lunedì 30 luglio 2012

Siti e Blog da "Oscar". I Macchianera Awards 2012


Ebbene si, ho scoperto anche questa e non potevo non parlarvene qui...
Ci tengo a sottolineare fin da subito che non rientra nei miei piani l'idea di "accaparrarmi" voti per aggiudicarmi la "statuetta" per il miglior Blog dell'anno, questo è certo. Anche perché, ricordo a quanti di voi magari non lo sapessero, CriticissimaMente è piuttosto giovane, è un blog nato ad aprile 2012, dunque ancora poco conosciuto dai lettori del web. Però mi sembrava doveroso dargli almeno un'opportunità, se non altro l'idea che qualcuno possa ritenere il mio blog degno di un voto, non lo nego, mi rende estremamente euforica e mi riempie di gioia. Per questo, prendendo spunto dai miei amici PensieriCannibali e  FrenckCinema, riporto qui il modulo per poter votare il vostro blog/sito preferito. Ci sono diverse categorie, vi ricordo, la sola accortezza che dovete avere, votate almeno per 8 categorie, altrimenti il vostro voto sarà annullato. Potete votare lo stesso blog/sito per un massimo di 4 categorie, non di più, altrimenti, voto non valido. Quando votate mi raccomando inserite l'URL completo del vostro blog preferito, "che ne so", faccio un esempio a caso: http://criticissimamente.blogspot.com
Potete votare anche direttamente dal sito Macchianera

C'è tempo fino al 1° settembre 2012...forza ragazzi, VOTATEEEE!!!
E Grazie infinite a quanti di voi seguiranno il mio (imparzialissimo) "esempio"...


Le ragazze del Coyote Ugly

Ricordo ancora l'estate che stava in mezzo agli anni 2000/2001, e la ricordo come se fosse oggi. Erano gli anni adolescenziali, quelli degli ormoni "a mille", i primi amori, le canzoni che si sceglievano tra amiche come colonne sonore delle nostre vite e poi c'erano i nostri film...
Quei film che facevano da sfondo alle serate della nostra spensieratezza restano davvero una piccola seppur preziosa parentesi della mia vita cinefila ed è incredibile vedere come "oggi" i "miei" film siano così distanti da quelli che un tempo osannavo e mi facevano scalpitare il cuore.
Eppure, tra gli amori di "Beverly Hills" e quelli di Dowson's Creek, io ogni tanto mi prendevo una pausa, mi assentavo e uscivo fuori da quella (quasi) obbligata fase segnata dai miei 16 anni. La mia sete cinematografica aveva voglia di film che spronassero a sognare, a credere nelle favole degli amori nati in quelle interminabili sere d'estate e, ammettiamolo, forse questa delicatissima "tappa" l'abbiamo toccata un po' tutti, chi più chi meno. Nelle mie pause solitarie invece c'erano i film che nessun amico o amica avrebbe mai e poi mai voluto vedere, quei film che iniziavano in quegli stessi anni, piano piano, a conquistarmi. Scoprivo lentamente il cinema di Ettore Scola, di Fellini, Monicelli, De Sica fino ad allontanarmi più in la, verso il mondo di Kubrick, Hitchcock, Spielberg, e Burton...
Si, insomma questo meriterebbe un approfondimento a sé, la realtà è che questa mia "spropositata" premessa serviva a introdurre il film di cui vi vorrei parlare, Le ragazze del Coyote Ugly.

Il sogno di Violet era un po' il sogno di tutte noi, quello di sfondare nel mondo della musica come cantautrice. Dopo svariati rifiuti da parte di Case Discografiche, la giovane trova lavoro in un noto locale di New York, il Coyote Ugly. Per una ragazza del New Jersey adattarsi ai ritmi frenetici di New York e dei frequentatori abituali del Coyote certo non è facile. Tra esibizioni sul bancone, lap dance e ondate di alcool a grande richiesta Violet imparerà a farsi apprezzare, vincendo la paura di esibirsi in pubblico, fino a diventare una delle ragazze più amate dagli "spettatori".

Diciamo che il regista David McNally sapeva bene come conquistare il suo pubblico, un film leggero quanto basta, carico di ritmo stile "country" e ragazze mozzafiato che tanto sarebbero piaciute al nostro Tarantino. Una protagonista dolce e ingenua, interpretata da una graziosa Piper Perabo, con un sogno da custodire, la tipica incarnazione dei nostri ideali femminili, almeno dei tempi che "furono". Un amore che bene si sposa a quel sogno, un padre dall'aspetto duro ma dalla pasta tenera (John Goodman), una canzone che da sola bastava a far girare la testa a noi giovani sognatrici, Can't fight the Moonlight (Nel film vediamo anche la cantante LeAnn Rimes) . 


Non so cosa mi abbia spinto oggi a parlare delle Ragazze del Coyote Ugly, forse il ricordo di un film che con poco sapeva conquistare, perché meno pretenziose erano le nostre attese, forse la tenacia con cui un giovane riesce a lottare pur di salvaguardare un sogno, e forse, (e soprattutto) perché mi ricorda terribilmente il tempo in cui anch'io vedevo l'America come la terra delle opportunità,  la patria dei "sogni"...



sabato 28 luglio 2012

Frankenweenie, i poster dei personaggi


Volevo fare una sorta di "post-gallery" dedicato all'ultimo film in stop-motion firmato Tim Burton. Ora che si possono ammirare on line i Character Portraits cerchiamo di scrutare un po' più a fondo il carattere e l'anima di questi 9 personaggi burtoniani...
eccoli qui, tutti per voi:

Il giovane Victor sfida la scienza e il suo enorme potere pur di riportare in vita il suo fedelissimo amico a quattro zampe Sparky. Questo però, porterà a delle conseguenze davvero oscure e inaspettate...

Il Sig. Rzykruski è il nuovo insegnante di scienze nella scuola elementare di New Holland. Ha un leggero accento dell’Est Europa e un modo unico di spiegare le cose. Va molto d’accordo con i suoi studenti, tuttavia i genitori fraintendono il suo stile di insegnamento appassionato. Il Sig. Rzykruski è il mentore e la fonte di ispirazione per Victor, gli insegna che la scienza può realizzare sia cose belle che cose brutte e che se uno scienziato non mette il cuore nel proprio esperimento, le conseguenze potrebbero essere disastrose.


Nassor è un ragazzino estremamente intelligente, serio e profondo. Ha una visione della vita più cupa e catastrofica rispetto agli altri ragazzini di New Holland. Nassor è inizialmente scettico rispetto alle voci che girano sugli esperimenti di Victor con l’elettricità, ma una volta convinto, si accanisce per cercare di scoprire i segreti di Victor.

