Passa ai contenuti principali

I sogni segreti di Walter Mitty



Si è parlato di Forrest Gump, di un uomo "strano" che si incanta a fantasticare sulla propria vita. Di un viaggio alla ricerca di sé stessi, dell'incapacità di prendere iniziativa e buttarsi nell'avventura. Di quanto sia importante il contatto con la natura, con quanto il mondo ci metta a disposizione, di tangibile, respirabile. Ben Stiller in questa sua quinta prova da regista, si adopera realizzando il remake di quel Sogni proibiti del 1974, diretto da Norman Z. McLeod. Lì avevamo nel ruolo di Walter Mitty, l'attore Danny Kaye.

Venne fatto il nome di Jim Carrey, poi quello di Owen Wilson e Sacha Baron Cohen per il ruolo da protagonista, un'avventura legata alla produzione di questo film, piena di colpi di scena e ripensamenti vari. Alla fine, nell'aprile 2011, viene fatto il nome di Ben Stiller, che lo avrebbe visto nel doppio ruolo di attore e regista. 

V-J Day in Times Square, la foto di Alfred Eisenstaedt, pubblicata su Life nel 1945
Avrei voluto scrivere una recensione di quelle che lasciano il segno, proprio come il film in questione. Causa impegni di lavoro però, mi ritrovo a proporvi quello che è stato il mio commento a caldo, non appena tornata a casa, dopo aver visto il film. La sola cosa che vorrei aggiungere a quelle righe: I sogni segreti di Walter Mitty è, secondo me, soprattutto, un inno all'immagine. Un grido che cerca con tutte le forze di arrivare ovunque per dire che, nonostante i passi della tecnologia, esiste qualcosa capace ancora oggi, di sorprendere gli occhi e il cuore di chi guarda. Parliamo della grandezza comunicativa di una fotografia, che sia a colori o in bianco e nero. E la storia queste cose le sa bene, il fotogiornalismo è un potenziale di cui oggi non godiamo quasi più. O meglio, esiste, ma se ne abusa e sembra che tutti ne possano fare Arte. Non è così. La fotografia ha lasciato il segno e ha immortalato negli anni pezzi di epoche, di vita e di tutte quelle imprese che hanno cambiato il mondo. Significativo in questo senso il personaggio interpretato da Sean Penn, così come è altrettanto significativo il suo insegnamento e il suo contributo, alla vita di Walter e allo spettatore. La storia di Life ci insegna che a volte le cose per comprenderle davvero, bisogna averle vissute. Con il corpo, con gli occhi. Ci insegna poi che dietro quelle grandi imprese giornalistiche che hanno fatto la storia, si nasconde un numero significativo di uomini e donne che hanno dedicato tutto, pur di sorprendere gli occhi di un'Intera nazione e del mondo intero. Nel finale del film io ho pensato a tutti quei talenti che oggi si prestano a scrivere, accettando di scomparire poi dietro il nome di chissà quale mente fasulla o incapace di comunicare. Penso che sia ingiusto e triste, perché il talento che abbiamo deve essere condiviso ma mai buttato via. Perché si corre il rischio di rimanere gatti invisibili persi tra le montagne; scrittori invisibili lasciati ammuffire nell'anonimato. Aspettando e sperando che, un giorno, qualche buona anima non sappia fermarsi un attimo, e riconoscerci quel briciolo di Gloria che porti il nostro nome, il nostro volto...



Questo il mio commento a caldo.
"Sto elaborando il tutto, perché è corposo. Sono quei film che a pelle fai fatica a spiegare, almeno a me capita così. Credo non c'entri nulla con Forrest Gump, questo ci tengo a dirlo. Perché Walter è una persona normale, anzi lo è fin troppo. Chi non si incanta e sogna avventure sensazionali? Chi non vorrebbe aggiustare le proprie giornate e chi non si è mai trovato a baciare la propria mamma in silenzio, ma con gli occhi gonfi di gratitudine? Beh, credo un po' tutti noi esseri umani. Le immagini hanno una potenza enorme, così come le scelte musicali STRAORDINARIE!!! Uscivo dalla sala e canticchiavo Space Oddity quel capolavoro di canzone! La lacrima ha cercato di scendere più volte, ma non ha resistito con quella ultima prima pagina...Ben Stiller ci ha detto tante cose, forse la prima e più importante: spegnete i computer e andate fuori, all'aria aperta. La ricerca dei contatti umani, dell'avvicinarsi l'uno all'altro e andare oltre i muri. Uno slogan, una filosofia di vita". 
Tanta roba insomma.




Commenti

  1. Un film meraviglioso. Mi ha talmente emozionato che ancora non sono riuscito a trovare le parole giuste per farci una recensione. Ben Stiller si conferma come uno degli autori più imprevedibili. Fotografia splendida, ambientazioni da favola, colonna sonora e scelta delle canzoni uniche, gli effetti speciali notevoli e perfetti, raramente se ne vedono in una commedia di così eccezionali. Walter Mitty ama una ragazza semplice e che conosce appena, fa un lavoro "nascosto" ma di un'importanza decisiva per un magazine, e sogna ad occhi aperti una vita che gli piacerebbe avere. Walter Mitty siamo tutti noi.

