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Gli ultimi saranno gli ultimi



Un modo di dire, una verità comune.
Il finale che non puoi proprio cambiare, perché è stato scritto apposta per te, pensato insieme alle tue fattezze di carne e di spirito.
Il giorno in cui veniamo al mondo non ci facciamo caso, neanche un po'. Eppure quel pianto porta con se una marea di sorrisi e lacrime, e qualche crepa sul muro.

E se c'è una cosa che al cinema italiano riesce davvero bene, è proprio questa. Raccontare le crepe.
Massimiliano Bruno è ormai una garanzia. Autore che inizia a muovere i primi passi con Fausto Brizzi alla regia, nel 2006, con quella notte prima degli esami che più di tanto non mi aveva convinto.
Nel 2011 però arriva l'esordio dietro la macchina da presa, e qualcosa cambia della mia idea di un autore italiano che sta tentando di farcela. E alla fine ci riesce!
Mi piacciono quegli autori che hanno da dire qualcosa, che tengono storie sotto il letto, e le tirano fuori al momento giusto.
Dalle vicende di Alice (Nessuno mi può giudicare) - e quel paese delle (non)meraviglie che è Roma Nord - ad oggi, si definisce un percorso tanto caro al cinema italiano.
Viva l'Italia prima e Confusi e felici poi, confermano una grande dote dell'autore romano. La leggerezza come facoltà di toccare le cose senza disintegrarle, l'esigenza di raccontare una storia che sia vera e fare della commedia a partire dalle disgrazie dell'uomo.
E noi italiani in questo siamo forti!

Gli ultimi saranno gli ultimi porta lo spettatore/italiano medio a guardare se stesso. Consapevolezza e autoironia sono gli anticorpi necessari a superare l'esperienza davanti allo schermo.
Perché diciamoci la verità, la storia di Luciana e Stefano è pure la nostra.
Noi gente di paese un po' provincialotta. Generazione di sfasciati a tempo sempre più determinato.
Ci rivediamo in ogni piccolezza, che non è soltanto cinema poi, ma è ciò che siamo realmente.
Stefano che non vuole stare sotto padrone, che la sola cosa a cui tiene è un accendino che porta lo stemma della sua squadra. Stefano che ancora non sa cosa voglia dire un figlio, ma che all'atto pratico poi capirà.


E Luciana che combatte come un leone, davanti a un frigo vuoto, anche se le parole giuste le vengono in mente sempre un attimo dopo.
Luciana che forse più di ogni altro personaggio incarna l'Italia, donna e madre disperata che non riesce a gestire tutta quella umiliazione.
L'ultimo film di Massimiliano Bruno nasce come pièce teatrale, e si vede.
I personaggi si muovono come pedine sul tavolo da gioco, corpi nudi privati di tutto. In fondo è questo che fanno gli attori, quelli autentici, che quando li guardi rivedi te stesso e poi ti racconti in terza persona. E noi, tra i tanti che ci provano sul serio, abbiamo Paola Cortellesi e Alessandro Gassmann.

E abbiamo un autore che parla di noi, che si ferma laddove le crepe sono destinate a restare. Che vede la nostra vita, una vita di merda che però ci piace, e la vuole raccontare.

Commenti

  1. Credo che lo guarderò, gli altri li ho visti. Ho letto la trama, credo che sia un film emblema della crisi, in tutti i sensi.

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  2. Ciao Massi! Merita la tua visione. E credo sia emblema della crisi ma ancor prima dell'essere umano.
    Adoro Massimiliano Bruno. ^_^
    Un abbraccio!

    RispondiElimina
  3. E' già dentro il mio mysky ma credo che lo vedrò ad anno nuovo, comunque bella recensione anche se minimal ma esauriente ;)

    RispondiElimina
  4. In effetti ne avevo sentito parlare già molto bene, ma mi ero dimenticato di questo titolo.
    Mi hai ricordato che ho questo film da vedere :)

    Moz-

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