Passa ai contenuti principali

Arance e martello

 
 
Di Diego Bianchi, in arte Zoro, conoscevo soprattutto la sua attività di Blogger e conduttore, avviato a quest'ultima professione tramite il web, con il programma Tolleranza Zoro.
Con questo stesso format, il giornalista e attore romano, arriva in tv nel programma di Serena Dandini, Parla con me. Un fatto mai avvenuto prima, almeno in Italia. Prosegue il suo percorso al fianco della Dandini fino ad arrivare a un programma tutto suo, Gazebo.
 
Mi piace sottolineare i percorsi, mi piace la gente che so da dove viene.
 
Perché questa premessa?
Perché dopo aver visto Arance e martello, film esordio di Bianchi, torno a non capire alcune dinamiche, alcuni giudizi.
Non capisco ad esempio, le ragioni per cui, un regista romano che racconta uno spaccato del proprio quartiere, sia costretto a subire per l'ennesima volta, la colpa dell'esser romano. La colpa di narrare una realtà troppo poco identificabile, perché romana. Come se la romanità precludesse, a prescindere da dove la si guardi, un fattore stonante e distorto, che non può essere capito, che non arriva e, di conseguenza, non piace.
 
Ma parliamo del film, che dovrebbe più o meno essere, la ragione regina di ogni sensata discussione. Critica e non.
L'idea di Bianchi è quella di realizzare una sorta di documentario, che guardi con particolare attenzione alla realtà contemporanea. L'estate 2011 si ricorda per il caldo atroce e per una serie di cambiamenti politici, che non sto qui a sottolineare... era giunta l'ora di liberarci dal male. Ecco.
A San Giovanni un gruppo di "compagni" del PD, vuole darsi da fare e mischiarsi tra la gente, tra gli spazi stretti del mercato storico del quartiere. E mentre questi del partito speravano nella fatidica firma per cacciare via "il passato", un giornalista prende una telecamera e raccoglie le storie di tutti.
 
La storia del pescivendolo, e della concorrenza al femminile. Del salumiere, del fratello razzista, del venditore arrivato a Roma dal Bangladesh, quello che tifa Roma, quello che tifa Lazio e il rappresentante dei commercianti. Quello che fa il carciofaro e tiene Padre Pio sul banco, e spera e prega, e nel mentre frega gli altri e pure se stesso. La ricercatrice bona e presumibilmente mignotta, ma iscritta al Partito dal 2008.
In questa Roma caotica c'è davvero di tutto. L'asfissia dovuta alla puzza che non levi più, quella dell'indifferenza però, no del pesce che vendi da una vita. La puzza degli ideali sbagliati, di una generazione allo sbando che imita le gesta dei predecessori senza nemmeno sapere chi fossero.
 

In questa Roma c'è un pezzo della nostra storia, nostra, non mia che sono romana e vivo a Roma. Mia di tutti. Di chi va a votare e non sa nemmeno perché, di chi è stato privato del diritto e del dovere alla resistenza, e non intendo quella politica. Intendo quella che ci fa vivere, andare avanti e resistere.
 
Qualcuno ha accusato Bianchi di non essere stato in grado di dare al film, la propria riconoscibilità. Che cazzata è mai questa?
Il mio primo film e vuoi la riconoscibilità?
Be' però se ci pensi, questo termine fa un sacco radical chic. E a noi critici piace assai.
RI-CO- NO-SCI-BI-LI-Tà - non mi viene la A con l'accento, scusate.
 
Eppure, se solo guardassimo meglio, si riconoscerebbe (Riconoscibilità? No. Riconoscenza!) a questo film, una dichiarata e profonda inadeguatezza che fa di un'inettitudine il più grande pregio. Quello di guardarsi meglio e capire che non si è niente e nessuno, ma poi ti guardi intorno e vedi che nessuno lo sa, nessuno se ne accorge. La colpa di tutti è la colpa dell'individuo, di chi vota e di chi si fa votare, di un paese che dovrebbe cambiare ma non ha la forza, gli ideali.
Dove i figli di nessuno e i figli di chi ha fatto la Resistenza, sono fusi nello stesso tempo, senza potersi distinguere. Se hai gli ideali magari vivi meglio, ma nessuno se ne accorge e, parliamoci chiaro, se mi garantisci quei soldi a fine mese, io, il voto te lo do. Sai quanto me ne frega poi dell'IDEALE...
 
Perché non è così?
Lo è. E le conseguenze poi sono tragiche e comiche. Inverosimili, ma presenti in ogni dove. E la vita è la stessa per tutti. Per l'extracomunitario, per il vecchio che passa il suo tempo al bar, per i ragazzini coatti sui motorini, per il pescivendolo al mercato rionale, per il giornalista onesto e quello stronzo. Per chi è di destra o di sinistra.
Per il laziale e il romanista.
E pure per voi, che appena sentite Roma vi voltate dall'altra parte con indifferenza. Come se questa storia non riguardasse pure voi.
Vi riguarda eccome, ma fate prima a dire che certe storie sono "troppo romane", che non vi identificate, che non capite.
 
Paola Casella su mymovies.it conclude la sua illuminante recensione, così:
 
"L'altro tallone d'Achille di Arance e martello è la tendenza a parlare ad un pubblico di "iniziati", meglio se romanocentrici. È giusto radicare una storia in una realtà locale ben identificabile, meno utile fare conto su riferimenti comprensibili solo ad una cerchia ristretta. Zoro ha il suo pubblico, ma può legittimamente aspirare ad una platea più grande, se ricorda di non escluderla dai suoi orizzonti".
 
Cara Paola, ma voi 'na platea più grande de Roma?