Edgar è un ragazzino disadattato che non ha amici ma desidera disperatamente fare coppia con Victor per la fiera delle scienze. Nei suoi tentativi di farsi accettare, Edgar ha la tendenza a combinare dei pasticci e spesso parla senza prima pensare. Sebbene prometta di non raccontare a nessuno il segreto di Victor, spiffera tutto accidentalmente.
Infine c'è lei, la mia preferita... Stranella non si trova a proprio agio con gli altri ragazzi di New Holland, ma è facile intuirne il motivo: consegna inquietanti presagi con una voce mono tono e uno sguardo che fissa. La sua costante compagnia è il suo soffice gatto bianco, Mr. Whiskers, con il suo stesso imperturbabile sguardo fisso. Gli altri ragazzini gli stanno alla larga, soprattutto quando Stranella comincia a parlare dei sogni di Mr. Whiskers.

giovedì 26 luglio 2012

Prendersela con gli specchi



Dall’inizio del 2012, negli Stati Uniti si sono verificate 4 sparatorie, rispettivamente in North Carolina, Alabama, California e Ohio. Come spesso accade per gli eventi che si ripetono con una certa frequenza, le notizie al loro riguardo finiscono presto nel dimenticatoio; così anche di queste si è sentito parlare, relativamente, poco.
Cosa caratterizza quindi la sparatoria del 20 luglio avvenuta nel cinema di Aurora (Colorado), per far sì che se ne discuta ancora a giorni di distanza e così intensamente? Il ragazzo colpevole del massacro, tale James Holmes, classe 1987, ha aperto il fuoco durante l’anteprima di un film, The Dark Knight Rises di Christopher Nolan, indossando una maschera antigas. Troppo poco? Ecco come, con qualche abile mossa, i giornali, per lo più italiani, sono riusciti a infarcire la notizia di riferimenti imprecisi e di vere e proprie insensatezze.
Holmes, che pianifica la strage da tempo, prima di aprire il fuoco lancia un lacrimogeno. L’utilizzo della maschera antigas è ovviamente indispensabile, ma questa fa presto a diventare “la maschera di Bane”, e quest’ultimo “il cattivo che ha ispirato il killer” ; poco importa che il personaggio in questione la maschera la indossi per assumere la sostanza Venomol e non per proteggersi dal gas (così almeno nel fumetto, che funzione assuma nel film ancora non lo sappiamo, così come non poteva saperlo Holmes). I capelli colorati di rosso del killer diventano subito “a imitazione del personaggio del Joker” , altro antagonista di Batman che ha, però, i capelli tinti di verde; i 100mg di Vicodin assunti prima di compiere la strage diventano la sostanza “trovata nel corpo di Heat Ledger”, l’attore che interpretò il Joker con Nolan, morto ingerendo altre 6 sostanze oltre alla suddetta.
Vedete, basta davvero poco. In questo modo non si ha più “Ragazzo spara su una folla”, ma si può avere “Ragazzo deviato da film violenti spara sulla folla nel tentativo di emularne il cattivo”.
Oltre a tutto ciò, la stampa italiana ci ha fornito altre chicche di professionalità giornalistica: da la Repubblica che incolpa Neil Gaiman di essere “il papà di Batman” – lui che di Batman ha solo scritto una storia in due parti –  “e forse anche della follia di un fuoricorso di neuroscienze”; a Gad Lerner secondo il quale “il denominatore comune si trova nella tecnologia che rende facile perpetrare una strage”, al sito dell’Ansa che fa un elenco di “quando i film diventano realtà”, dimostrando di non saper distinguere tra la rappresentazione della violenza e la sua esaltazione.
Il punto, però, è un altro. Mettiamo che Holmes si fosse presentato in quella sala cinematografica vestito come il miglior cosplayer di Bane: ciò differenzierebbe davvero questa strage da tutte le altre? Siamo davvero disposti a credere che una persona che decide di  accumulare in casa un arsenale di armi e aprire il fuoco sulla folla, non l’avrebbe fatto comunque anche senza l’eventuale “ispirazione” di un film?Davvero crediamo che siano i killer a ispirarsi ai film e non viceversa?

«I film non fanno nascere nuovi pazzi, li fanno solo diventare più creativi” diceva Billy Loomis, in Scream, perché la violenza fa parte prima di tutto della realtà umana, non di una realtà creata ex-novo e proposta sugli schermi cinematografici. Per la visione dei cosiddetti “contenuti violenti”, ricordiamolo, esistono appositi regolamenti e visti di censura attraverso i quali regolare il momento della fruizione dell’immagine; cosa che non mi risulta essere applicata ai contenuti di  giornali e telegiornali.
Si dimostra così molto comodo e immediato accusare lo specchio della realtà che ripropone, piuttosto che fare i conti con la realtà stessa; e concludere questa crociata contro i film violenti con la possibile condanna a morte del ventiquattrenne.
Scritto da Giulia Marxia


Le ali della libertà



<<La paura può tenerti prigioniero, la speranza può renderti libero>>

Sono le scelte che facciamo che ci contraddistinguono, di questo ne sono certa, e questa mia idea di scelta si alimenta ogni qualvolta mi capiti di ammirare sullo schermo la storia di quell'Andy Dufrense e della sua "redenzione" tra le mura dello Shawshank.
Le ali della libertà (1994), diretto da Frank Darabont, (autore anche de Il Miglio Verde, secondo capolavoro dedicato al dramma carcerario uscito nel 1999) è tratto da uno dei racconti di Stephen King  racchiuso nella raccolta Stagioni diverse, dal titolo Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank.
Ancora oggi, quando parlo di questo film penso (così fin troppo "retoricamente") a uno dei più "belli" che la mia memoria ricordi...

Andy è un bancario dall'intelligenza fuori dal comune, un uomo colto convinto ancora che in un libro possa nascondersi la chiave della "salvezza". La sua vita viene stravolta da una (ingiusta) condanna a due ergastoli  da scontare nel carcere del Maine, lo Shawshank, per l'uccisione della moglie e del suo amante. Nella terribile realtà, fatta di ingiustizie e violenze imperdonabili, ci sarà tuttavia per Andy uno spiraglio di luce dato dal primo e fondamentale legame instaurato in quei cortili asfisianti, con il "contrabbandiere" dello Shawshank, Ellis Boyd Redding, detto "Red".
Nessuno poteva immaginarsi cosa Andy avrebbe fatto con quel piccolo martello da roccia, nessuno, nemmeno Red. E soprattutto nessuno poteva immaginare fin dove sarebbe arrivato quell'uomo così distante e  singolare che se ne stava nel cortile a passeggiare come se fosse nel parco a scrutare i passanti. La "leggerezza" nei suoi movimenti, quella camminata e quello sguardo perso tra la folla, gli altri, quasi tutti "colpevoli", quelli che sostengono di stare dentro a scontare la "beffa" di un avvocato fasullo.

