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Curriculum Vitae

 
 
 
 
I datori di lavoro in Italia, si dimostrano da subito interessati al tuo curriculum.
Eccerto. Come potrebbe essere altrimenti?
"Caspita! Questa tizia si è data da fare, addirittura una laurea in Lettere".
 
I datori di lavoro in Italia, si affrettano a sbirciare quella data e cominciano a muovere le dita contando gli anni. Le muovono e ci giocano, si toccano il mento, fanno finta di pensare e poi...
 
Valentina Orsini, nata a Roma il 10/08/1985.
----FEMMINA----.
Mmm, 85 + 20 e arriviamo al 2005. Aggiungi 10 e quant'è che fa?
TRENTA.
 
Be' inizia ad essere vecchiotta.
Sì ok, sarà pure qualificata ma...con quella laurea magari ha pretese troppo alte e l'azienda non può permettersela...
 
Ci ragionano, ci provano poverini, fanno del loro meglio.
E poi dì pure che ti chiamano.
Cioè chiamano te, la vecchiotta laureata con strane e ipotetiche "alte" pretese.
Ti chiamano, e la telefonata di lavoro tipo è più o meno così:
 
"Bene bene. Valentina guarda tu sei molto qualificata. Sembri una tipa in gamba. Hai la patente, non hai problemi a spostarti, a fare turni o a lavorare nel week end e nei festivi?
- Assolutamente. Sono automunita e disponibile a lavorare anche nei week end.
Bene...eeeeeh, dimmi, hai altri impegni in questo momento? Studi, ti devi laureare?
- Be' in realtà sono già laureata (quale cazzo di curriculum hai letto???), quindi no. Niente impegni se non...be' ecco, sono una mamma quindi diciamo i figli".
 
Ogni volta che dico "figli" il mondo attorno a me si blocca. Resta interdetto. Mi guarda schifato, stupito, incredulo.
"Ah...(pausa)...quindi tu hai figli?".
"Sì, due".
"Eeeeeh, come faresti con due figli...a lavorare?".
Io non rispondo.
E lui va avanti.
"Maaaaa...sei sposata?".
(Cosa cazzo ti frega - a te - se sono sposata?).
 
La telefonata tipo a quel punto può dirsi conclusa.
Il mio umore fottuto e la mia speranza morta ammazzata.
Fine.
 
Che poi io sono una tipa che pensa. Pensa e ripensa e poi ripensa e poi pensa e così via, a oltranza.
C'è poco da pensare.
In questo periodo di sconforto totale è davvero dura trovare una soluzione. Dopo essermi trovata di nuovo senza lavoro, e dopo tante promesse di contratto e dopo tanta delusione, mi sono rimessa in gioco. Ho rivisto il mio curriculum, l'ho aggiornato.
Il paradosso sulla mia formazione, l'apice della depressione e il volto di un paese morto.
"Oddio...che faccio? La lascio la laurea o la tolgo?".
No...non è normale. Non è così che dovrebbe essere.
 
Eppure capita.
Le mie competenze dove vanno a finire?
Questi lavori del cazzo che ho fatto, dove mi porteranno?
 
Sono domande destinate a rimanere aperte, irrisolte, sole.
E magari sarà così sempre, oppure no.
Io intanto sopravvivo, in qualche assurdo modo.
Sogno di partire, abbandonare per sempre l'Italia, ma non è semplice.
 
Ho riaperto il pc dopo tanto tempo. Sto scrivendo.
Sto finendo il mio racconto, sto pensando già a cosa dire agli editori.
Spero almeno loro non contino le dita come gli imprenditori o i direttori dei supermercati.
Spero mi salvi ciò che realmente sono, ciò che realmente valgo.
Nel bene e nel male.
 
Nel frattempo mi sforzo di trovare un po' d'ispirazione, il finale migliore.
Quella storia dipende da me, questa no.
Guardo ancora una volta il mio curriculum, come stessi guardando l'ultimo capitolo della storia di Anna.
Vorrei cambiarlo, inventare un sacco di cose. Ma non posso.
Sono una donna, ho trent'anni.
Sono laureata.
Sono madre.
Ho due figli e due cani.
Ho l'utero.
 
