venerdì 20 febbraio 2015

La casa degli spiriti - "Solo un cambiamento"

 

Quando sto male tendo a vedere ciò che abitualmente non vedrei neanche morta. E ne ho conferma tutte le volte che mi ritrovo allettata, costretta a non uscire di casa, ferma, immobile.
Eppure, inaspettatamente, qualcosa a volte cambia. Deve cambiare, è la vita.
 
Dopo Un detective in corsia e La signora in giallo, il caso ha deciso: "La casa degli spiriti".
Se escludo Il piccolo principe, il primo ricordo assoluto di un libro letto e amato - amato davvero e senza capire perché (avevo tredici o quattordici anni), è proprio quello del primo romanzo di Isabel Allende, nonché unico libro che io abbia letto, dei suoi.
 
Ricordo l'edizione Feltrinelli/Loescher, per la scuola, la copertina bianca con i bordi rossi e la foto di una casa in bianco e nero. Come terminava un capitolo, seguiva un piccolo riassunto, e alla fine del romanzo le cosiddette "schede". Ricordate? Quelle che ti permettevano di capire se avessi effettivamente compreso il senso di quelle pagine appena passate. Io amavo le schede, anche se c'erano quelle domande che non capivo mai, e mi facevano passare brutti quarti d'ora, quelli con la penna vicino alla bocca e gli occhi sparati al soffitto. E dal romanzo ricordo passai al film, ma a distanza di anni, non ricordo quanti.
Bille August porta sullo schermo La casa degli spiriti nel 1993, e lo fa investendo prima su un cast impeccabile e poi, ricordandosi con intelligenza di quel "realismo magico". Ed è naturale pensare a Gabriel García Márquez, del resto, la Allende è entrata di diritto nell'olimpo delle icone della letteratura sudamericana, nonostante io mi sia fermata a quel libro con i bordi rossi e le schede...
 
Il romanzo, così come il film, ripercorre quasi senza lasciare dubbi, una buona fetta di quella che è stata la storia del Cile (anche se nel libro non viene mai nominato). La storia di una famiglia dei primi anni del Novecento si intreccia agli eventi di quelli che furono i fatti avvenuti in Cile fino agli anni settanta. Lo sfruttamento dei contadini, la lotta per il potere, crisi economica e il terremoto del 1939, fino ad arrivare al colpo di Stato del 1973. Realismo magico perché anche qui, storie vere di cronaca politica e sociale, si mescolano alle forze soprannaturali, ai più intimi poteri della mente, la quale riesce a prevedere, a toccare le immagini con chiarezza, a sfiorare gli spiriti quando ritornano. E la luce più abbagliante, nel film come nel libro, è quella che arriva dalle mani e dai gesti di Clara. Il suo modo di stare al mondo, di muoversi in mezzo alla vita che corre e spesso fa male, il dono di trovare una ragione agli eventi che si susseguono, senza stare a pensare se sia giusto o sbagliato.

 
Quello che mi colpì allora, che poi è quello che amo di più oggi, è la forza delle figure femminili. Mi ricordo che non capivo l'amicizia tra Clara e Férula, eppure mi affascinava, mi toccava. Ma capivo bene la libertà in tutto il suo splendore attraverso la figura di Blanca. Il suo amore per Pedro e il rapporto con un padre difficile, la voglia di lottare e perché no, cambiare.
 
E il cambiamento è ciò che di più rimane nel ricordo di questo libro, nonché di questo film. Perché l'immagine di Clara a sfogliare i quaderni, i diari di Blanca, davanti alla casa ormai abbandonata, toccata solo dal vento e dai ricordi fatti di sangue e di quel male all'anima che porta al silenzio, è probabilmente la risposta a tutte le domande difficili, lasciate vuote su quelle schede che da ragazzina amavi, e a volte non capivi.
 
