mercoledì 11 luglio 2012
"The Amazing Spider-Man": Hanno ucciso l'uomo ragno
No, Max Pezzali e gli 883 che furono non c'entrano nulla.
Si parla di “The Amazing Spider-man”, il tanto chiaccherato reboot dedicato al simpatico uomo ragno. Al timone di questo rilancio di un franchise già scandagliato da Sam Raimi appena 10 anni fa c'è Marc Webb (“500 giorni insieme”) che punta tutto su un cast di giovani promesse quali Andrew Garfield, Emma Stone e di vecchia scuola come Martin Sheen, Sally Field e Rhys Ifans. Nonostante le alte aspettative e il rischio del rilancio di un personaggio ancora fresco e vivo nei ricordi degli spettatori (Spider-man 3 è del 2008) il film si conferma un esperimento decisamente deludente..vediamo insieme il perché.
Salve! Sono Peter Parker! ...Lo sono?
Svecchiare la storia. Aggiornare il mito. Riscoprire le origini..narrare la cosiddetta “The Untold Story”. Ecco sono questi i presupposti usati come scuse dalla Columbia Pictures e Sony per non perdere i diritti sull'aracnide antropomorfo. Ma come rilanciare un personaggio che possa conquistare le nuove schiere di giovani e allo stesso tempo ricalcare le mode del momento?
Ero secchione e timido. Ora sono Hipster.
Peter Parker è un ragazzo liceale secchione, sfigato (per non abusare del termine Nerd) completamente timido e isolato..perso in formule chimiche e teoremi mentre qualche bullo decide di prenderlo di mira. Qui invece abbiamo un Andrew Garfield che si dipinge un Peter Parker Hipster e Outsider, capello Culleniano e Tavola da Skate. Fotografo dall'acuta sensibilità visiva, paladino dei deboli vessati dagli spacconi della scuola e, più semplicemente, un diverso. Un altro personaggio che pretende di indossare i panni del noto protagonista non rivisitandolo, ma riscrivendolo completamente snaturando anni di speranze di lettori che si immedesimavano in un ragazzo normale. Ci sono diverse sequenze in cui qualche povero secchioncello di turno si ritrova a subire le angherie del bullo Flash Thompson e ti viene da urlare “ora l'inquadratura seguirà quella comparsa picchiata,verrà morso da un ragno enorme e comincerà a volare tra i grattacieli di New York. No...non succede mai.
Garfield è anche un bravissimo attore a parere del sottoscritto (eccellenti le sue prove in “The Social Network” e “Non Lasciarmi”) ma è condizionato, pur se perfetto, nei panni di questo Peter Parker dalle lenti a contatto...sarebbe stato curioso vederlo nei panni del vero Peter.
Da Grandi poteri..derivano grandi complotti! No aspetta...
Proprio non la sopporto la maschera..mi fà calore!
Fin dai titoli di testa iniziali si capisce che siamo di fronte a quello che si può definire lo “Spider-man del complotto”. Genitori con segreti scomparsi (o forse no?) per motivi oscuri, zii che nascondono valigette dei suddetti genitori scomparsi e si scambiano sguardi silenziosi in cucina, serrature e porte che si aprono con la facilità di un “apriti sesamo”, impiegati indiani minacciosi, equazioni da incrocio di specie e buchi di sceneggiatura formano il più grande complotto di questo film: ma perchè? I personaggi come la storia ingranano senza un vero scopo motivazionale, alla scoperta di qualcosa che sembrano già sapere per infusione divina sul versante cosa fare e come farlo. (“Sai prepare un siero anti lucertola? Eccerto! Mi chiamo Gwen Stacy!)
Gwen Stacy. La gnocca che non sapeva di esserlo.
Emma Stone interpreta la prima storica fidanzata del Peter Parker cartaceo, figura iconica e tragica che porta molte responsabilità al protagonista molto prima della rossa e provocante Mary Jane Watson. Il personaggio si ritaglia un piccolo ruolo di donna dell'eroe e controparte della teen-story del film. Peccato che si finga una gran secchiona tutta libri e stage alla Oscorp quando lo spacco tra gli stivaloni e l'onnipresente minigonna sembrano dire tutto tranne quello che la patinata storia voglia trasmettere. I due personaggi si innamorano quasi per partenogenesi, sedotti da esigenze di incalzante sceneggiatura che invece di portare naturalezza nella storia conduce ad ulteriori stravolgimenti nella caratterizzazione di Peter, ormai completamente perduto. Memorabile esempio in tal senso la scena del
“Baci davvero bene.Te lo hanno mai detto? Dai lasciati andare...”. E il giovane Parker si rigira nella tomba dei reboot.
Lizard, la lucertolona dalla parlata ridicola.
Nello Spider-man dell' Untold Story si è optato per un Villain inedito rispetto alla trilogia di Sam Raimi..sempre nella speranza di allontanarsi da quanto è già stato fatto e raccontare qualcosa di inedito, continuo monito dell'intera pellicola.
