Passa ai contenuti principali

La sedia della felicità

 
 
La sedia della felicità segna il testamento artistico del regista padovano, scomparso nel 2014.
Carlo Mazzacurati lo ricordo soprattutto per la storia di Vesna e Antonio, nel film del 1996 Vesna va veloce e L'amore ritrovato del 2004. La mia idea del cinema italiano si è via via arricchita negli ultimi anni, proprio seguendo quei recuperi necessari, affinché di quel nostro vecchio e compianto cinema, non vada a svanire del tutto il ricordo.
 
La storia di Dino e Bruno si muove in terre venete, attualizzata dai problemi sociali e d'integrazione, non per forza legata agli immigrati, anzi. I protagonisti infatti fanno fatica a stare al passo coi tempi, tatuatore lui estetista lei, alle prese con un fornitore più strozzino che amico. Il tradimento e il divorzio che sono tipicamente italiani, fanno da antefatto alla più surreale e grottesca caccia al tesoro che parte in una villa abbandonata con tanto di cinghiale e arriva fin sopra le alte montagne del Trentino. Tra le imbottiture di una sedia a forma di elefante è nascosto un tesoro, ma durante la sfiancante impresa Dino e Bruna troveranno ben più di un premio in gioielli.
 
 
Valutare con occhio critico e distaccato un film come La sedia della felicità, è assai complicato. Tuttavia, credo sia opinione di tutti quella che vede l'ultima fatica di Mazzacurati, come una commedia leggera e piacevole, dal ritmo serrato e scandito dalla corsa verso la felicità. Che non sia la ricchezza nel senso più stretto, piuttosto il coraggio di mettersi in gioco e affrontare pure la corsa più folle. La delicatezza nelle mani che tengono un termometro e si cimentano nel gioco più semplice eppure straordinario. Aspettando che la febbre scenda, guardando un bambino che non ti somiglia, ma ti è comunque a cuore. E poi la brama di denaro e ricchezza che oggi soprattutto travolge gli uomini, tutti, nessuno escluso. Il prete che corre e si tiene la veste che ha promesso a Dio, pur di agguantare il bottino, e i debiti che non riesci a saldare che ti rincorrono e ti portano via tutto.
 
Alla fine la fiaba si dissolve in un vissero felici e contenti, e il cinema italiano può dire di conservare una buona stella in più, nel cielo della commedia giocosa e delicata.

Commenti

  1. L'ho trovato molto carino, davvero piacevole :)

    RispondiElimina
  2. Io mi sono anche commosso vedendo questo film: Mazzacurati sapeva benissimo che sarebbe stato il suo ultimo lavoro, e per questo ha voluto con sè tutti i suoi amici (Albanese, Orlando, Bentivoglio, Citran...) che hanno presenziato in piccoli camei. Eppure "La sedia della felicità" assomiglia a tutto tranne che a un film-testamento: è positivo, ironico, vitale, divertentissimo, ed è bello soprattutto per quello che racconta: due persone sole, normali, incasinate, che trovano forza nelle loro difficoltà. Ci mancherà tantissimo il povero Mazzacurati... :(

    RispondiElimina
  3. Vero Marco, piacevole dal retrogusto amaro. =)

    RispondiElimina
  4. In effetti è così caro Sauro. Nonostante la leggerezza e il tocco surreale, questa fiaba risulta essere abbastanza commovente. Mancherà, sì. Nel frattempo spero di recuperare l'intera filmografia di questo gran bel regista. ;-)

    RispondiElimina
  5. Penso che lo recupererò, ne hai parlato davvero bene! *_*
    Buona domenica Valentina! ^^

    RispondiElimina
  6. Giò te lo consiglio davvero. Poi mi dici...
    un abbraccio :**

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Quel mostro di me

Certi giorni mi vanno stretti, ci sto dentro a metà. Altri mi sembrano grandi come l'oceano. Sguazzo, mi perdo, sto serena. Scrivere Madrepàtria - Racconti dell'umana sorte ha significato molto per me.  Fin dal principio ho capito che quello, era il mio modo di esorcizzare i mostri più radicati nell'anima. Forse scrivere è davvero un atto terapeutico ancor prima che creativo. Ma certi mostri non li puoi cacciare via definitivamente, devi imparare a conviverci.  Questi racconti hanno avuto la forza di tenerli lontano da me, quei mostri, almeno per un po'. Di guardarli con scherno, prima da dentro e poi a distanza di sicurezza. Ma quali sono davvero questi mostri? Cos'è che sto allontanando? Ho paura che si tratti di me.  Di un ruolo sbagliato (così dicono), che ho rincorso a fatica, che poi ho cambiato, che poi ho abbandonato. Mi adatto continuamente, e continuamente non mi ritrovo. Scrivo, metto da parte, allontano i mostri, allont...

Dylan Dog, il film. Ogni cinefilo ha il suo incubo.

Licantropi e vampiri , direi che ne abbiamo fin sopra ai capelli di queste trovate alla Meyer , almeno nel mio caso, il primo pensiero finisce inesorabilmente lì. Non so quanto e come poi, questo abbia influenzato il mio giudizio. Solamente posso dire che, quando decisi di vedere Dylan Dog, il film , non immaginavo (al di là delle comuni perplessità) che avrei avuto a che fare con quello che, a tutt'oggi, io considero: il peggior film della mia vita!!! Abbandoniamo il rimando al film di Giovannesi , che qui a confronto è una boccata d'ossigeno per ogni cinefilo, e torniamo al film di Kevin Munroe . Il regista canadese aveva esordito nel 2007 con TMNT  (Teenage Mutant Ninja Turtles), dopo aver scritto e coprodotto nel 2001, un altro film d'animazione del regista Tony Shutterheim , Donner . Non è chiaro, tuttavia, quale malsano meccanismo sia scattato nella mente di Munroe quando, nel 2010, decise di portare sullo schermo la storia di un personaggio tanto popola...

Joker, La verità è che ci finiamo tutti.

Credo che il cinema a volte diventi davvero uno stato d'animo che non puoi descrivere.  Come la musica un rumore che non sai cos'è, né da dove provenga, eppure lo ascolti, ti piace, perché ti seduce e ti uccide, e ti salva. Il Joker di Joaquin Phoenix è esattamente questo, una lacrima che scende insieme al trucco, davanti allo specchio. Una risata disperata, che copre il dolore, il male di vivere. La paura di essere derisi, umiliati, e da lì l'esigenza di costruire una grande  menzogna, dove rifugiarsi, accettarsi oppure non farlo mai. Chi lo sa se poi è una scelta, oppure è solo una malattia. "Come ci si finisce qui?" Ci finiscono gli svitati, chi non sa cosa vuole, chi non sa se essere felici o tristi. La verità è che ci finiamo tutti. Perché nessuno sa cosa vuole realmente, e chi lo sa, è destinato ad assaporare il fallimento. Joker è solo l'ennesima vittima del gioco dei ruoli che è la vita. La follia il prezzo da p...