Cosí come quando si viene al mondo, morendo abbiamo paura dell'ignoto. Ma la paura è qualcosa d'interiore che non ha nulla a che vedere con la realtà.
Morire è come nascere: solo un cambiamento.
 

martedì 10 febbraio 2015

Harry Potter - la mia vita a mezz'aria

 
 
Mai stata orgogliosa di essere normale, tanto da non esserlo affatto.
Mi spiego meglio, come dire, so di essere "strana", ed è la cosa di cui vado maggiormente fiera.
 
Cos'è una premessa?
No, sarebbe inutile.
Allora una confessione?
Nemmeno.
Dunque?
Piuttosto un incipit...
un incipit geniale!
 
"Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano".
 
Dal momento che lei è diventata più nota della Regina d'Inghilterra, e poi, più banalmente, dal momento che l'ho spoilerato senza pietà nel titolo, è chiara la citazione. E abbiamo capito subito di chi, e di cosa, stiamo parlando.
Sono arrivata ai libri di Harry Potter davvero per caso, non lo dico tanto per dire. In un periodo complicato della mia vita ho sentito come il bisogno di immergermi in qualcosa che fino a ieri, non mi apparteneva in maniera del tutto naturale. Così come una mattina è probabile sentire il bisogno di uscire all'alba e fare una corsa (il giorno in cui accadrà preoccupatevi seriamente!), all'improvviso ho capito che non avrei potuto continuare a vivere la mia vita da lettrice piuttosto onnivora, senza aver letto nulla che appartenesse al genere da me più evitato dai tempi dei tempi, il Fantasy.
E qualcuno potrebbe ribattere sostenendo che i libri in questione non rientrino nel suddetto genere. E ci sta, potrebbe starci, ma nella mia allegra ignoranza sapete cosa penso?
Un treno per Hogwarts da prendere al volo, andando a sbattere contro un muro senza farsi male, e poi pozioni e incantesimi, e scope volanti, e un castello fatto apposta per imparare la magia, e sale tanto grandi da contenere tutto, paure e sogni.
Questo dovrebbe bastare, sì, non saprei di cos'altro parlare, se non di Fantasy.
E questo penso.
 
Sono sempre stata abituata a portarmi "altrove" passando attraverso le pagine di testi tradizionali, dai classici agli autori più noti del Novecento, opere teatrali come pure la saggistica di svariato genere. Ho imparato ad amare la lettura insieme a zio Stephen, "il Re", per poi andare avanti secondo il più naturale ordine degli eventi che animano la vita di un lettore: seguire l'istinto che domina la scelta, quando si è in procinto di allungare la mano e scegliere.
Il solo e unico libro Fantasy che abbia letto (se si esclude L'Orlando furioso e alcuni dei più noti poemi cavallereschi) è La bussola d'oro di Philip Pullman. Non male come primo approccio, ma nulla di significativo.
 
E alla fine è giunto il mio momento, dopo raccomandazioni urlanti di amici e colleghi, anche io, in groppa al mio nobile e scattante Super Mocio Duemila, ho abbandonato la vita che in realtà non mi apparteneva. All'alba dei miei trent'anni ho avuto la tanto attesa rivelazione, illuminante, salvifica: "non sono una Babbana!".
 Senza perdere tempo e senza chiedermi perché, certo dubitando continuamente che tutto potesse essere solamente un bellissimo sogno, ho preso il volo.
Biglietto solo andata, destinazione Hogwarts.
Inutile e necessario ribadire il talento di una donna, capace di rendere probabile la storia di un riscatto a favore di un ragazzino troppo sfortunato, destinato a vivere come babbano in condizioni inaccettabili. Perché la signora Rowling fa partire tutto da un incipit drammatico, non dimentichiamolo. I passaggi in cui lei descrive gli stati d'animo di Harry in quel ripostiglio buio, e l'atteggiamento della famiglia Dursley, sfiorano la violenza psicologica.
 
