C’era una volta un bambino, cresciuto nella contea di Los
Angeles, nel Burbank. Un bambino come tanti, o come nessuno, che amava passare
le sue giornate in soffitta a disegnare, i pomeriggi al cinema ad ammirare le
rinascite di scheletri e giganti di pietra, grazie a quella che diverrà, poi,
la sua “peculiarità” (la stop-motion).
Allora era il leggendario Ray Harryhausen ad illuminare il
ragazzino, il piccolo spettatore innamorato del cinema fantastico, con l’ irrefrenabile bisogno di far capire al
mondo intero che, i mostri viventi negli incubi dei bambini, sono molto diversi
da quelli che, la gente è solita immaginare…
Negli ultimi anni, uno dei
registi più visionari che il cinema conosca, si ritrova ad affrontare lamentele
e risentite delusioni di tutti quelli che, io detesto e amo chiamare, ex burtoniani.
Basta un passo o falso (Alice in Wonderland) o due (La fabbrica di
cioccolato? Dark Shadows? Non è
ancora chiaro in effetti) e si sa, nella giungla delle attese e dei giudizi
frettolosi, si fa presto a finire nel pentolone dei “caduti”. “Dove sono le
idee?”, “Burton è morto”, “è uno schiavetto della Disney finito”, “andato”.
Quante ne ho sentite e tuttora ne sento dire? Beh, davvero molte. Tanto che
oggi, la mia doverosa e più che mai sentita premessa, (per voi e per tutti) è questa: che
scenda pure un Mereghetti in terra tra noi comuni mortali. Qui, non esiste questione:
Frankenweenie è Burton, con tutta l'anima e lo stile che ogni umano o disumano
spettatore si aspetti.
C’era una volta un bambino di nome Victor, che amava girare filmini in casa
e trascorrere la maggior parte del suo tempo, insieme al suo fedele compagno a
quattro zampe, Sparky. Quando un
incidente però, porterà via a Victor il suo migliore amico, il dolore e il
bisogno di vedere ancora quella piccola coda scodinzolare, spingeranno il
ragazzo a sfidare le leggi della scienza. La stessa che, insegnerà sia a Victor
che agli altri ragazzini del quartiere, come l’esito di un esperimento possa
variare a seconda delle intenzioni dello scienziato.
Le intenzioni di Victor sono fin
troppo evidenti, il dolore per la perdita di qualcuno che si ama, visto andare
via, così, all’improvviso. L’amore verso il proprio cane, questo può bastare alla scienza. Così insegna il professor Rzykruski, una figura
illuminante e significativa, anche e soprattutto in chiave interpretativa. L’accento
dell’uomo delll’Est e un modo così efficace di spiegare le cose ai ragazzi, da
mandare in tilt i genitori, spaventati perché i figli ultimamente, non fanno
che “porre domande”. Un altro diverso, un incompreso, un uomo giudicato dalla
società della piccola New Holland solo perché incentivava i suoi alunni a
mettersi in gioco. E nulla vieta (anzi), di rivedere in questa figura, il
grande Vincent (Price). Della cura dei personaggi potremmo parlare per ore, la
semplicità e l’amore che esplode, come immediata conseguenza della prima,
rendono Frankenweenie un trionfo della poetica burtoniana.
Burton a distanza di più di vent’anni,
sembra non essersi mai distaccato da questo, che fu nel 1984, solamente un
corto di circa trenta minuti. Ristrettezze di budget, di tempo, fatto sta che
quello che Burton avrebbe voluto come il suo primo lungometraggio, venne
troncato. Ecco perché oggi, anche il critico più pignolo, risulterebbe davvero
poco credibile nel sostenere che Burton “torni indietro”, perché a corto di
idee. E credetemi sulla parola, quando vi dico che saranno sufficienti i primi
dieci minuti del film, per accertarvene. Basteranno le note di un grandioso Danny Elfman e di una macchina da presa che ci porta dentro una piccola abitazione
realizzata a mano, con una nostalgica eco di quella che fu (in maniera molto
simile)già vista in Beetlejuice - Spiritello
porcello. Una cittadina all’apparenza
normale che racchiude in sé personaggi davvero insoliti e grotteschi. Ne
prenderò come esempio solamente alcuni, come il serioso e cupo Nassor, una sorta di piccolo Boris
Karloff. Oppure Stranella, indimenticabili
i sogni premonitori del suo Signor
Baffino. Elsa Van Helsing, con la
voce di Winona Ryder, la ragazzina introversa, nipote del burbero
sindaco e padroncina della dolce Persefone.
