È il 1935 quando Dino Buzzati pubblica il suo secondo romanzo, dopo un esordio poco apprezzato dalla critica del tempo con Bàrnabo delle montagne , 1933. Un momento difficile per l'Italia, in guerra con l'Etiopia e isolata dal contesto mondiale, Hitler inaugura le Leggi Razziali, Mussolini accresce il suo consenso, la censura è ovunque. Il Bosco Vecchio appare dunque un luogo necessario, rifugio dalle barbarie, uno slancio salvifico nel mondo immaginifico disegnato dall'infanzia. Dino Buzzati muove la penna fino a rinvenire le viscere più profonde della letteratura fantastica, di una poesia ancora fanciulla, di una prosa semplice ma appassionante, perché viva. Una trama per niente articolata, quella di un uomo ormai rimasto solo, tale Sebastiano Procolo, stretto nella morsa della vecchiaia, la cui unica fortuna sembra essere un'immensa tenuta boschiva, lasciata in eredità dallo zio. Il Procolo, a sua volta, avrebbe lasciato il Bosco Vecchio al giovan...
Storia di un avverbio ostinato