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La mossa del pinguino

 
 
Il cinema italiano ultimamente sta regalando piacevoli sorprese. Almeno, per chi scrive su queste pagine, di esempi felici a confermare quanto appena detto, ce ne sono.
A partire dal giovane Edoardo Leo, di cui ho sempre parlato con lo stesso entusiasmo (vedi Buongiorno papà e l'ultimo Noi e la Giulia), fino ad arrivare al nome di colui che non è più un Cesarone da fiction all'italiana.
Fiction con poche pretese, se non quella di intrattenere la famiglia tipo, quattro risate con tanto di intoppi propri della routine domestica.
 
Dal piccolo schermo e dalla famiglia allargata, Claudio Amendola debutta e compie un passo decisivo. La regia di una commedia piuttosto amara, disegnata su un foglio ruvido che emana ironia, coraggio e speranza in tempo di crisi.
 
La crisi di un paese intero, e di uomini semplici. Sognatori ostinati, magari un po' scemi, ma di sicuro necessari. Perché se dobbiamo mantenere quel tanto di sale in zucca che sappia farci evitare pesantissime "sòle", allora è altrettanto necessario continuare a sperare.
La mossa del pinguino è un dramma sportivo vestito da commedia. E Bruno/Edoardo Leo, colui che ha avuto la brillante idea di partecipare alle Olimpiadi di Torino, sfidando i ghiacci del Curling, ne è l'emblema. 
L'armata Brancaleone dei ghiacci racchiude in sé il bisogno di riscatto di un paese, a suon di scivoloni e gambe all'aria. Una squadra impensabile alle prese con una disciplina che è tutto fuorché per principianti. Pentole a pressione tirate lungo il corridoio di un appartamento modesto, sono l'immagine riflessa dell'uomo più umile, scapestrato e un po' guascone.
 
Riflette l'immagine di un ex vigile, campione di bocce e poco socievole. Così come quella di un fenomeno da stecca, mai pronto a manifestarsi per ciò che è realmente. Mai banali, mai macchiette, i personaggi diretti da Amendola incarnano con equilibrio e gradevolezza, il ruolo della solitudine cui è condannato un sognatore. E tra la vasta gamma dei mali dell'anima, spicca la figura impacciata e sincera di Salvatore/Ricky Memphis.
A rendere tutto più drammatico e aspro, è la parte affidata al grandissimo Sergio Fiorentini, scomparso nel 2014. Di lui ricordo le sue parti in molte fiction italiane, ma soprattutto l'indimenticabile voce - Gene Hackman, Tony Burton, Mel Brooks.
 
 


La mossa del pinguino ha il pregio di essere una commedia che non fa "ridere e basta". Fa guardarsi allo specchio, tira fuori la riconoscenza e la consapevolezza. Gioco di squadra, obiettivi da raggiungere nonostante l'impossibilità di farcela è costantemente alle calcagna.
Capire che è difficile, impensabile, come un vecchio che aspetta che qualcosa abbocchi. Senza una canna vera, senza amo, né acqua dolce o salata.
Capirlo e continuare, restando lì.
Anche perché, com'è che si dice, alla fine qualcosa accade.
 

Commenti

  1. l'ho visto su sky un paio di settimane fa, e non mi ha impressionata positivamente, come ha fatto con te.
    è una storia abbastanza prevedibile, e macchiata di sentimentalismo, il cui finale appare come la tragicommedia amara e sorridente che rivela realismo...

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  2. Me ne avevano parlato abbastanza bene, purtroppo non l'ho ancora recuperato

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  3. Patalice io invece non ho avvertito del sentimentalismo, piuttosto un ritratto dolceamaro. Ma vero, non paraculo insomma. ;-)

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  4. Marco, secondo me merita la tua visione. =)

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