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Visualizzazione dei post da ottobre, 2014

Quando scrivi

Quando scrivi, vivi il tempo in compagnia della sensazione di non farcela. Di fare male, di non arrivare, di non essere in grado di dire ciò che realmente vorresti dire. Provando a mettere insieme pezzi di vite estranee, parole mai pronunciate, la tua vita vera, le tue cose di tutti i giorni. Quelle di cui ti ricordi, e quelle di cui ti dimentichi. E nonostante tu viva i tuoi giorni in costante conflitto con te stessa, continui a farlo. Un po' alla volta, credendoci sempre di più anche solo per dare il giusto merito a quel fenomeno incredibile che, senza metterci nella condizione di capire come, trasforma una pagina in una moltitudine di pagine. Poche righe diventano storie, e tu non puoi fare a meno di leggerle, un milione di volte. Chi lo sa se questo rientra nella prassi del "buon scrittore", io non lo so. Ma voglio lasciare che tutto vada come deve, come viene. Nel modo più naturale che esista. Leggo per capire dove sto sbagliando, se e come posso migliorarm...

Repossessed - Quando il Rock vince su tutto

Ne ho parlato martedì in radio. Per chi ancora non lo sapesse, esiste un programmino su www.ryar.net nel quale io mi diverto a dare voce a questa mia passione, che prende da questo blog il nome "CriticissimaMente Parlando". In onda tutti i martedì, dalle 19:00 alle 20:00. (Autopromo finita!) Passiamo al film. Di Riposseduta dovevo/volevo scriverne già da un po', perché per quanto io non ami il genere Horror, esiste quella particolare eccezione, come spesso accade, e questa coincide esattamente con quel sottogenere cinematografico che, in termini spiccioli, prendendo per il culo il cinema di "serie A", si è fatto strada. E lo fa da sempre, all'inizio puntando su un'operazione di solo ridoppiaggio, dunque sostituendo i dialoghi del film da parodiare/perculare, fino ad arrivare a stravolgere quasi del tutto la pellicola di partenza, tagli e cambiamenti di ogni genere in fase di scrittura, montaggio e così via.  Per quel che mi rig...

La panchina e l'altalena

Quel che ricordo meglio di quando ero bambina, è quella necessità che avevo di passare inosservata, poter godere del privilegio di ragionare ad alta voce, inventare discorsi elaborati, improvvisarmi in sorrisi, facce tristi. Ricordo quanto era bello sentirsi "grande", ma non troppo, e ricordo di come si parlava a bassa voce tra noi, i piccoli amici del parco.  Si stava così bene, e non eravamo mai gli stessi. Perché non era mai sempre domenica. C'era il bambino che veniva con la nonna, un altro con la zia, chi con il padre, con la madre. Raramente, madre e padre insieme. Erano i tempi in cui si credeva di avere maggiori difficoltà nel socializzare e abbandonarsi a incontri occasionali, brevi, e invece sono diventati quelli che oggi si ricordano con grande nostalgia. Perché tutto ci veniva più naturale, i nostri genitori o chi per loro, erano lì e avevano occhi solo per noi e per gli altri.  Figure umane attorno agli scivoli e dietro le altalene.  No...

C'era una volta un'estate

Dopo aver convinto pubblico, critica e i pezzi da novanta degli Academy, Nat Faxon e Jim Rush tornano a scrivere insieme, concedendosi l'opportunità di fare altrettanto bene dietro la macchina da presa. Così è stato, dico io. Perché C'era una volta un'estate prosegue sulla scia di quell'amarezza, lasciata nel dramma personale di Matt king (alias il più bel Clooney di sempre!). E si ritorna ad assaporare il fascino contraddistinto del film indipendente, disseminato tra le luci di una piccola località balneare del Massachusetts. A suon di strofe che sanno di Sundance, e con le quali bene si sposano i drammi più contemporanei delle famiglie americane, Fixon e Rush rievocano la bellezza e la nostalgia di una stagione/tappa che potremmo definire "obbligatoria", necessaria alla formazione e al passaggio decisivo dall'adolescenza all'età adulta. Ed è per forza di cose in estate, che questo accade. Duncan/ Liam James ha quattordici anni, e l...

Quando ti fermi, e guardi indietro.

Non sono del tutto certa che esista la concreta possibilità di riflettere, sull'essere madre. Nel senso che, non credo fino a che punto si possa analizzare questo istinto, questo dono, questa missione per la quale noi donne, siamo giunte qui sulla terra. A volte mi convinco che non ci è dato concederci più di "troppe" domande al riguardo, altre invece credo che sia impossibile non autolesionarci il cervello. E penso a tutta quella raffica di domande così confuse, così ben precise.  Forse la vera natura di una madre si trova qui, nel punto in cui certezza e dubbio - non ditemi come, né perché - si incontrano. Quando diventi madre tutto si intensifica, le cose che vivi, o meglio che hai vissuto, sono destinate a rivivere (reincarnazione degli attimi?). A tornare, insieme a un déjà vu, a un ricordo che sei certa di avere, perché lo senti sulla pelle, oppure insieme a quelle cose che avresti voluto vivere davvero, e non ne hai avuto l'occasione.  Mi...

