"Il massacro e l'orgoglio", le aveva suggerito Ferruccio de Bortoli. Ma lei non era convinta. Tuttavia rimase in silenzio, per un po'. Poi si accese una delle tante sigarette di quella mattina e, all'improvviso, scattò dalla sedia. "La rabbia..." Tutta quella che aveva dentro. La rabbia e l'orgoglio. La mattina dell'11 settembre Oriana Fallaci era lì. Nel suo appartamento nel centro di Manhattan, sulla 61esima . La ragazzina che faceva la staffetta da una sponda all'altra dell'Arno, durante la Resistenza. La giovane corrispondente di guerra in Vietnam, la giornalista quasi morta ammazzata a Città del Messico. La "guerrafondaia" di cui molti parlano, a suon di accuse immeritate, spesso meschine. Era presente nonostante il silenzio di quel periodo, di esilio, lontano dall'Italia, dalle "cicale di lusso", come amava definirle lei. Gli italiani, sì. Gli uomini che contano e quelli da niente,...
Storia di un avverbio ostinato