Quello che sorprende del film di Darabont, oltre alle spettacolari interpretazioni dei protagonisti Tim Robbins e Morgan Freeman, è la singolare poesia con la quale viene messo in scena il dramma, e il riscatto, di un uomo condannato ingiustamente. E la cosa non può lasciare indifferenti perché il tema affrontato è piuttosto delicato. Riuscire a dare "poeticità" e sfumature così profonde e allo stesso tempo sottili, che si disperdono tra le sbarre e tra le violenze quotidiane, è davvero complicato.
La nostra attenzione va tutta quanta verso quest'uomo straordinario, ci perdiamo nel vederlo intento nelle sue imprese e nei suoi tentativi di "salvezza", è un po' come prendere parte a una memorabile lezione di "vita". Il signor Dufrans lotta contro tutto e tutti, ma non cede alle torture delle guardie e del disgustoso direttore (un odioso Samuel Norton). La forza di volontà e la voglia di dare a tutti una seconda possibilità di "salvezza" sarà per Andy l'arma più potente da "sfoggiare" durante la sua battaglia.

Il lavoro fatto in fase di sceneggiatura, curato dallo stesso Darabont, è davvero incredibile. Chi ha letto il racconto di King sa però che ci sono delle incongruenze rispetto al libro, piccoli stravolgimenti cinematografici, che, e non smetterò mai ribadirlo, fanno parte "del gioco". Voglio dire cosa cambia a me, spettatrice, se nel film vengono alterate alcune date, o se magari nel libro il direttore non è sempre lo stesso e se ne alternano più di due. Cosa cambia durante la visione del film se le birre offerte dalle guardie grazie alla prima "trovata" di Andy vengono servite fredde mentre King le fa bere ai detenuti/operai calde?
Non ho mai fatto una scelta, perché non è questo che conta quando si ha di fronte un buon libro e un buon film. Nonostante i grandi dell'Academy non abbiano ritenuto "opportuno" premiare con la statuetta Le ali della libertà, io continuo a dire che questo drammatico affresco realizzato da Darabont sia uno dei film più belli che il cinema americano "del vecchio secolo" ci abbia regalato. Uno dei più importanti, a mio avviso, messaggi che il cinema abbia dato al suo pubblico, in particolar modo ai giovani convinti di non avere speranza. La salvezza c'è sempre, anche quando sembra finita. La si può trovare in un libro, nell'istruzione( le citazioni sono molte nel film, dalla Bibbia al Conte di Montecristo di Alexander Dumas), in una passione (Andy coltiva quella per le rocce e i minerali, per gli scacchi e per la musica classica). Sono queste le ragioni che devono far sperare ognuno di noi, è proprio in loro che a volte la salvezza aspetta solo d'esser scovata...

Ah, volevo dire e poi concludo, è vero, la storia di Red e del suo perché riguardo il "nome" lascia dei dubbi. Ma questo rientra purtroppo nell'ennesima pecca dei doppiaggi nostrani che pur di adattare a proprio gusto i dialoghi di un film non si preoccupano nemmeno di starne a stravolgere completamente il senso. Quando Andy chiede: <<Perché ti chiamano Red?>> la risposta che noi conosciamo è:<<Forse perché ho i capelli rossi>>. Beh, senso non ne ha davvero, c'è poco da dire. La realtà è che nel libro il personaggio di Red è un bianco irlandese dai capelli rossi e nella versione originale del film la risposta di Freeman è molto diversa, ovvero: <<Forse perché sono irlandese>> e gli irlandesi si sa, si distinguono per i loro capelli rossi.


Evviva il cinema, Evviva il doppiaggio italiano...







martedì 24 luglio 2012

Man of Steel, un trailer che "spacca" in due pubblico e critica


Certo a me sorprende in una maniera incredibile questa storia dei trailer che già da soli bastano a spaccare in due il pubblico e la critica. Ecco il caso del teaser trailer di Man of Steel ne è un esempio caratteristico, perché? Perché è l'ennesima storia di un Supereroe DC Comics, perché il regista si chiama Zack Snyder e sembra quasi di capire che non ci sia lui dietro questo assaggio di film (almeno in molti sostengono questa tesi)...e poi diciamoci la verità, quanti di noi sono ancora inc***** per aver incrociato nel proprio cammino da cinefilo l'imperdonabile Superman Returns firmato Singer del 2006? Credo MOLTI...io per prima!!!
E quanto sta facendo discutere in queste ore il trailer dell'Uomo d'acciaio...si, c'è chi sostiene che dal trailer sembra quasi di assistere a una intro di un film di Terrence Malick e che è davvero un minuto e poco più di pura "pesantezza".
Ma, che vi devo dire io non sono affatto d'accordo. Non sono d'accordo perché confido molto nel progetto di Snyder e devo ammettere che porto nel cuore Clark Kent in particolar modo fin da bambina, quindi, parlerei piuttosto di un trailer affascinante e soprattutto carico di un "Zimmer" inconfondibile.
Io in un attimo sono tornata alle atmosfere ricreate per il capolavoro di Scott "Il Gladiatore", il prato in primo piano accarezzato dal vento, il bambino, un tocco musicale fatto anche di quiete e silenzi, quella quiete però che prepara alla tempesta, il rumore di quell'uomo che spacca in due il cielo.."bellissimo". E poi questa cosa della versione doppia non è fantastica? Eh lo so, magari molti di noi non hanno colto l'atipica scelta narrativa del trailer o non hanno avuto modo di trovarla in rete. Io l'ho potuta vedere grazie a http://www.cineblog.it/. A ben vedere (ascoltare), si avverte che nella prima parte la voce fuori campo è di Pa Kent, mentre nella seconda è quella di Jor-El
Quindi mi viene da dire a quelli che già parlano di un film "palloso", aspettate a sparare sentenze...certo c'è da aspettare ancora un po', un po' troppo. Il 14 giugno 2013 è davvero lontano...
Questo il trailer nella versione Pa Kent:



Qui potete vedere la seconda versione del trailer, con la voce di Jor-El/Russel Crowe


lunedì 23 luglio 2012

La leggenda del cacciatore di vampiri


A marzo di due anni fa,Tim Burton e Timur Bekmambetov, acquistano i diritti cinematografici del romanzo di Seth Grahame-Smith, "Abraham Lincoln, Vampire Hunter". Insomma era già chiaro, su quel libro, si sarebbe  presto o tardi realizzato un bel film. Pochi mesi dopo viene annunciato il regista di tale trasposizione, il nome è proprio quello del russo Bekmambetov, autore di altre pellicole abbastanza note come I guardiani della notte (2004), del 2006 il sequel I guardiani del giorno, e Wanted-scegli il tuo destino del 2008.

Le riprese del film sono partite a marzo 2011, in Louisiana, e fin da subito si è stabilito che la sceneggiatura della pellicola sarebbe stata nelle mani dello stesso autore del romanzo. Capiamo fin dal titolo che protagonista assoluto è un "certo" Abraham Lincoln, e capiamo nello stesso momento che il film che stiamo andando a vedere ha già in partenza un insolito punto a favore, legato al fascino che suscita l'immagine di un personaggio storico tanto importante come Lincoln "miscelato" alle più antiche leggende vampiresche. Beh, non so cosa influenzi nello specifico la vostra scelta del film prima di entrare in sala. Io vi dico però che, ancor prima di sapere dello "zampino" del "mio Tim", c'è stato fin da subito qualcosa che mi ha terribilmente incuriosita su questo "cacciatore di vampiri".