    RispondiElimina
  2. Sono d'accordo.. un film bellissimo da vedere AL CINEMA.. per apprezzarne la fotografia ancora di più. Noi nel blog abbiamo dato la ricetta della torta clementina, altra grande protagonista del film.. se ti vuoi cimentare!! :-) http://www.nonsolopizzaecinema.com/2014/01/la-clementina-di-walter-mitty.html

    RispondiElimina
  3. Vero Peppe, siamo tutti noi e Ben Stiller ha dimostrato di saper fare di più di una Magnum! =D

    RispondiElimina
  4. Condivido tutto, un film bellissimo con un messaggio altrettanto bello, una colonna sonora spettacolare e una fotografia che la fa da padrone... da vedere.

    RispondiElimina
  5. Ma che splendore @Audrey vengo subito a dare un'occhiata. La devo fare!!! ^_^

    RispondiElimina
  6. @Strawberry Da vedere sì!!! Bello sapere che si è apprezzato un po' all'unisono, questa parte del film che punta molto sulla potenza delle immagini. E' che spesso ce ne dimentichiamo...=)

    RispondiElimina
  7. a me è sembrato il classico film democristiano, fatto apposta per piacere a tutti, come matteo renzi.
    quasi inutile aggiungere che a me ha fatto pena :)

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Quel mostro di me

Certi giorni mi vanno stretti, ci sto dentro a metà. Altri mi sembrano grandi come l'oceano. Sguazzo, mi perdo, sto serena. Scrivere Madrepàtria - Racconti dell'umana sorte ha significato molto per me.  Fin dal principio ho capito che quello, era il mio modo di esorcizzare i mostri più radicati nell'anima. Forse scrivere è davvero un atto terapeutico ancor prima che creativo. Ma certi mostri non li puoi cacciare via definitivamente, devi imparare a conviverci.  Questi racconti hanno avuto la forza di tenerli lontano da me, quei mostri, almeno per un po'. Di guardarli con scherno, prima da dentro e poi a distanza di sicurezza. Ma quali sono davvero questi mostri? Cos'è che sto allontanando? Ho paura che si tratti di me.  Di un ruolo sbagliato (così dicono), che ho rincorso a fatica, che poi ho cambiato, che poi ho abbandonato. Mi adatto continuamente, e continuamente non mi ritrovo. Scrivo, metto da parte, allontano i mostri, allont...

Dylan Dog, il film. Ogni cinefilo ha il suo incubo.

Licantropi e vampiri , direi che ne abbiamo fin sopra ai capelli di queste trovate alla Meyer , almeno nel mio caso, il primo pensiero finisce inesorabilmente lì. Non so quanto e come poi, questo abbia influenzato il mio giudizio. Solamente posso dire che, quando decisi di vedere Dylan Dog, il film , non immaginavo (al di là delle comuni perplessità) che avrei avuto a che fare con quello che, a tutt'oggi, io considero: il peggior film della mia vita!!! Abbandoniamo il rimando al film di Giovannesi , che qui a confronto è una boccata d'ossigeno per ogni cinefilo, e torniamo al film di Kevin Munroe . Il regista canadese aveva esordito nel 2007 con TMNT  (Teenage Mutant Ninja Turtles), dopo aver scritto e coprodotto nel 2001, un altro film d'animazione del regista Tony Shutterheim , Donner . Non è chiaro, tuttavia, quale malsano meccanismo sia scattato nella mente di Munroe quando, nel 2010, decise di portare sullo schermo la storia di un personaggio tanto popola...

Joker, La verità è che ci finiamo tutti.

Credo che il cinema a volte diventi davvero uno stato d'animo che non puoi descrivere.  Come la musica un rumore che non sai cos'è, né da dove provenga, eppure lo ascolti, ti piace, perché ti seduce e ti uccide, e ti salva. Il Joker di Joaquin Phoenix è esattamente questo, una lacrima che scende insieme al trucco, davanti allo specchio. Una risata disperata, che copre il dolore, il male di vivere. La paura di essere derisi, umiliati, e da lì l'esigenza di costruire una grande  menzogna, dove rifugiarsi, accettarsi oppure non farlo mai. Chi lo sa se poi è una scelta, oppure è solo una malattia. "Come ci si finisce qui?" Ci finiscono gli svitati, chi non sa cosa vuole, chi non sa se essere felici o tristi. La verità è che ci finiamo tutti. Perché nessuno sa cosa vuole realmente, e chi lo sa, è destinato ad assaporare il fallimento. Joker è solo l'ennesima vittima del gioco dei ruoli che è la vita. La follia il prezzo da p...