Parte l'avventura fantastica con una sorta di necessità avvertita dal lettore, quella di evadere e meritare una vita dignitosa. L'immagine del ragazzino mingherlino, con gli occhiali messi insieme alla meglio con nastro adesivo, segno delle botte di un cugino ciccione e arrogante, accompagna chi legge fino all'arrivo a Hogwarts. Incredibile, perché non appena Harry Potter raggiunge la scuola a cui è destinato, dunque la sua vera vita, sparisce l'immagine del ragazzino sfigato e maltrattato, e ad un tratto non pensiamo più al povero Potter, bensì a un piccolo mago destinato a diventare grande, forse il più grande di tutti. E cambia solo il sentimento di chi legge, perché la Rowling in realtà non cambia registro, la sua scrittura semplice e colorita porta subito alla verosimiglianza dell'impossibile, dà vita a quell'altrove fatto di miti e leggende, dove è possibile trovare l'alternativa a quella vita sbagliata.
 E per quanto ne sappia io, la magia i libri la praticano sempre. 
Con Harry Potter e la Pietra Filosofale inizia la mia nuova avventura. Un cappello parlante mi sussurra all'orecchio la parte della stanza più illuminata, più accomodante. "Mettiti lì", e io procedo senza ribattere.
Ad un tratto la tristezza ingiustificata del mio periodo complicato sparisce. Chissà di quale misterioso incantesimo si tratta - mi chiedo.
Mi sento come sospesa a "mezz'aria" (la Rowling usa questa espressione circa trenta volte nel primo libro), ed è come se tutto si trovasse esattamente lì. Nel posto giusto, dove deve essere: a mezz'aria.
 
"La verità è una cosa meravigliosa e terribile, e per questo va trattata con cautela".
Vero. Io per il momento però mi affido a queste pagine, sognanti, magiche, lontane dalla verità oppure tanto vicine da combaciare alla perfezione.
E vedo un gigante con tanto di barba a scongelare scope e provo un senso di tenerezza infinito.
Una strana cosa chiamata ricordella poi, abituata a riportarmi alla realtà, mi confida che posso continuare a guardare quel gigante buono, mi lascia libera di andare stavolta, o meglio, di restare.
Ancora un altro po'.
E io resto. Si sta così bene a mezz'aria.

 

venerdì 6 febbraio 2015

Il capitale umano

 

 
Dai toni caldi e esasperati, e dai sogni tenuti a fatica nel cuore della periferia di Roma, Paolo Virzì compie un passo decisivo, come uno stacco necessario, attraverso il quale tutto il baricentro della sua filmografia si sposta. Si sposta e provoca un netto sbalzo, permettendo così a se stessa di cambiare sfondo, rimanendo tuttavia saldamente ancorata all'occhio attento, bramoso di verità.
 
E l'occhio di Virzì scruta l'uomo e la donna fin dentro le viscere, apre le porte di una casa di lusso e permette a tutti di vedere come vive una famiglia altolocata, in Brianza. E fa lo stesso con la famiglia più modesta, collocata leggermente più in basso rispetto a quella del freddo Bernaschi. Nonostante il Dino Ossola di Fabrizio Bentivoglio ricordi una maschera della Commedia dell'Arte, sfacciato, opportunista, un po' ruffiano, il film è nell'insieme un dramma dal sapore noir.
 
Virzì procede lungo una suddivisione in capitoli, sono quattro in tutto, e ognuno di questi porta lo spettatore a ritroso, a partire da un prologo abbastanza evidente, verso la verità che spieghi una volta per tutte i fatti. L'intenzione è quella di mostrare come la morte accidentale di un perfetto estraneo, possa stravolgere le vite di due famiglie in realtà tanto diverse, eppure lacerate dagli stessi drammi interni. L'incomunicabilità, l'ipocrisia, i sorrisi bugiardi, il bisogno di apparire sempre senza un capello fuori posto. La disperazione che diventa sfacciata adulazione, la noia che annienta e i sogni che tornano alla memoria, in superficie, dentro la pelle.
 
