giovedì 25 giugno 2015

Il bambino con il pigiama a righe

 
 
Lo scorso anno ho avuto la fortuna di riscoprire un piccolo capolavoro letterario come L'amico ritrovato di Fred Uhlman. In sole 92 pagine l'autore è riuscito a rievocare lo stato d'animo di uno dei periodi più neri della storia dell'umanità. Così come accadeva, con gli occhi persi e commossi, dinanzi all'opera di Uhlman, anche qui, ci si ritrova intrappolati dalla storia, dalla brutalità inconcepibile. Lo schermo riporta alla memoria l'orrore, come la carta e la storia fatta di ricordi narrati da un bambino.
 
Lo sguardo dell'innocenza trafitto dall'orrore. L'amicizia che parte per sua stessa natura, sbagliata e condannata a morire. In tutti i sensi.
 
Il regista inglese Mark Herman non sfrutta affatto i cliché, né tantomeno si abbandona a quella fastidiosa mania di fare il sentimentale o di cambiare rotta fino ad arrivare al mondo delle fiabe. Perché qui non è ammesso sognare, solo ricordare la storia e mantenere vivo lo schifo di cui solamente l'uomo è capace. Nonostante il cinema ci abbia più volte raccontato l'orrore dei campi di concentramento, dell'odio e di una Germania vittima e artefice di una violenza inaudita, guardare Il bambino con il pigiama a righe non vuol dire affatto rivedere il già visto.
Almeno, rivederlo sì, ma con addosso la piena consapevolezza che, le azioni degli uomini adulti, sono inevitabilmente le prime responsabili del futuro. E per futuro intendo quei bambini costretti a subire gli eventi guidati dai grandi. Penso a tutte le volte in cui ho guardato mio padre e silenziosamente mi sono chiesta "chissà se papà è una brava persona, chissà se sta facendo bene".
 
E quelle piccole domande ingenue e bambine, tornano alla memoria attraverso gli occhi di Bruno, il bambino protagonista del film di Herman. Il figlio dell'ufficiale nazista.
La storia della Germania degli anni '40 è ferma al confine, segnato da quel filo spinato che separa la vita dalla morte.
Ad un tratto le domande di Bruno cambiano, giocare in giardino non basta più. La voglia di conoscere la storia accresce fino a distruggere quella curiosità che è tipica dei bambini. L'umanità che resta tra le mani piccole, desiderose di sfamare e condividere una vita normale e degna, vengono travolte dalle scelte sbagliate dell'uomo accecato dalla rabbia e dall'odio.
Perché l'umanità davanti all'orrore è destinata a morire, e le conseguenze da pagare poi, potrebbero essere (sono) devastanti.
 
Non c'è una nota né un colore che resta, di questa terribile storia. Solo una macchina da presa statica. Inchiodata davanti all'orrore di una porta chiusa che sa di morte e dolore.
 
 

3 commenti:

  1. È il genere di film che guardo solo quando sto passando un periodo sereno e tranquillo, caricarmi di ulteriore "negatività" non ci penso proprio

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  2. Un bellissimo film...uno dei migliori riguardante la shoah

    http://pietrosabaworld.blogspot.it/

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