Ma, vi sarete chiesti, (e l'ho fatto anch'io) questo cacciatore di vampiri, sarà mica Abraham Lincoln?
Bene, la risposta è SI!!!
Immaginatevi la storia di un bambino che in tenerà età è costretto a fare i conti con la morte della madre, avvenuta in circostanze piuttosto "macabre", più che mai "oscure". Nonostante le perplessità iniziali, si capirà ben presto cosa si celi in realtà dietro questa tragedia avvenuta davanti agli occhi del piccolo Abraham.
Il giovane Lincoln cresce senza mai liberarsi della sua sete di vendetta, e sarà proprio questa, a portarlo verso quel mondo oscuro, che si leva al calar delle tenebre.
Il dolore di Abraham e la sua vendetta troveranno poi un preciso "piano", grazie all'addestramento di colui che "solo" inizialmente sarà, il cacciatore di vampiri...

Ne abbiamo viste di storie "farcite" di sangue e vampiri, vero. L'ultimo, il Barnabas Collins interpretato da Depp in Dark Shadows, una rappresentazione direi, "molto" burtoniana, dunque, almeno per quel che mi riguarda più che apprezzabile. E voglio dimenticare, concedetemelo, la famiglia Cullen e la combriccola dei Volturi con tutto ciò che (tristemente) ne consegue...
Qui però vince secondo me una carta giocata davvero bene, perché il signor Bekmambetov non promette né un horror da brivido né un fantasy dagli effetti speciali da urlo. Ma il fatto sorprendente, credetemi, è che nulla di tutto ciò occorreva al film. Secondo me anche un 3D...che oltretutto è davvero poco percepibile durante la visione del film, ma, meglio così. Voglio dire, ci sono senz'altro dei passaggi registici abbastanza sempliciotti, elementari. Alcune scene, io personalmente le avrei aggiustate, parlo di qualcosa di cui anzi, avrei fatto tranquillamente a meno, ma non entro nel dettaglio "a scanso di spoiler".
Benjamin Walker as Abraham Lincoln

Gli attori, anche se non regalano performance esorbitanti, sanno rendere il perfetto equilibrio di una pellicola comunque piacevole al di là delle piccole imperfezioni. Abraham interpretato da Benjamin Walker è probabilmente un misterioso "clone" di Liam Neeson, e il fatto è sorprendente poiché per tutto il film ci si chiede: Ma, può essere il figlio? O un lontano parente...oppure è lui???
Mi piace credere che la storia di un uomo ricordato ancora oggi come uno dei più importanti Presidenti degli Stati Uniti, possa esser raccontato al pubblico sfruttando il più potente dei mezzi comunicativi, quale è appunto, il cinema. 
La leggenda del cacciatore di vampiri "prende" la vita e le gesta di un uomo che ebbe il coraggio e la forza di porre fine alla schiavitù in America nel 1865, e lo fa cercando di tener fede ai fatti realmente accaduti, significativo il Discorso di Gettysburg riproposto da Bekmambetov. E sullo sfondo suggestivo della Guerra di Secessione Statunitense ecco venir fuori le tenebrose leggende legate ai vampiri e a quella che sarà (prima) una guerra personale, dettata dalla vendetta di un solo uomo, per diventare (dopo), una guerra collettiva, metafora del male di un'intera nazione che voleva e doveva a tutti i costi "ricostituirsi".
Il 16° Presidente degli USA, Abraham Lincoln


Quindi concluderei dicendo, vedete La leggenda del cacciatore di vampiri, (non aspettatevi di ritrovar nel mezzo qualcosa di Burton perché la sua impronta c'è, ma solamente in fase di produzione, quindi non artistica), e gustatevi un film che forse potremmo definire come un fantasy-horror-("eppure" storico) dalle sfumature belliche...





venerdì 20 luglio 2012

TDKR, sparatoria durante la prima a Denver, Colorado.

La notizia che giunge questa mattina ha a dir poco dell'incredibile. Durante la proiezione di The Dark Knight Rises, al Cinema Century 16 Movie Theaters, Denver, un folle dal volto coperto da una maschera antigas ha iniziato a far fuoco tra la folla, uccidendo almeno una decina di persone. Il bilancio delle vittime purtroppo è ancora incerto e potrebbe essere aggiornato in crescendo nel corso della giornata. La tragedia è avvenuta intorno a mezzanotte e il folle mascherato prima di far fuoco ha lanciato candelotti lacrimogeni. Una sopravvissuta ha raccontato che il rumore dei primi spari sembravano esser parte del film. La cosa che addolora ancor di più è sapere che tra le vittime c'erano dei bambini. 
Non ci sono davvero parole di fronte a fatti del genere...

Fonte della news
http://www.cineblog.it

giovedì 19 luglio 2012

Anderson vuole Depp per il suo "The Grand Budapest Hotel"


Dopo aver conquistato Cannes con il suo Moonrise Kingdom, Wes Anderson è pronto per un nuovo progetto cinematografico. L'autore de "I Tenenbaum" ha deciso di scritturare per questo film "tutto" europeo dal titolo The Grand Budapest Hotel, l'attore statunitense Johnny Depp. Dovrà però aspettare che termini le riprese per il film che lo vede attualmente impegnato The Lone Ranger", pellicola della Disney ispirata alla serie animata western del 1980. Tanti progetti per il nostro Barnabas Collins che avremmo visto perfino in un remake de L'uomo ombra, sospeso poi dalla Warner Bros a causa di un budget troppo dispendioso. Accanto a Depp nel cast di Anderson troveremo l'ormai fidatissimo Owen Wilson, Edward Norton, Bill Murray, Adrien Brody, Willam Defoe, Jeff Goldblum e, anche se non ancora confermato, Jude Law. 
A me personalmente, l'idea incuriosisce non poco...voi, curiosi o indifferenti al nuovo lavoro firmato Anderson?
Fonte della news http://cinema.lospettacolo.it

mercoledì 18 luglio 2012

Frankenweenie al Comic-Con. Burton presenta il suo Disney "perfetto".

Non ho scritto nulla sul Comic-Con di San Diego è vero. Strano, eppure di eventi incredibili ce ne sono stati. Tanti personaggi che adoro con le loro esclusive sui film in uscita nei prossimi mesi...Mi vengono in mente Django Unchained, Iron Man 3, Man of Steel, Lo Hobbit, insomma di panel cinematografici su cui discutere ce ne sarebbero a sufficienza. Ma diciamoci la verità, siamo stati "bombardati" di panel dal Comic-Con in questi giorni, vorreste davvero leggere altri articoli in merito? Io non credo, anche se a volte mi piace essere "cattiva" e contraddirmi in un "nanosecondo". Ecco perché, per non sentirmi troppo fuori dal coro di San Diego, ho deciso di dedicare un articolo a colui che riesce sempre in un  modo o nell'altro ad attirare la mia attenzione. Chi mi conosce probabilmente ha già smascherato il personaggio "misterioso".
Credo che se ci fosse anche la più misera notizia che lo riguardasse, io non perderei occasione di parlarne qui, anche solo due semplici righe...ma è più forte di me, mi perdonerete mai per questo? Spero di si!!!

