastante e sublime. "Devastante" per una pellicola che colpisce con violenza, limitandosi a raccontare i fatti. "Sublime" per l'interpretazione di Alessandro Borghi, che ha vestito i panni di Stefano Cucchi con una credibilità tale da far dimenticare di trovarsi di fronte a un film e non a un documentario.
RispondiEliminaIl 12 settembre, il lungometraggio di Alessandro Cremonini è stato rilasciato in contemporanea sulla piattaforma streaming Netflix e nei cinema italiani. In tantissimi, dopo la visione, hanno sentito l'esigenza di commentare pubblicamente quanto appena visto, di condividere sui social un sentito applauso a un'opera che, scrivono in tanti, "deve esser vista".
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/13/il-film-su-cucchi-conquista-tutti-devastante-asfissia-senza-ricatto-borghi-sublime_a_23525780/
Ciao Valentina, la gente deve sapere che sul ragazzo è stata compiuta una barbarie.
Anche io spero di vederlo presto perché seguo da tanti anni questa storia infame
RispondiEliminaCondivido tutto, anche se per una volta ho voluto vedere il film per quello che è, un film appunto, trovando non pochi difetti nel come il caso è stato ricostruito, tenendo a freno molto, scivolando nella retorica qua e là.
RispondiEliminaCome scrive più sopra Gus, però, è un film che deve essere visto, fosse solo per la prova di Borghi.
Anche tu sei ritornata a bloggare, bene.
RispondiEliminaIl film l'ho visto proprio ieri sera con mia moglie. Crudo, senza fronzoli, bellissimo.
Ciao Gus, sono d'accordo con te su tutta la linea. Alessandro Borghi ha un carisma sorprendente nel calarsi in ruoli così complicati. Il suo viso è pasta malleabile, tipico dei grandi attori.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Ciao Andrea, in realtà io non avevo seguito a fondo la vicenda. Certo ne ero a conoscenza, inevitabilmente.
RispondiEliminaSpero tu possa vederlo presto allora, poi se ti fa piacere dimmi cosa ne pensi. Ti aspetto! =)
Ciao Lisa, anche io ho cercato di vederlo come un film, nonostante tutta la fatica, non lo nego.
RispondiEliminaAl contrario io ho apprezzato la scelta del regista di rimanere piuttosto oggettivo, neutrale. La sequenza della porta chiusa durante il pestaggio è stata una grande scelta cinematografica, a mio parere.
Ciao Massi, visto? Ogni tanto ci riprovo.
RispondiEliminaAnche tu, vedo. Bene, ti passo a trovare allora.
Un abbraccio.
Film davvero duro e doloroso. Quella pelle potrebbe essere la mia, la tua, quella che uno stato dovrebbe difendere, al di là degli errori personali.
RispondiEliminaAssolutamente d'accordo con te. Questo film annienta la critica, perchè il messaggio che porta fa parte della sua forma, è parte integrante del film. Non è possibile scindere il fattore emotivo da quello stilistico, perchè in questi casi la cifra emotiva è una caretteristica essenziale della pellicola. Che è bellissima.
RispondiEliminaCiao Jack, è assolutamente così. Trovo infatti il titolo molto preciso nel voler evocare questa sensazione che esprimi anche tu.
RispondiEliminaTanta sofferenza che si sente addosso, dall'inizio alla fine.
Ciao Sauro, è stata la prima cosa a cui ho pensato.
RispondiEliminaA cosa serve la critica?
A nulla, purtroppo.
Certi film esulano il compito del critico, meritano riflessione. E basta.
Un abbraccio.
Valentina splendida.
RispondiEliminaCiao.
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