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Donato Carrisi - La donna dei fiori di carta

 
 
"Quando la nave è salpata solo un matto può continuare ad insistere. Ma la verità è che io sono sempre stato un matto!"
 
E questo era Edward Bloom, nella meravigliosa versione cinematografica firmata Tim Burton, ispirata all'omonimo romanzo di Daniel Wallace.
Perché Big Fish?
Per la nave, per il matto che insiste, e perché io ci credo davvero, che a dare sapore alle cose siano le storie.
Conosco Donato Carrisi nella sua veste insolita, e scopro un narratore in grado di prendere la storia e farne un dato di fatto, credibile e imprescindibile. Come la guerra e il Monte Fumo, gli italiani e i tedeschi e le trincee. Ma Carrisi è anche quello che, una volta chiuso il libro, ti porta a inseguire mete orientali alla ricerca di una montagna che canta.
Così è, se non ci credete allora leggete La donna dei fiori di carta, e poi ne riparliamo.
Ah, mi raccomando. Se avete intenzione di smettere di fumare magari meglio di no, fidatevi di me. Datevi giusto il tempo di riuscirci e, quando avrete superato la prova, ricordatevi di questo romanzo.
 
Pare che Carrisi abbia deciso di scrivere La donna dei fiori di carta, per dimostrare di essere in grado di spogliarsi dei panni dell'autore "un sacco giallo, un sacco thriller". E che siano benedette le provocazioni! Dico io. Perché questo libro è una pietra pregiata, lavorata da mani impeccabili e di velluto. Con fare che è tipico del vero narratore, il racconta storie, Carrisi si muove di pagina in pagina come una Circe ammaliante, alla quale non puoi sfuggire. Il lettore infatti si perde nel fumo che sa di tutto ciò che il protagonista sfiora, e lo rende credibile. Sapore di donna, sapore di rimpianti e solitudini. Di continua ricerca e poi l'attesa.
 
Tutto ruota attorno all'attesa, almeno per come ho letto io questa storia. Il dottore austriaco non cura i soldati. La guerra non gli dà nemmeno più quella possibilità. Jacob Roumann è lì che aspetta il loro ultimo respiro, e per non dimenticare quelle vite spezzate, annota su un'agendina quelle ultime parole appena sussurrate. Aspetta.
Il prigioniero italiano deve tirar fuori un nome, il suo. O verrà fucilato dal nemico. E il nemico, ironia della sorte, è l'ultimo uomo con il quale ha condiviso l'epilogo della sua vita.
 
Questo romanzo breve vive nell'attesa e, per mezzo di essa, compie le sue gesta. Sono le storie nella storia a dare poesia e una, anche una soltanto, possibilità di "vero", alla vita di Guzman, personaggio misterioso che sembra esistere come l'Agilulfo di Calvino, che esisteva eppure non c'era. Ma la volontà di essere a volte supera tutte le ostilità, persino la guerra, un amore impossibile, un nome sconosciuto e uno strumento che deve per forza improvvisare una musica nuova. 
Oltre le sette note che tutti conoscono, oltre la storia che si impara a scuola.
Le storie migliori sfruttano il dubbio che attanaglia l'ascoltatore. "Sarà tutto vero? Guzman è esistito sul serio? E quell'uomo che fumava sul Titanic poi..."
 
Non c'è una risposta. Ce ne sono infinite altre.
Fiori di carta e fumo avvolgono la fantasia del lettore, trascinandola nella ricerca - sfiancante e romantica, nonché surreale - della verità. Con essa prende vita un ballo proibito e, più letterariamente parlando, un noir dal sapore di fumo che si consuma nell'attesa. Il talento dell'autore poi, è sorprendente.
Gli scrittori sono i nostri ultimi aedi. E poi la verità non fa per noi.
 
Le storie... preferiamo di gran lunga le storie!

Commenti

  1. Non ho letto nulla di Carrisi, non partirei quindi prevenuto (nel bene o nel male) per questa storia non un sacco giallo, un sacco thriller

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  2. Mai letto Carrisi, potrebbe essere un ottimo inizio. Molto bella la tua riflessione, mi fa venir voglia di leggere il libro *__*

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  3. Ahahah, "un sacco bello!" In ogni caso, spero tu abbia modo di recuperare Carrisi. Un abbraccio Michele. ;-)

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  4. Grazie Glò. *___* Fammi sapere! Un abbraccio forte.

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