Durante la prima giornata del Comic-Con, il 12 luglio, c'è stata la presentazione del panel Disney, e un trailer omaggio all'ultimo lavoro in stop motion firmato Tim Burton, Frankenweenie, nelle nostre sale, ricordiamolo (e facciamoci del male), a gennaio 2013. L'incontro, moderato da Chris Hardwink di The Nerdist, ha permesso ai presenti di assistere ad alcune scene in anteprima del film. 


Allora, io sono una ficcanaso pronta a tutto anche ai temutissimi "spoileroni" che quasi sempre poi fuoriescono da questi eventi esclusivi. Non siamo tutti uguali però (e menomale...) quindi ho deciso di riproporvi qui solamente il trailer omaggio presentato al Comic-Con e una dichiarazione del regista riguardo il suo Frankenweenie. Quelli più curiosi e impazienti (come me) possono invece dare un'occhiatina qui.

Adoro lavorare con i pupazzi. La grafica digitale è ovviamente molto buona, ma usare i pupazzi ti mantiene più collegato alla realtà delle cose. Recuperare il corto e adattarlo non è stato certo un lavoro semplice, ma sono riuscito a mantenere lo stesso stile. Per quanto mi riguarda è il film Disney perfetto". (Tim)
Fonte della news


martedì 17 luglio 2012

Ricomincio da capo

Sono le 6:00 del mattino, la radio trasmette I got you babe di Sonny & Cher. Ma la giornata appena iniziata si rivelerà ben presto identica a quella di "ieri". Tutto, inesorabilmente, sarà come il giorno precedente.
Il meteorologo Phil Connors, un tipo piuttosto antipatico, si ritrova nella cittadina di  Punxsutawney, in Pennsylvania, per realizzare un servizio televisivo sulla ricorrenza annuale dedicata al Giorno della marmotta, celebrata il 2 febbraio. Il simpatico animale però, sarà per il povero Phil solamente l'emblema di un circolo temporale che si protrae identico ogni giorno, all'infinito. Nonostante i tentativi iniziali di sfruttare i vantaggi di tale assurdità, Phil capisce ben presto che questa storia lo sta facendo impazzire. Inizia così una lenta e progressiva discesa in una depressione che sfocia nei più disparati tentativi di suicidio.


Groundhog Day, titolo originale della commedia diretta da Harold Ramis nel 1993, è diventata ormai in diversi paesi inglesi espressione comune per indicare una giornata noiosa e ripetitiva. Il regista statunitense, che tra l'altro lo vediamo come attore nei due Ghostbusters di Ivan Reitman (1984-1989), conferma la sua spiccata verve comica con Terapia e pallottole (1999) e Un boss sotto stress (2002), appetitosissime parodie del più tipico "mafiamovie", interpretate da due mostri sacri come Robert De Niro e Billy Crystal. Al di là delle esilaranti gags offerte da un incredibile Bill Murray nei panni di Phil (il cui ruolo pensate era stato offerto inizialmente a Tom Hanks), c'è da dire che Ricomincio da capo offre allo spettatore non pochi spunti di riflessione sulla società e sui bombardamenti mediatici che oggi, come allora, influenzano la vita di tutti i giorni. Il protagonista del film riuscirà poi a capire come gestire l'incombere del "ripetersi del tempo" a vantaggio del prossimo, grazie al sostegno della collega Rita, una splendida Andie Mac Dowell. Dall'inizio alla fine, lo spettatore assiste al graduale cambiamento di Phil, una persona cinica ed egocentrica.



Non so se complice del mio amore per questa pellicola sia il fatto di averlo visto per la prima volta quando ero bambina, ma non posso fare a meno di ricordare questo Giorno della Marmotta come uno di quei curiosi ritratti di un paesino così diverso dal "mio". Bianco di neve e abitato da tutte queste "personcine" prese a celebrare una ricorrenza così atipica che pone al centro dell'attenzione una simpatica marmotta. A me tutto questo affascina e mi fa credere, ancora oggi, con qualche anno in più addosso, che Ricomincio da capo, sia destinato a rimanere una di quelle commedie originali e irripetibili, allegre e dinamiche nonostante il cardine della storia sia paradossalmente un circolo temporale senza capo né coda, identico..."o quasi".

Quindi concluderei dicendo: non avete visto questo film? Beh, siete ancora qui?






sabato 14 luglio 2012

Un viaggio nel mondo dei videogames con Ralph Spaccatutto



Ha colpito non poco la mia attenzione la storia dell'ultimo lavoro firmato Walt DisneyWreck-it Ralph. Questo cartoon, considerato il 52°Classico Disney, è diretto da Rich Moore e uscirà nelle sale italiane il 21  dicembre 2012, distribuito anche in 3D. A dare voce ai protagonisti John C. Reilly, Sarah Silverman, Jack McBrayer e Jane Lynch. 

La storia è quella di Ralph Spaccatutto, il cattivo di un videogioco arcade chiamato Fix-it Felix. Ralph distrugge gli edifici e Felix li aggiusta. Arriva un momento in cui Ralph però si rende conto di non voler più vestire i panni del cattivo. Anche lui può essere un bravo ragazzo e per cambiare "vita" decide di fuggire dal suo videogioco attraverso i cavi d'alimentazione, avventurandosi in un imprevedibile viaggio nel mondo dei videogames. 

Da Hero's Duty a Sugar Rush, il grosso Ralph cercherà il proprio riscatto, tra nuovi incontri e quella che sarà  la più importante missione della sua vita: salvare la comunità degli Arcade.



Il videogioco Fix-it Felix è stato creato dalla Disney proprio per promuovere il film, il quale prende forma grazie alla storia originale chiamata Joe Jump, sviluppata inizialmente dal regista Sam Levine, costretto ad abbandonare il progetto a causa di divergenze creative.
Del film tra l'altro, è stata presentata una versione estesa di ben 10' proprio ieri, 13 luglio, al Comic Con, dallo stesso regista Moore.
Guardate il trailer...fa venir voglia di correre al cinema!!!


Il google Doodle di oggi, "Il bacio" di Klimt


Oramai vengo terribilmente attratta dalle trovate di Google per i suoi "Doodle" che molto spesso mi stupisce con delle idee davvero geniali. Oggi la scelta va verso il mondo dell'Arte, della Pittura. Eh già, perché 150 anni fa nasceva a Vienna uno dei massimi esponenti dell'Art Nouveau (in Italia Stile Liberty), Gustav Klimt.