Merda, ho l'utero!!!
 

Commenti

  1. ...pensa che io, quando recentemente sono andata a fare un colloquio, ed ho detto di non avere figli a trent'anni, mi hanno guardato con certi occhi, che avevano impresso addosso una scritta palese: NON OTTERRAI MAI IL POSTO

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  2. Dunque il problema rimane sempre quello.
    ABBIAMO l'UTERO!!! ;-)

    RispondiElimina
  3. E' sempre stato così, ahimé. Io ho trovato lavoro di culo (posso davvero dirlo), arrivando al momento giusto. Di culo, però, non significa che ho trovato un lavoro che mi ha permesso di mettere a frutto il culo che mi sono fatta per laurearmi, ovviamente, anzi. Un lavoro come il mio potrebbe farlo anche chi ha solo il diploma delle superiori.
    Però...
    Però se non hai una laurea non ti possiamo assumere. (benissimo, allora studio e mi laureo facendo qualche lavoretto saltuario)
    Però se non hai esperienza non ti possiamo assumere (accazzo. Eh ma stavo studiando. Vabbé toglierò tempo allo studio e lavorerò di più).
    Però ormai hai 30 anni (E cristo, come faccio a fare tutto per tempo??)
    E sei pure donna. Vecchia. ('nfatti)

    Riassumendo, tremo all'idea che prima o poi l'azienda dove lavoro, per quanto odi quel che faccio, chiuda i battenti e mi costringa ad andare ad elemosinare per strada e conseguentemente a non avere figli perché come belin li mantengo???

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  4. E' come muoversi con una palla al piede, la nostra generazione è segnata da questo cancro del lavoro e da cui è difficile uscirne. La cura, se mai ce ne fosse una, è abbandonare l'Italia o sperare in una botta di culo. Come dici tu. Che poi deve essere una botta di culo potente, altrimenti anche così, rischi sempre di rimanere fregata perché non si sa mai...e ti fai mille domande, e provi a capire se e dove hai sbagliato, se dipende da te. E il brutto arriva quando capisci che tu, più di quanto stai facendo, non puoi davvero fare. Io non lo so, non so più che fare. A volte penso che vorrei andarmene, cambiare vita. Ma come faccio? Non è facile. Sconforto che ti assale, e prospettive pari a zero. Questa è la nostra vita. Prendere o lasciare...

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  5. E' strano, pensi che capiti solo a te. Provi un senso di malessere che sembra solo tuo. Poi scopri che ci sono tante persone come te. Stessi sintomi, stessi problemi, stesso malessere. Quando mi sono laureata e non trovavo lavoro, io provavo vergogna. Alla domanda, che 'che cosa fai' mi sentivo sprofondare. Odiavo quando mi dicevano 'mi dispiace', o 'perché non provi lì? E io mi arrabbiavo, perché io la laurea l'ho ottenuta con sacrificando i miei anni migliori, con i sacrifici dei miei genitori. Me la sono andata a cercare: ho studiato lettere ('non puoi cercare l'acqua nel deserto' mi ha detto il mio migliore amico laureato in economia), ho fatto lavori di merda che non puoi rifiutare, perché o quello o niente. Me ne sono andata. Vivere a casa dei miei fino a 31 anni era a dir poco patetico. Figli non ne avevo (e non ne ho, è un lusso che non mi posso permettere), ho lasciato a casa solo mamma, papà (morto quando ero via un mese dopo, ma sarebbe capitato anche se fossi andata a fare la spesa), paese diverso, lingua diversa, cibo diverso e cultura diversa. Ho provato solitudine e disperazione, ma anche la gioia dell'indipendenza e di sapermela cavare da sola. Io in Italia non ci torno. Ci sono tornata, ma la cosa assurda è che mi sentivo straniera a casa mia. Così me ne sono andata di nuovo perché non c'era posto per me. Non ho lottato per il mio paese. Codarda? Sì. Sì se non ho diritto a vivere nel mio paese di origine con dignità. Qua all'estero almeno ho l'alibi di essere immigrata, sperando un giorno di vivere una vecchiaia serena. Ancora oggi ho voglia di sprofondare, ma quando penso che l'unica soluzione sia tornare a casa di mia madre, per quanto le voglia un mondo di bene, beh, preferisco vivere con difficoltà dove sto. Perché mia madre non sarà eterna. E cosa se ne fa il bel paese di una (futura) vecchia disoccupata? Già non se ne faceva niente di quella giovane. Giovane che a 35 anni non lo è già più...