Commenti

  1. Lo sai che, sarò scemo e non ha nulla a che fare con il tono del tuo pezzo che ho gustato di cuore, in certi passaggi mi sono commosso. Vecchi ricordi di quando credevo in qualcosa... sarà. Ti invito a leggere un mio vecchio articolo (criticissimo hehehe) inserito in un post apparentemente banale http://massimilianoriccardi.blogspot.it/2015/08/buon-ferragosto.html

    RispondiElimina
  2. Mi hai incuriosito... trovo che, soprattutto ultimamente, certe critiche cadano per lo più nel ridicolo.
    Capisco anche poco perché chi guarda un film o legge un libro non debba nemmeno azionare i neuroni e cercare di capire altre realtà, intendendo ciò che si colloca oltre i proprio piedi: mi sembra che si tenda a una forma di comunicazione artistica verso la semplificazione e accessibilità massima, a scapito del cuore e della poesia e di ciò che fa atmosfere e peculiarità delle stesse creazioni.
    Banalizzazione e semplificazioni massime.
    Forse, molto più semplicemente, c'è il rischio che Bianchi possa comunicare qualcosa e scuotere le persone. Non si sa mai :P

    RispondiElimina
  3. Non sei scemo, anzi, arrivi sempre dritto al cuore. Grazie Massimiliano, leggerò con piacere il tuo post. Un abbraccio e a presto. =)

    RispondiElimina
  4. Vero Glò, a me fanno rabbia perché sono ingiustificabili, assurde. Ancora oggi dobbiamo affrontare questo discorso, discriminare e guardare dal centro in su o dal centro in giù. Ma l'Italia unita la gente lo sa che vuol dire? Che poi al di là della storia, è ridicolo proprio l'atteggiamento della gente, soprattutto di questi critici, davvero tristi. E comunque sì, le cose vere, semplici, fanno sempre troppo male. Un abbraccio :-*

    RispondiElimina
  5. Io credo che le critiche che in molti hanno rivolto al film di Bianchi e sopratutto i ritengo che parlando di Roma alla fine parli del "Sistema Italia", di quello che non ha funzionato (perché non l'abbiamo voluto far funzionare) e dei nostri difetti e delle nostre mancanze.

    RispondiElimina
  6. Lo credo anch'io Nick, infatti siamo noi in quanto Italia, a non funzionare. ;-)

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Quel mostro di me

Certi giorni mi vanno stretti, ci sto dentro a metà. Altri mi sembrano grandi come l'oceano. Sguazzo, mi perdo, sto serena. Scrivere Madrepàtria - Racconti dell'umana sorte ha significato molto per me.  Fin dal principio ho capito che quello, era il mio modo di esorcizzare i mostri più radicati nell'anima. Forse scrivere è davvero un atto terapeutico ancor prima che creativo. Ma certi mostri non li puoi cacciare via definitivamente, devi imparare a conviverci.  Questi racconti hanno avuto la forza di tenerli lontano da me, quei mostri, almeno per un po'. Di guardarli con scherno, prima da dentro e poi a distanza di sicurezza. Ma quali sono davvero questi mostri? Cos'è che sto allontanando? Ho paura che si tratti di me.  Di un ruolo sbagliato (così dicono), che ho rincorso a fatica, che poi ho cambiato, che poi ho abbandonato. Mi adatto continuamente, e continuamente non mi ritrovo. Scrivo, metto da parte, allontano i mostri, allont...

Dylan Dog, il film. Ogni cinefilo ha il suo incubo.

Licantropi e vampiri , direi che ne abbiamo fin sopra ai capelli di queste trovate alla Meyer , almeno nel mio caso, il primo pensiero finisce inesorabilmente lì. Non so quanto e come poi, questo abbia influenzato il mio giudizio. Solamente posso dire che, quando decisi di vedere Dylan Dog, il film , non immaginavo (al di là delle comuni perplessità) che avrei avuto a che fare con quello che, a tutt'oggi, io considero: il peggior film della mia vita!!! Abbandoniamo il rimando al film di Giovannesi , che qui a confronto è una boccata d'ossigeno per ogni cinefilo, e torniamo al film di Kevin Munroe . Il regista canadese aveva esordito nel 2007 con TMNT  (Teenage Mutant Ninja Turtles), dopo aver scritto e coprodotto nel 2001, un altro film d'animazione del regista Tony Shutterheim , Donner . Non è chiaro, tuttavia, quale malsano meccanismo sia scattato nella mente di Munroe quando, nel 2010, decise di portare sullo schermo la storia di un personaggio tanto popola...

Joker, La verità è che ci finiamo tutti.

Credo che il cinema a volte diventi davvero uno stato d'animo che non puoi descrivere.  Come la musica un rumore che non sai cos'è, né da dove provenga, eppure lo ascolti, ti piace, perché ti seduce e ti uccide, e ti salva. Il Joker di Joaquin Phoenix è esattamente questo, una lacrima che scende insieme al trucco, davanti allo specchio. Una risata disperata, che copre il dolore, il male di vivere. La paura di essere derisi, umiliati, e da lì l'esigenza di costruire una grande  menzogna, dove rifugiarsi, accettarsi oppure non farlo mai. Chi lo sa se poi è una scelta, oppure è solo una malattia. "Come ci si finisce qui?" Ci finiscono gli svitati, chi non sa cosa vuole, chi non sa se essere felici o tristi. La verità è che ci finiamo tutti. Perché nessuno sa cosa vuole realmente, e chi lo sa, è destinato ad assaporare il fallimento. Joker è solo l'ennesima vittima del gioco dei ruoli che è la vita. La follia il prezzo da p...