 
Il personaggio di Valeria Bruni Tedeschi è emblematico in questo senso, una donna svuotata dal troppo rimbombante tra le pareti di una super mega villa con piscina interna e campi da tennis. La scema, la matta che aveva il pallino del teatro, quella che incontri per caso prima di una cerimonia e la vedi in macchina sola, gridare come se le stessero strappando il cuore dal petto. A fare da contraltare la donna interpretata dalla Golino, un po' troppo presa dalla sua stessa vita, in dolce attesa di due gemelle e all'apparenza svampita. Ma forse uno dei pochi personaggi positivi di questo dramma corale.
 
Il ritmo è serrato e segue, senza tradire l'attenzione dello spettatore, le storie dei protagonisti. Vivendo e respirando le corse e i pianti dei figli non più adolescenti, alle prese con la vita che non perdona, alle prese con le verità inconfessabili eppure così manifeste. Significativa la reazione del figlio dei Bernaschi, ragazzone alto coi capelli lunghi e imbronciato. Il muso e la distanza frapposta tra sé e la madre, appare agli occhi di lei come la conferma ultima di colpevolezza.
E quell'uomo entrato di notte in casa? E quel bacio?
 
 
Il dramma di una vita distrutta, quella del ciclista, si fa pretesto di un'analisi sociale e intima, in grado di smascherare ogni ragione, pensiero, gesto. E al di là della disgraziata sorte di un ragazzino nato sotto una cattiva stella, al di là dei malintesi e dei pregiudizi, rimane un solo ed unico dramma. Quello di una vita morta ammazzata ai bordi della strada, per la quale ci si chiede se sia grave o meno, per la quale ci si sporge in avanti, a vedere se è vivo oppure già "andato", con il solo e unico scopo di trovare un appiglio, che ci liberi, e che ci dia una bella ripulita alla coscienza.
Di quella vita, di quel poveraccio, rimane una cifra derivata da un calcolo mai abbastanza figlio della giustizia. Rimangono i tentativi disperati e ridicoli di uomini disposti a tutto, pur di veder fruttare i propri quattrini.
Rimane l'indifferenza di tutti, anche la nostra, di fronte a una donna che piange sola, la morte di un poveraccio, capitale umano di quarta o quinta categoria.
 
Ancora una volta, "Grazie Virzì".
 
 

mercoledì 4 febbraio 2015

Di Peppa Pig e altre storie - La Signora Coniglio

 
 
Dopo giorni di ingiustificata e ingiustificabile (nonché inspiegabile) assenza, torno a riempire queste pagine. Meglio o peggio, chi lo sa...
Periodi strani, ho provato a scriverne tempo fa e molti di voi hanno compreso il momento senza nemmeno chiedersi: "che fine ha fatto Olivia Pope - ehm, scusate, Valentina Orsini?".
Bene, torniamo a scrivere e proviamo a dare un senso a questo mercoledì piovoso. Ah, io aaamo il mercoledì!
 
La rubrica Di Peppa Pig e altre storie è stato un inspiegabile e clamoroso successo, tanto da ritrovarmela costantemente in vetta nella classifica degli articoli più letti e di conseguenza - deduco/immagino, amati da voi lettori. Così ho pensato di tornare a scrivere proprio con lei (ti piace vincere facile?), non so, è che la mia vita da blogger a volte si inceppa, ma la mia vita da mamma continua, scorre nonostante gli imprevisti come un fiume in piena, che non conosce ostacoli e inonda tutto ciò che trova. Ebbene vita da mamma è un po' sinonimo di "vita da sociologa/pedagogista", perché studiare tutti i giorni ciò che i bambini osservano e provare a capire dove sia l'entusiasmo o viceversa il rifiuto, arricchisce senz'altro un tipo di esperienza unica.
 
Guardando Peppa Pig, ovvero un cartone animato dai più deriso e scartato poiché banale, stupido e brutto, ho imparato a conoscere quei bisogni fondamentali di cui necessitano i miei figli, gli stessi che, alla stragrande maggioranza delle persone, sfuggono. Perché è stupido un padre panzone che salta nelle pozzanghere e ride con il resto della famiglia. Stupido è, vedere quella famiglia riunita, sempre, con irritante normalità - oddio la normalità!
 
