mercoledì 11 gennaio 2017

La felicità è un sistema complesso



Dopo Non pensarci, Gianni Zanasi torna a dirigere Valerio Mastandrea in una commedia che si conferma essere ancora una volta intima e toccante.
La felicità è un sistema complesso è un viaggio drammatico che obbliga l'uomo a capire se stesso, attraverso la memoria affettiva e le responsabilità del mondo adulto.
Enrico, il cui volto impeccabile di Mastandrea si fa carico di ogni metafora del film, è un uomo che si sforza di credere in ciò che fa. Impresa di cui siamo spesso protagonisti, anche inconsapevolmente.

Il suo lavoro consiste nel monetizzare le disgrazie e i fallimenti degli altri, ma per Enrico è solo un bel modo di raccogliere un poveraccio da terra, e dargli un'altra possibilità. Almeno così è, finché nella sua vita così abitudinaria non irrompono delle presenze nuove, inaspettate.
Una ragazza israeliana e due ragazzini rimasti orfani di madre e padre, costretti a mandare avanti la gigantesca azienda di famiglia. 
Nonostante il mondo di Enrico, quello dell'imprenditoria e degli affari, porti l'uomo a diventare un animale cinico, di lui si potrebbe quasi parlare come dell'eccezione che (non) conferma affatto la regola.

Essere umano troppo umano, che si mette in discussione al solo sguardo della ragazza straniera piombatagli in casa. Un grande che ascolta i giovani, che prova disagio e cade nel buio dinanzi a un uomo che si fa di eroina. Che non lo comprende, che poi capisce davvero in che mondo tossico e spietato sia capitato.

La felicità è un sistema complesso mescola la vita e la morte, sfruttando ogni asse temporale che porti poi l'uomo ad interrogarsi. Su dove arrivino le responsabilità, su come sia complicato gestire ciò che lasciano, o prima o poi, un padre e una madre.
E l'aspetto più poetico, quindi autentico, del film di Zanasi, è racchiuso in questo senso di appartenenza dell'uomo alla propria vita, al proprio mondo.
Che somiglia, talvolta, a un dolce fantastico, a una torta di noi.



9 commenti:

  1. Ciao Massi. Sì, lo credo anch'io. Tanto autentico poi, che a volte mi ci perdevo.

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  2. Un film che ho decisamente adorato.
    Ormai Valerio Mastandrea non sbaglia più un film e negli ultimi mesi è diventato una garanzia di qualità di come pochi altri, in Italia e non solo.

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  3. Ciao Marco, bello rivederti qui! =)
    Sì è così, Mastandrea è una maschera che si presta a tanti ruoli. Il suo viso è incredibile, drammatico, ironico. Ti dice tutto con gli occhi, se vuole. E questo film diventa tanto intimo e toccante anche grazie a lui.

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  4. Gianni Zanasi riconsidera le tematiche affrontate dal suo film precedente, Non pensarci. Il sociale che rende l'uomo più umano.
    Io non amo molto i film italiani. Non vedo tanta professionalità.
    Ciao Valentina.

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    1. Ciao Gus, io invece amo molto il cinema italiano, sarà perché mi sembra autentico e mi fa guardare meglio me stessa.
      Un saluto e a presto, Vale. =)

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  5. Film anche da me particolarmente adorato. Ha uno stile molto molto strano che però mi ha catturato sin dalla prima inquadratura. Ma la scena finale con "Victim" dei Win Win è un vero e proprio capolavoro!

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    1. Ciao Alfonso, sono d'accordo con te. Anche sul finale. =)

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