Ci voleva Smetto quando voglio per dire che "Sì, anche noi italiani facciamo sequel e trequel", e li facciamo bene.
Con occhio guardingo e pure un po' sborone, col dito rivolto alle americanate che hanno fatto la storia di Hollywood e della grande industria cinematografica.
Dal treno a vapore che alludeva al destino nell'ultimo capitolo di Ritorno al futuro, agli schiaffi alla stazione di Amici miei.
Il progetto, di cui parliamo con una punta di orgoglio, è stato lanciato nel 2014 dal regista Sydney Sibilia, al suo esordio nel lungometraggio.
Il primo di una trilogia, che vede una banda di ricercatori universitari alle prese con le smart drugs e una serie di sfortunati, nonché bizzarri, eventi.
Ciò che ha contraddistinto quest'idea, è l'aver realizzato una commedia che fosse allo stesso tempo un po' cafona e un po' signora. Disgraziata come l'italiano che resta e non sa più quale storia inventare, per campare. Cafona per finta e per davvero, come l'antropologo che conosce la sua gente, quel campione sondato e vissuto, di popolo rozzo, animali "de strada".
E l'Italia di oggi funziona solo così, farcita di storie surreali ma vere, che sullo schermo fanno ridere, fanno riflettere. Ti fanno sbandare fino alla disperazione, ti condannano all'esilio, a una vita intera legata al tentativo di spiegare agli altri ciò che realmente sei.
Le formule del chimico, i discorsi in codice dei latinisti e l'analisi di mercato del povero Bartolomeo.
Smetto quando voglio - Masterclass è un ulteriore passo in avanti del cinema italiano, che matura l'idea di un film che possa funzionare dal punto di vista commerciale e, perché no, anche autoriale. Duelli in sella a un treno che va, e divide in due la strada. Un vagone merci pieno di pillole e site car del terzo reich. Originali, mi raccomando.
Perché un professore ci tiene, a certe cose. E la sua follia diventa la nostra, di tutti. Un cannone che uccide la grandine e ignora i cattivi, supereroi improbabili che vorrebbero vincere contro il fardello che si portano addosso, e ricordare a questo paese le ragioni per le quali lui continua ad ignorarli, peggio ancora, a deriderli.
Quella laurea, maledetta.
Quei tentativi assurdi di realizzarsi, e io che ringrazio il cinema e lo maledico, perché al di qua dello schermo poi, mi aspetta la storia più folle che si possa raccontare.
La vita vera.
Finita l'impresa di questi sgangherati si torna indietro.
E cosa mi aspetta?
Un cammello.
Una marea di gente che continua a non capire nulla di me.