Nel mondo di Peppa Pig tutto è fin troppo normale, e la nostra è quella generazione che condanna all'abbandono delle cose semplici, e obbliga alla follia, all'eccesso, alla trasgressione, a tutto ciò che NON sia normale. Eppure attraverso questo cartone così banale, si potrebbe quasi scrivere un trattato socio - pedagogico, in grado di divenire strumento prezioso del domani, che permetta ai posteri di studiare e conoscere i comportamenti della società odierna.
 
Da mamma e aspirante "ormainonsopiùnemmenoioacosa", non faccio che osservare con estrema attenzione le vicende che riguardano il mondo della maialina rosa più odiata e amata del pianeta.
Per una donna che ambisca alla conciliazione, ovvero a quell'utopica possibilità di mettere in pratica una vita fatta di famiglia e lavoro e pensate un po', persino passione, è quasi impensabile che non si conosca lei: la Signora Coniglio.
 
Chi è la Signora coniglio?
 
Immaginate una donna in grado di fare tutto. Una che trova il tempo di fare quel dannatissimo TUTTO. E io ci provo tutti i giorni a fare il mio piccolissimo tutto, e ci riesco quasi per miracolo, per un pelo, mentre mi affanno e mi tengo la testa sul collo a fatica. Casa, scuola, lavoro, supermercato, riunione lì, un problema improvviso di là, pediatra, febbre, farmacia, devo pagare quello, merda non ho pagato quell'altro ecc. ecc...
 
E invece la Signora Coniglio sapete cosa fa per campare?
Be' tutto.
La Signora Coniglio guida il pulmino della scuola, guida il camion dei pompieri, guida l'elicottero, lavora al supermercato, passa con il carretto a vender gelati, stacca i biglietti al cinema, al parco, fa il soccorso stradale, fa la sentinella notturna e interviene se qualcosa dovesse andar storto a chiunque e in qualsiasi momento. La Signora Coniglio è ovunque e fa tutto.
Ma come fa?
- Boh.
 
Cioè, un pochino me lo immagino e forse lo so, come fa a far tutto la Signora Coniglio.
Lo volete sapere?
Udite udite, donne soprattutto voi: "La Signora Coniglio non ha figli!!!".
 
Capito?
C'è poco da fare ragazze, se avete scelto la famiglia è probabile che voi continuerete a dannarvi l'anima nella ricerca della tanto ambita conciliazione.
E comunque non ci sperate, di fare come la Signora Coniglio intendo. Nel mondo di Peppa non ci sono tasse e non c'è la partita iva e non ci sono i contratti a chiamata e non c'è il praticantato che dura due anni e ti fa lavorare a gratise. Nel mondo di Peppa non si invecchia cercando esperienza da stampare insieme al curriculum vitae. Forse nel mondo di Peppa l'esperienza si fa e i mestieri si imparano davvero. C'è solo una cosa che un po' mi stranisce, il fatto di sapere che dovrò convivere con questo dubbio in eterno. Non saprò mai se la Signora Coniglio abbia davvero scelto liberamente di non avere una famiglia, tuttavia, c'è da dire una cosa.
La Signora Coniglio ha una sorella gemella, chiamata Mamma Coniglio.
Sorella gemella.
mmm...
 
Io sono mamma di due figli maschi, se avessi avuto una figlia però, non avrei preso bene il fatto che lei potesse farsi un'idea del genere guardando Peppa Pig. Avere di fronte due possibilità, nette e in perfetta antitesi. La Signora Coniglio e la Mamma Coniglio. Lavoro da una parte e casa e figli dall'altra.
Forse per la prima volta mi sono incazzata davvero guardando Peppa Pig.
Perché io mi batterò ancora per questo, e il mio mondo ideale vuole una Super Signora Mamma Coniglio!!!
 
*Anzi, miliardi di milioni di Super Mamme Coniglio.

 
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