"The world is yours" - Scarface dal cinema alla slot machine

« The world is yours ». È il motto di Tony Montana in Scarface , a fare da sfondo alla sua ascesa nel mondo della malavita, con crudeltà e determinazione, nel capolavoro del 1983 diretto da Brian De Palma e sceneggiato da Oliver Stone. Tony Montana è Al Pacino , in una delle interpretazioni più riuscite della sua meravigliosa carriera.  Un film campione d’incassi, tra azione, potere, intrighi internazionali. La cornice temporale è quella di un’apertura politica di Fidel Castro, ad inizio anni ’80, quando consentì a circa 125 mila cubani di lasciare Cuba per raggiungere gli Stati Uniti e riabbracciare i propri cari. In realtà l’obiettivo era svuotare le carceri cubane, sovraffollate e in condizioni drammatiche. Il coraggio di Tony è entrato nella storia del cinema e ha ispirato migliaia di altre pellicole cinematografiche, opere letterarie, persino videogames. La sua determinazione, i bagni di sangue in pieno stile platform 3D, la bellissima Michele Pfeiffer ad ag...

Buongiorno papà

Incredibile come ad un tratto un "di tanto in tanto" diventi abitudine... Forse può sembrare un'introduzione del tutto slegata e priva di senso, ma chi mi legge abitualmente (santi uomini e sante donne) potrebbe intuire a cosa riconduca il tutto. Al cinema italiano , ebbene. A come io in questi ultimi anni stia a poco a poco riprendendo quella fiducia e, allo stesso tempo, ritrovandola, io cominci a vedere con occhi nuovi il cinema italiano contemporaneo. Quello per il quale si fa prima a dire "vade retro" piuttosto che perderci del tempo. E io ultimamente ci perdo tempo, sì. E tolte quelle crepe e quelli che comunemente chiamiamo incidenti di percorso (vedi il più recente Si può fare l'amore vestiti?) mi sento di dire che, credere ancora nel cinema nostrano e, in quei "pochi ma buoni" autori che abbiamo, provoca un non so che di felicità inaspettata. Edoardo Leo rientra in questi pochi ma buoni sopra citati. Mi piace come attore...

Ma tu di che ti occupi, di sorrisi? - Ciao Lorenzo...

Io c'ho un brutto vizio, quello di aprire bocca e sparare a zero, a volte. Quello che si chiama "impulso", l'istinto primordiale che ci rende ignoranti e privi di controllo di fronte a qualunque cosa. Se poi fai il critico e col tempo ti abitui a dare giudizi e a scrivere di ciò che vedi, pensi, senti, la situazione si complica e i casi in cui ti ritrovi ad essere stronza, aumentano notevolmente.  Lo scorso luglio ho dato una delle migliori prove di me, del mio essere stronza per l'appunto, a Lorenzo. Ricordo che si parlava tra amici e colleghi, di qualcosa a proposito di Tim Burton e della sua recente filmografia. Chi mi conosce sa, immagina. E infatti io sono intervenuta nella discussione con il mio solito fare cafone e pedante, tant'è che un tale mi stuzzica e prova a capire meglio il senso del mio intervento. Io capisco subito che in fondo gli piace il mio essere diretta, seppur in netto contrasto con il suo pensiero. Lo capisco perché ve...

Fantasmi a Roma - Fiaba surreale degli anni '60

Vorrei scrivere sempre così, con questa voglia di farlo che mi direbbe di non pormi un limite, di evitare punti. Vorrei scrivere sempre con questo stesso entusiasmo, con questo orgoglio dentro che mi fa innamorare come la prima volta, del Cinema Italiano. Dovrei aver vissuto questi miei trent'anni negli '60, oppure dovrei avere a portata di mano una sfilza di titoli che riportino esattamente lì. In un periodo storico e artistico che, cinematograficamente parlando, ha davvero reso memorabile il nostro cinema. E la prima cosa che mi viene in mente, sono le sceneggiature scritte a più mani, quelle che mettevano insieme le menti e le penne di grandissimi autori italiani. Ennio Flaiano, Ettore Scola, Age & Scarpelli, Monicelli, Rodolfo Sonego, Pietro Germi e tanti altri davvero. Oggi mi vorrei fermare due minuti, su una commedia unica nel suo genere, perché di tutte quelle viste fino ad oggi, mai nessuna era stata in grado di somigliare a un'opera comica e su...