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  6. Deja vu, purtroppo. Ho vissuto e vivo questa situazione da 15 anni, potrei scrivere un libro sui millemila colloqui che ho fatto, sulle millemila assurde richieste e pretese, sulle millemila volt che non sono stata richiamata dopo aver dato massima disponibilità nei fine settimana, le domeniche e qualsiasi tipo di spostamento.Sulle millemila volte che mi sono sentita dire "si vabbè lei ha fatto tutti questi lavori ma alla fin fine è come se non avesse fatto nulla", "lei ha un diploma umanistico e pretende pure di lavorare?!", "lei ha 30 anni e vorrebbe anche trovare un lavoro?!", o quando dicevo di non avere figli mi guardavano come per dire "si vabbè ma se non li hai prima o pi li avrai". in un colloquio sono arrivata a dire di non potere avere figli....pensa te! Eppure sono ancora qui a fare la maestra d'asilo precaria a 35 anni, a vivere con i miie genitori. Almeno tu hai avuto la possibilità di mettere su una famiglia tua e una casa tue...io invece non ho prospettiv di alcun tipo. il mio futuro? un buco nero. E c'è sempre chi critica, chi ti dice che è colpa tua (perchè non dovevi fare le magistrali, perchè dovevi darti più da fare, perchè probabilmente non sei stata abbastanza gentile ed educata al colloquio...).

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  7. ah, io non volgio andarmene dall'ITalia. E' il mio Paese ho diritto di vivere qui! se il lavoro lo danno agli stranieri (e spesso, credimi, è cosi) perchè non lo posso reclamare io?

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  8. Vero Ale...noi ne abbiamo parlato anche in privato, e seppur da lontano ci troviamo come se stessimo l'una accanto all'altra. Perché viviamo questa stessa identica situazione, questo status soffocante che ci rende i figli indesiderati e disadattati. Gli stranieri fuori posto ovunque andiamo. Ti capisco e ti sono ancor più vicina, per ciò che hai perso e per tutto quello che stai provando, oggi. Un abbraccio forte! <3

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  9. Siamo in tante Tiziana, a quanto pare. Be' non è che avessi qualche dubbio, purtroppo...
    Anch'io, nonostante a volte il desiderio di partire si faccia sentire ed è vero, penso che non sia giusto lasciare questo paese perché in fondo è qui che sono nata ed è qui che vorrei morire. E' qui che merito di realizzarmi, come donna, come persona. Ma è dura...molto!

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  10. Guarda, se può consolarti, anche dopo i 30 anni, anche quando senza figli, anche quando non hai mai pensato di averne... ecco, anche allora, non è che si buttino tutti ai tuoi piedi. Già, forse sei troppo vecchia. Giusto. Però dieci anni prima? Già forse avevi una laurea debole... Sì, vabbè, però se vuoi fare la commessa sei laureata e non va bene. Se provi a candidarti per un lavoro più vicino alla tua laurea, ti manca sempre qualcosa. Poi finisce che fai quello che ti capita tra le mani, perchè in qualche modo dovrai pure arrivare a fine mese. Finisce pure che sei frustrata abbestia ma non osare lamentarti. "E' già tanto che tu abbia un lavoro, con tutti questi disoccupati". Giusto. Chiedo venia.

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