Il tutto ovviamente, con un ribaltamento che è tipico del regista, quello che (giusto
per intenderci) fa esclamare all’insopportabile sindaco: «prendiamo il mostro!» - con il dito puntato contro il piccolo
Sparky.
Avrei un milione di cose da dire,
dal fascino intenso di un bianco e nero che riporta al passato, forse proprio
nel periodo in cui Tim immaginò il suo Frankenweenie. Un 3D godibile, modesto,
che bene si sposa alla funzionalità narrativa. La semplicità e la “vitalità” di
più di 200 pupazzi fatti a mano, il gioco di ombre e luci che richiamano l’espressionismo
tedesco e il cinema di quegli anni. Una macchina che segue passo passo questi
piccoli esseri senza vita, immobili. E la mano di un bambino ormai adulto che
li accompagna, dando loro la vita e una enorme possibilità: quella di fare del
suo cinema (riuscendoci), un “big bang” di immagini ed emozioni.
Amo follemente Tim Burton, ma ancora di più Danny Elfmann che è una meraviglia. Arriverà il momento in cui anche io vedrò sto film, mannaggia!:)
RispondiEliminaTi capisco Mari, l'attesa è snervante in questi casi. Bello sapere che ami anche tu Burton. Sono curiosa di sapere la tua poi, non appena riuscirai a vederlo.Che dirti, ero entrata in sala che mi aspettavo molto, e mi ha dato TUTTO!!! ^_^
Eliminafinalmente. il vero burton is back. questa volta per davvero!
RispondiEliminaMa davvero davvero davvero!!! =) Cannibal lo hai visto? Se no, attendo curiosa la tua recensione. In caso contrario, vado a leggere. Meraviglioso, tutto ciò che di Bello e di Burton possa esistere.
RispondiEliminasì l'ho visto.
Eliminaper ora posso solo dire che mi è piaciuto. la mia rece è pronta, ma la posterò solo tra qualche giorno dopo l'uscita italiana... ;)
tim burton come non lo si vedeva da un po' insomma... stato di grazia cartoonesco, bene bene!
RispondiEliminaBeh si Patalice. Diciamo che qui, anche i più scettici hanno avuto la sensazione di esser stati catapultati agli albori. Quando a Burton bastava un'idea, qualche pupazzo e il gioco poi era fatto, veniva da sé.=)
Eliminama è già uscito? Ad ogni modo non vedo l'ora di vederlo, lo aspetto da tanto! Amo Tim Burton nel bene e nel male e Frankenweenie sembra essere la quintaessenza della classica poetica burtoniana old style e leggendo il tuo post sono ancora più convinta che mi piacerà :D
RispondiEliminaSono quasi certa che ti piacerà almeno quanto è piaciuto a me...fammi sapere poi. :-)
EliminaNon è ancora uscito. Esce il 17 gennaio anche se...
RispondiEliminaNon me lo perderò sicuramente... Tim Burton, nel bene o nel male, è sempre un grande!
(((CINEMAeVIAGGI)))
Mi è davvero piaciuto, anche se non ho gridato al miracolo. Burton è ritornato, ma si 'affasalla' sempre sugli stessi temi, cosa che a lunga andare mi ha fatto stufare.
RispondiEliminaBel film, ma le vette di "La sposa cadavere" per me son ben lontane
Io nemmeno ho gridato al miracolo. Per il semplice fatto che non trovavo necessario farlo, non avrei avuto motivo valido :) Però ho goduto dell'essenza poetica di un regista che amo e che, ultimamente, troppo spesso, viene accusato di morte artistica. Trovo che Frankenweenie sia di gran lunga più significativo per la filmografia di Burton.
Eliminabellissimo, è davvero Tim Burton nella sua essenza inconfondibile!
RispondiEliminaAssolutamente d'accordo con te Margherita...:)
EliminaConcordo con la tua recensione, mi è piaciuto e l'ho trovato inteso, anche io l'ho recentemente recensito sul blog. Stato di grazia dell'human centipede Burton-Elfman, anche se ho trovato la prima parte intensa ma lenta,... (Marco Goi non intervenire :P)
RispondiEliminaMi fa piacere Jenny che la pensi come me su questo film che, come avrai potuto intuire, mi sta molto a cuore. Il loro sodalizio è immenso...
RispondiEliminafitflop
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