Quella che vediamo oggi è una delle opere più note del pittore austriaco, Il bacio, realizzata nel 1907-1908 e ora esposta al Belvedere di Vienna, museo Osterreichische Galerie. Questo sobrio e incantevole dipinto, olio su tela, racchiude in sé l'essenza del pittore, affascinato dai corpi femminili. I mosaici rappresentano un'altra passione del pittore, il quale, dopo essersi recato un paio di volte a Ravenna, conobbe il fascino dei mosaici bizantini.

In questo passionale affresco color oro, i corpi dei due sembrano quasi fondersi l'uno nell'altro a formare una sola cosa. Curioso sapere che lo stesso Klimt era solito indossare le tuniche vestite dai personaggi di questo dipinto. Google stavolta non stravolge l'opera con trovate troppo stravaganti, piuttosto si limita a firmarsi sullo sfondo con un "google" che si confonde con l'oro del dipinto...facendosi scappare però una "s" di troppo e ribattezzando così il povero Gustav in "Gustavs"...

venerdì 13 luglio 2012

La Biennale di Venezia 69 definisce la sua Giuria


Il Concorso della 69° Mostra de Cinema di Venezia, che si svolgerà dal  29 agosto all'8 settembre, ha assemblato la definitiva Giuria per l'assegnazione dei Premi ai lungometraggi in gara. La decisione è stata presa dal Cda della Biennale presieduta da Paolo Baratta, su proposta di Alberto Barbera, direttore della mostra.

Michael Mann guiderà la Giuria che è così composta:
-Marina Abramovic, Leone d'oro alla Biennale d'arte 1997.
-Laetitia Casta, attrice e modella francese nominata ai César nel 2011 come miglior attrice protagonista nel ruolo della B.Bardot nel film Gainsbourg (Vie Héroique).
-Peter Ho-Sun Chan protagonista dell'industria  cinematografica asiatica, produttore e regista di Hong Kong.
-Ari Folman, documentarista, regista e sceneggiatore israeliano nominato all'Oscar per il miglior film straniero e vincitore del Golden Globe del 2009.
-Matteo Garrone, regista italiano vincitore del Premio Speciale della Giuria a Cannes sia nel 2008 con Gomorra che nel 2012 con Reality.
-Ursula Meier, regista franco-svizzera vincitrice dell'Orso d'argento speciale al Festival di Berlino 2012 con Sister.
-Samantha Morton, attrice britannica due volte candidata al Premio Oscar, nel 2000 per Accordi e Disaccordi di W.Allen e nel 2004 per In America-il sogno che non c'era di Jim Sheridan.
-Per finire il regista e produttore argentino Pablo Trapero protagonista nel 1999 con il film esordio Mundo Grua e nel 2004 con Familia Rodante.

Il concorso si concluderà nella serata dell'8 settembre al Lido con la rituale assegnazione dei Premi ufficiali:
Leone d’Oro per il miglior film, il Leone d’Argento per la migliore regia, il Premio Speciale della Giuria, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile, il Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente, il Premio per il miglior contributo tecnico, il Premio per la migliore sceneggiatura.



10 Cose che odio di Te


Odio il modo in cui mi parli. E il tuo taglio di capelli. 
Odio il modo in cui guidi la mia macchina. Odio quando mi fissi. 
Odio i tuoi stupidi anfibi. E il modo in cui leggi la mia mente.
Ti odio talmente tanto che mi fa star male – E mi fa anche scrivere poesie. 
Odio il modo in cui hai sempre ragione. Odio quando menti. 
Odio quando mi fai ridere – ancora peggio quando mi fai piangere. Odio quando non ci sei. 
E il fatto che tu non abbia chiamato. Ma la cosa che odio di più è il fatto che io non riesca a odiarti – nemmeno un po', nemmeno un pochino, nemmeno niente. 
(Kat)


Parlassero pure del solito TeenMovie Hollywoodiano, a me poco importa. E non è un mettere a priori un "punto" sul film in questione (o forse si...), però ci tengo a spiegare cosa porta una cinefila piuttosto "cinica" come me, ad apprezzare la commedia di Gil Junger. Non mi ricordo esattamente quando vidi il film per la prima volta (la cosa poi si è ripetuta per almeno altre 20, e non mi vergogno certo ad ammetterlo), ma ero comunque una ragazzina, forse tra i 16 e i 17 anni. 10 Things I hate about You esce negli Usa nel 1999, a dirigere la commedia per ragazzi, il regista statunitense Gil Junger, noto soprattutto per serie tv come Dharma & Greg (1997) o Cuori senza età (1985). Effettivamente, dopo uno sguardo al soggetto e agli espedienti più tipici della "soft comedy" verrebbe da dire che questo 10 Cose che odio di te è proprio un filmetto scontato e banale, fatto tanto per sbancare al box office grazie alle adolescenti strappacapelli e in preda alle tempeste ormonali. Ma questo significherebbe esser rimasti in superficie, senza aver fatto scattare quella preziosissima molla che anima la nostra curiosità e ci aiuta ad andare "oltre".

Le sorelle Stradford sono completamente diverse, Bianca (Larisa Oleynik), la più piccola, è quella benvoluta ed estroversa. Kat (Julia Stiles), la maggiore, è invece irascibile e un po' troppo "acidella", tanto da tener lontani tutti i ragazzi della scuola. Bianca vuole uscire a tutti i costi con il belloccio invidiato da tutte, Joey (Andrew Keegan), ma per riuscirci deve far fronte alla ferrea regola imposta dal padre: Bianca potrà uscire la sera, solo se in compagnia della sorella Kat. Nonostante suoni come una mission impossible dalle sfumature rosa, la situazione prenderà una strana e imprevedibile piega grazie al dolce e timido Cameron (Joseph Gordon-Levitt), il quale infatuato da Bianca, convince Joey a pagare il bello e "dannato" Patrick (Heath Ledger) per corteggiare Kat.


Ho sempre creduto che il bello del cinema sia proprio il fatto di riuscire a sorprenderci il più delle volte con delle cose a primo avviso banali, semplicissime, magari già viste e servite in tutte le salse. Però pensate per un attimo a cosa accadesse, se questo piatto già assaggiato un'infinità di volte, riuscisse a sorprendervi con degli ingredienti nuovi, sbalorditivi. Gil Junger dispone di un cast fatto di stelle scoperte sul nascere.
Conoscere Heath Ledger in questo film è stato per me come un "imprinting", ne sono rimasta folgorata. E mettiamoci pure che in quel periodo rientravo anch'io nella cerchia delle adolescenti scombinate...
Patrick Verona, il cui nome già solo basterebbe a farci innamorare. Vi ricordate del Petruccio interpretato da Richard Burton nella Bisbetica Domata firmata Franco Zeffirelli? (Siiii...) Era il 1967, ebbene, la commediola banale altro non è che la versione moderna del celebre testo Shakespeariano, e chi ha avuto la fortuna di vedere l'adattamento di Zeffirelli per il grande schermo, non può averlo dimenticato. 
Verona ricorda la città degli innamorati per eccellenza, mentre la Kat interpretata dalla Stiles rimanda alla Caterina di Zeffirelli, una splendida Elizabeth Taylor!!!


