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La rivoluzione di Enrico Dini, l’uomo che vuole “stampare” le case



 E se davvero un’enorme macchina fosse in grado di stampare una casa? Assurdo, direte voi, eppure è così, e qualcuno vuole spiegarci perché. 

Forse pochi conoscono la storia di Enrico Dini, un ingegnere italiano nato nel 1962 in Toscana. Un bambino che amava costruire castelli di sabbia è arrivato oggi, a distanza di quarant’anni, a realizzare la prima stampante 3D, chiamata D-shape (a forma di “D”). Dini, esperto di robotica,  ha un intento ben preciso:  rivoluzionare il nostro modo di vedere e costruire le case. La tecnica della stampa in 3D è un metodo che realizza, partendo da un disegno digitale, qualsiasi forma, e lo fa modellando sabbia. Fino ad oggi la stampante 3D è stata utilizzata per realizzare piccoli oggetti di design ma Enrico ha un’ambizione più grande: realizzare delle vere e proprie case in 3D

Al di là dell’incredibile rivoluzione cui l’edilizia e l’architettura andrebbero incontro, c’è da dire che il materiale realizzato è in grado di sopportare anche le terribili conseguenze delle catastrofi naturali.  Le azioni sismiche ad esempio, e questo grazie all’aggiunta di fibre naturali che migliorano le caratteristiche della struttura. Questa tecnologia utilizza materiali ecologici e naturali e realizza forme curve che possono adattarsi all’ambiente circostante. I prodotti utilizzati infatti sono sabbia e mare.
Anzichè stampare su fogli di carta, D-shape stampa "fogli" di sabbia da 5 millimetri di spessore, miscelati ad un collante ecologico (a base di sali) brevettato con il gruppo Fedeli. Sovrapposti uno all'altro dal plotter stesso, i fogli di sabbia si trasformano in roccia, diventando un oggetto unico. «Ciò consente di realizzare forme impossibili da realizzare con altre tecnologie» sostiene Dini. Tra i suoi test, vi è pefino  una riproduzione in scala del tempietto di San Pietro in Montorio del Bramante, a Roma. «Per ora - spiega ancora l'ingegnere - le macchine che abbiamo possono costruire oggetti larghi massimo sei metri ma lunghi quanto si vuole perchè si muovono su un carrello. In teoria, basta realizzare un plotter più grande per poter produrre anche case di dimensioni superiori alla semplice villetta».

Il primo progetto di Enrico Dini, una struttura simile a un gazebo.

Intanto, nell’attesa che la rivoluzione D-shape arrivi anche a tutti gli effetti nell’architettura italiana, le vedute di Dini sono arrivate in diverse parti del mondo. In Medio Oriente c’è il progetto di barriere coralline artificiali, da New York potrebbe arrivare la richiesta di una sorta di panchina da collocare a Brooklyn o a Manhattan, mentre dall’Olanda arriva l’ordine di oggetti sacri per una cappella di Amsterdam. Certo applicare la filosofia del “pensare in 3D” richiede del tempo. L’Italia forse non è ancora del tutto pronta. Per il momento la ricerca va avanti, il progetto della Dinitech è sostenuto da Università di tutto il mondo.

Noi attendiamo curiosi, per il momento però lasciateci credere che, una stampante XXL, un computer , un po’di sabbia e voilà, una casa bella e fatta!

Lo dico con grande amarezza: ho sempre saputo di avere in mano una pepita d’oro e che la stavo offrendo qua e là. Ma nel nostro paese nessuno ha mai voluto aiutarmi. Neppure il Cnr, che si è presentato alla mia porta chiedendo soldi per fare la ricerca. A me? Mi bastano 50 milioni di euro per trasformare l’Italia nel leader mondiale del 3D printing in architettura. Potremmo spostare i numeri dell’economia nazionale perché questo è un progetto di filiera centrato sull’attività più comune dell’uomo: costruire. Di più, costruire il bello. E far ripartire il paese. Questa è una scienza tutta da inventare. Ci sono intere librerie vuote da riempire con studi e ricerche. E finalmente l’edilizia diventerebbe a impatto zero. La sabbia è molto abbondante sul nostro pianeta, si trova ovunque, è parte del nostro territorio. È come il ghiaccio per gli eschimesi o il legno per i canadesi. Un giorno tutto tornerà alla natura. Senza inquinare”. 
(Enrico Dini)

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