Ecco quindi che si opta per il dottor Curt Connors, interpretato da Rhys Ifans, amico del defunto/scomparso/nascosto Richard Parker che insieme inseguivano l'ideazione di un siero in grado di rigenerare cellule e curare gravi menomazioni e malattie. Il figlio Parker assetato di verità va alla ricerca del dottore dopo aver trovato indizi nella valigetta del complotto e, grazie agli appunti del padre e al contributo di quello che definirò il Ragno di Fibonacci, riesce a risolvere la misteriosa equazione che darà vita al miracoloso siero. Il Dottor Connors viene spinto alla sperimentazione umana e si tramuta nel lucertolone antropomorfo Lizard (ma il suo nome non viene mai rivelato nel film) che si muove in una New York come se ci si trovasse nel Jurassic Park di Spielberg o in un film di Godzilla. Sulla riuscita grafica della lucertola preferisco non esprimermi (motion capture? Seriously?) ma su i combattimenti c'è molto da ridire. Troppo brevi e concentrati per essere davvero appassionanti e belli da vedere. Salvo forse il combattimento all'interno del liceo..anche se si sarebbe potuto fare molto di più. Quanto la caratterizzazione dell'uomo rettile siamo davvero a livelli elementari, del tipo fuoco cattivo albero buono. Così come la maggior parte dei personaggi il villain si muove quasi senza un vero scopo preciso, monta un attacco a New York su due piedi e sviluppa una bipolarità sempre campata in aria per spingerlo verso il confronto con Spidey. Ma è tutto così frastagliato da buchi di sceneggiatura colossali da risultare poco credibile. Poi se gli concediamo frasi ridicole con voce deformata mentre è in stato di rettile assassino allora ci diamo la zappa sui piedi. Ma forte.
Zio Ben e la ricerca dell'assassino
Come tutti sanno il momento catartico nella formazione da Peter Parker a Spider-man è la morte di Zio Ben. Martin Sheen è davvero bravo, c'è poco da dire. Come mette piede in scena si mangia tutti meglio di come farebbe Lizard.
Il discorso sulle responsabilità è deviato e filtrato da una segreteria telefonica e dall'onnipresente passato dei genitori..e ci stà anche! E' proprio nel confrontarsi con questo rapporto che il film ci regala le sue parti migliori a mio avviso, che sarebbero potute essere molto più approfondite e sviluppate..ma bisogna proprio accontentarsi di quello che ci offre la sceneggiatura.
Il problema della ricerca dell'assassino dello zio domina la prima parte del film, tant'è che sembra fare di Parker un vendicatore sulla scia del Dark Knight della Dc Comics. Salvo poi dimenticarsene completamente. Nel bel mezzo del proseguire del film anche lo spettatore, insieme al protagonista se ne dimentica. La continua ricerca di un dannato tatuaggio a stella sul polso del criminale colpevole si rende protagonista dei primi passi del nostro eroe salvo poi cadere anche lui negli ENORMI buchi di sceneggiatura di questa pellicola. Ok molto di voi penseranno “ce lo faranno vedere nel seguito”. Anche io l'ho pensato..quando ho fatto mente locale e ho notato durante i titoli di coda che questa sottorama è rimasta irrisolta (per non dire messa da parte..)
La regia di Marc Webb è per forza di cose diversa e più debole rispetto a quanto offerto dalla precedente trilogia di Sam Raimi. Si cercano toni differenti, più adulti e volutamente più dark ma si cade rumorosamente nel tentativo. Non basta girare sequenze in notturna e oscurare la fotografia per avere uno Spider-man alla Nolan e realistico..se poi si fanno pronunciare frasi da beota al protagonista come “Ehi! Guardate! Guardate come mi dondolo!!” allora ci prendiamo in giro. Forse la piega reale se la cava meglio con i lividi nascosti nel cappuccio (che ci vogliamo fare..l'hanno fatto outsider!) e nei dubbi della fin troppo giovane Zia May. Per il resto ragnatele comprate su internet e lucertoloni parlanti mandano in vacca tutto verso gloriosi pascoli. Come ampiamente sottolineato la sceneggiatura ha più buchi di una fetta di formaggio Emmenthal (Sieri partoriti in 20 secondi, Peter che gira alla Oscorp come se fosse il suo bagno, Branzini vari, tatuaggi a stella, proiettili in una gamba dimenticati una volta a casa, promesse fatte in punto di morte mandate in vacca dagli ormoni di Emma Stone) ma un altro fattore aggravante è la resa anonima della città. Fondamentale nel caratterizzare un supereroe, la città di New York in “The Amazing Spider-man” è assolutamente anonima, irriconoscibile, mai citata ne verbalmente ne visivamente, presente solo sotto forma di Gru della classe operaia che agisce in una perfetta coordinazione e a scatola chiusa così, sulla fiducia (sono ricaduto in un altro buco della sceneggiatura..scusate!).
Insomma, questo nuovo Spider-man sfrutta l'aggettivo “Amazing” quando di Amazing ha davvero poco se non nulla. L'operazione suona come un invito alle generazioni di oggi ad accogliere lo Spider-man fatto su misura per loro, cercando allo stesso tempo di strizzare l'occhio ai vecchi fan e allo zoccolo duro degli aficionados dei comics. Si lasciano in sospeso parecchie storyline con l'intento di rendere questa prima avventura un canovaccio in cui si è voluto stiracchiare a forza le origini del nuovo eroe per il lancio di un eventuale nuova saga. Di sequenze e trovate interessanti ce ne sono ma l'aver letteralmente ucciso il vero Peter Parker ed averlo sostituito con un personaggio del tutto nuovo ed estraneo è davvero troppo da sopportare per chi scrive. E diffdate da quelli che dicono che questo è lo Spider-man della versione Ultimate della Marvel...è una menzogna detta per rincarare le casse delle vendite dei comics.
Scritto da Matteo Novelli
Messa in quadro, il blog di Matteo
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