Ma, possibile che abbiamo perduto anche quel briciolo di romanticismo e di "purezza" adolescenziale che sappia ancora farci volare le farfalline nello stomaco? Questo non ci tocca più? Ma è davvero così?
Per me no, e a volte ho bisogno di ricordarmene. Ho bisogno di stare davanti allo schermo e provare ancora quelle ingenue e conturbanti semplici emozioni che solo una ragazzina di 15 anni forse, ha la fortuna e il "diritto" di provare...

giovedì 12 luglio 2012

L'Italia ci ripensa, Prometheus nelle sale il 14 settembre


Quest'anno il nostro paese, in materia "posticipi", credo detenga il primato. Dopo aver assistito a svariati slittamenti importanti (The Dark Knight Rises, Frankenweenie), possiamo finalmente diffondere una buona notizia. L'attesissmo Sci-fi (prequel di Alien) firmato Ridley Scott era stato infatti posticipato dalla 20 th Century Fox Italia al 19 ottobre 2012, con ben 4 mesi di distanza dall'uscita statunitense. Oggi l'Italia fa un passo indietro e torna alla data fissata in partenza, ovvero quella del 14 settembre. Certo, gradiamo l'anticipo di un kolossal fantascientifico come Prometheus, ma non dimentichiamo una cosa, solo 15 giorni prima sarà uscito in Italia TDKR...

Ricordiamo il cast del film
Michael Fassbender, Charlize Theron, Noomi Rapace, Idris Elba, Logan Marshall-Green, Sean Harris.


Sinossi: Un viaggio spaziale negli angoli più remoti della terra, metterà a dura prova un gruppo di scienziati ed esploratori; Fino alla scoperta di un mondo in grado di dar loro le risposte che da sempre affliggono l'essere umano.




Fonte della news
http://www.badtaste.it/

mercoledì 11 luglio 2012

The Dark Knight Rises, la colonna sonora completa


L'Empire ci fa un regalo non indifferente. Ha messo infatti on line l'intera colonna sonora, realizzata ancora una volta del genio Hans Zimmer, dell'ultimo capitolo della trilogia nolaniana dedicata all'uomo pipistrello. In effetti c'è poco da aggiungere, voglia di leggere immagino non ce ne sia, solo un' inesorabile esigenza di "ascoltare"... Per questo, propongo alcuni dei brani messi "a nostra" disposizione da Empire, per ascoltare la playlist completa vi rimando a http://www.empireonline.com

01. A storm in coming
02. On Thin Ice
03. Gotham’s Reckoning
04. Mind If I Cut In?
05. Underground Army
06. Born In The Darkness
07. The Fire Rises
08. Nothing Out There
09. Despair
10. Fear Will Find You
11. Why Do We Fall?
12. Death By Exile
13. Imagine The Fire
14. Necessary Evil
15. Rise





"The Amazing Spider-Man": Hanno ucciso l'uomo ragno




No, Max Pezzali e gli 883 che furono non c'entrano nulla.
Si parla di “The Amazing Spider-man”, il tanto chiaccherato reboot dedicato al simpatico uomo ragno. Al timone di questo rilancio di un franchise già scandagliato da Sam Raimi appena 10 anni fa c'è Marc Webb (“500 giorni insieme”) che punta tutto su un cast di giovani promesse quali Andrew GarfieldEmma Stone e di vecchia scuola come Martin Sheen, Sally Field e Rhys Ifans. Nonostante le alte aspettative e il rischio del rilancio di un personaggio ancora fresco e vivo nei ricordi degli spettatori (Spider-man 3 è del 2008) il film si conferma un esperimento decisamente deludente..vediamo insieme il perché.


Salve! Sono Peter Parker! ...Lo sono?
Svecchiare la storia. Aggiornare il mito. Riscoprire le origini..narrare la cosiddetta “The Untold Story”. Ecco sono questi i presupposti usati come scuse dalla Columbia Pictures e Sony per non perdere i diritti sull'aracnide antropomorfo. Ma come rilanciare un personaggio che possa conquistare le nuove schiere di giovani e allo stesso tempo ricalcare le mode del momento?

Ero secchione e timido. Ora sono Hipster.
Peter Parker è un ragazzo liceale secchione, sfigato (per non abusare del termine Nerd) completamente timido e isolato..perso in formule chimiche e teoremi mentre qualche bullo decide di prenderlo di mira. Qui invece abbiamo un Andrew Garfield che si dipinge un Peter Parker Hipster e Outsider, capello Culleniano e Tavola da Skate. Fotografo dall'acuta sensibilità visiva, paladino dei deboli vessati dagli spacconi della scuola e, più semplicemente, un diverso. Un altro personaggio che pretende di indossare i panni del noto protagonista non rivisitandolo, ma riscrivendolo completamente snaturando anni di speranze di lettori che si immedesimavano in un ragazzo normale. Ci sono diverse sequenze in cui qualche povero secchioncello di turno si ritrova a subire le angherie del bullo Flash Thompson e ti viene da urlare “ora l'inquadratura seguirà quella comparsa picchiata,verrà morso da un ragno enorme e comincerà a volare tra i grattacieli di New York. No...non succede mai.
Garfield è anche un bravissimo attore a parere del sottoscritto (eccellenti le sue prove in “The Social Network” e “Non Lasciarmi”) ma è condizionato, pur se perfetto, nei panni di questo Peter Parker dalle lenti a contatto...sarebbe stato curioso vederlo nei panni del vero Peter.

Da Grandi poteri..derivano grandi complotti! No aspetta...
Proprio non la sopporto la maschera..mi fà calore!
Fin dai titoli di testa iniziali si capisce che siamo di fronte a quello che si può definire lo “Spider-man del complotto”. Genitori con segreti scomparsi (o forse no?) per motivi oscuri, zii che nascondono valigette dei suddetti genitori scomparsi e si scambiano sguardi silenziosi in cucina, serrature e porte che si aprono con la facilità di un “apriti sesamo”, impiegati indiani minacciosi, equazioni da incrocio di specie e buchi di sceneggiatura formano il più grande complotto di questo film: ma perchè? I personaggi come la storia ingranano senza un vero scopo motivazionale, alla scoperta di qualcosa che sembrano già sapere per infusione divina  sul versante cosa fare e come farlo. (“Sai prepare un siero anti lucertola? Eccerto! Mi chiamo Gwen Stacy!)

Gwen Stacy. La gnocca che non sapeva di esserlo.
Emma Stone interpreta la prima storica fidanzata del Peter Parker cartaceo, figura iconica e tragica che porta molte responsabilità al protagonista molto prima della rossa e provocante Mary Jane Watson. Il personaggio si ritaglia un piccolo ruolo di donna dell'eroe e controparte della teen-story del film. Peccato che si finga una gran secchiona tutta libri e stage alla Oscorp quando lo spacco tra gli stivaloni e l'onnipresente minigonna sembrano dire tutto tranne quello che la patinata storia voglia trasmettere. I due personaggi si innamorano quasi per partenogenesi, sedotti da esigenze di incalzante sceneggiatura che invece di portare naturalezza nella storia conduce ad ulteriori stravolgimenti nella caratterizzazione di Peter, ormai completamente perduto. Memorabile esempio in tal senso la scena del 
“Baci davvero bene.Te lo hanno mai detto? Dai lasciati andare...”. E il giovane Parker si rigira nella tomba dei reboot.

Lizard, la lucertolona dalla parlata ridicola.
Nello Spider-man dell' Untold Story si è optato per un Villain inedito rispetto alla trilogia di Sam Raimi..sempre nella speranza di allontanarsi da quanto è già stato fatto e raccontare qualcosa di inedito, continuo monito dell'intera pellicola.
Ecco quindi che si opta per il dottor Curt Connors, interpretato da Rhys Ifans, amico del defunto/scomparso/nascosto Richard Parker che insieme inseguivano l'ideazione di un siero in grado di rigenerare cellule e curare gravi menomazioni e malattie. Il figlio Parker assetato di verità va alla ricerca del dottore dopo aver trovato indizi nella valigetta del complotto e, grazie agli appunti del padre e al contributo di quello che definirò il Ragno di Fibonacci, riesce a risolvere la misteriosa equazione che darà vita al miracoloso siero. Il Dottor Connors viene spinto alla sperimentazione umana e si tramuta nel lucertolone antropomorfo Lizard (ma il suo nome non viene mai rivelato nel film) che si muove in una New York come se ci si trovasse nel Jurassic Park di Spielberg o in un film di Godzilla. Sulla riuscita grafica della lucertola preferisco non esprimermi (motion capture? Seriously?) ma su i combattimenti c'è molto da ridire. Troppo brevi e concentrati per essere davvero appassionanti e belli da vedere. Salvo forse il combattimento all'interno del liceo..anche se si sarebbe potuto fare molto di più. Quanto la caratterizzazione dell'uomo rettile siamo davvero a livelli elementari, del tipo fuoco cattivo albero buono. Così come la maggior parte dei personaggi il villain si muove quasi senza un vero scopo preciso, monta un attacco a New York su due piedi e sviluppa una bipolarità sempre campata in aria per spingerlo verso il confronto con Spidey. Ma è tutto così frastagliato da buchi di sceneggiatura colossali da risultare poco credibile. Poi se gli concediamo frasi ridicole con voce deformata mentre è in stato di rettile assassino allora ci diamo la zappa sui piedi. Ma forte.

Zio Ben e la ricerca dell'assassino
Come tutti sanno il momento catartico nella formazione da Peter Parker a Spider-man è la morte di Zio Ben. Martin Sheen è davvero bravo, c'è poco da dire. Come mette piede in scena si mangia tutti meglio di come farebbe Lizard.
Il discorso sulle responsabilità è deviato e filtrato da una segreteria telefonica e dall'onnipresente passato dei genitori..e ci stà anche! E' proprio nel confrontarsi con questo rapporto che il film ci regala le sue parti migliori a mio avviso, che sarebbero potute essere molto più approfondite e sviluppate..ma bisogna proprio accontentarsi di quello che ci offre la sceneggiatura.
Il problema della ricerca dell'assassino dello zio domina la prima parte del film, tant'è che sembra fare di Parker un vendicatore sulla scia del Dark Knight della Dc Comics. Salvo poi dimenticarsene completamente. Nel bel mezzo del proseguire del film anche lo spettatore, insieme al protagonista se ne dimentica. La continua ricerca di un dannato tatuaggio a stella sul polso del criminale colpevole si rende protagonista dei primi passi del nostro eroe salvo poi cadere anche lui negli ENORMI buchi di sceneggiatura di questa pellicola. Ok molto di voi penseranno “ce lo faranno vedere nel seguito”. Anche io l'ho pensato..quando ho fatto mente locale e ho notato durante i titoli di coda che questa sottorama è rimasta irrisolta (per non dire messa da parte..)

La regia di Marc Webb è per forza di cose diversa e più debole rispetto a quanto offerto dalla precedente trilogia di Sam Raimi. Si cercano toni differenti, più adulti e volutamente più dark ma si cade rumorosamente nel tentativo. Non basta girare sequenze in notturna e oscurare la fotografia per avere uno Spider-man alla Nolan e realistico..se poi si fanno pronunciare frasi da beota al protagonista come “Ehi! Guardate! Guardate come mi dondolo!!”  allora ci prendiamo in giro. Forse la piega reale se la cava meglio con i lividi nascosti nel cappuccio (che ci vogliamo fare..l'hanno fatto outsider!) e nei dubbi della fin troppo giovane Zia May. Per il resto ragnatele comprate su internet e lucertoloni parlanti mandano in vacca tutto verso gloriosi pascoli. Come ampiamente sottolineato la sceneggiatura ha più buchi di una fetta di formaggio Emmenthal (Sieri partoriti in 20 secondi, Peter che gira alla Oscorp come se fosse il suo bagno, Branzini vari, tatuaggi a stella, proiettili in una gamba dimenticati una volta a casa, promesse fatte in punto di morte mandate in vacca dagli ormoni di Emma Stone) ma un altro fattore aggravante è la resa anonima della città. Fondamentale nel caratterizzare un supereroe, la città di New York in “The Amazing Spider-man” è assolutamente anonima, irriconoscibile, mai citata ne verbalmente ne visivamente, presente solo sotto forma di Gru della classe operaia che agisce in una perfetta coordinazione e a scatola chiusa così, sulla fiducia (sono ricaduto in un altro buco della sceneggiatura..scusate!).


Insomma, questo nuovo Spider-man sfrutta l'aggettivo “Amazing” quando di Amazing ha davvero poco se non nulla. L'operazione suona come un invito alle generazioni di oggi ad accogliere lo Spider-man fatto su misura per loro, cercando allo stesso tempo di strizzare l'occhio ai vecchi fan e allo zoccolo duro degli aficionados dei comics. Si lasciano in sospeso parecchie storyline con l'intento di rendere questa prima avventura un canovaccio in cui si è voluto stiracchiare a forza le origini del nuovo eroe per il lancio di un eventuale nuova saga. Di sequenze e trovate interessanti ce ne sono ma l'aver letteralmente ucciso il vero Peter Parker ed averlo sostituito con un personaggio del tutto nuovo ed estraneo è davvero troppo da sopportare per chi scrive. E diffdate da quelli che dicono che questo è lo Spider-man della versione Ultimate della Marvel...è una menzogna detta per rincarare le casse delle vendite dei comics.


Scritto da Matteo Novelli
Messa in quadro, il blog di Matteo
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