Mondocane segna l'esordio alla regia di Alessandro Celli, autore e regista romano molto legato ai ragazzi e alle tematiche sociali. Basti pensare a Braccialetti rossi, di cui è stato aiuto regia, oppure alle serie tv Jams, prodotta da Stand By Me per Rai Gulp, e I Cavalieri di Castelcorvo.
Alessandro Celli si presenta al pubblico come un regista decisamente ambizioso, e il primo lungometraggio, vanta il fascino di un film non per forza impeccabile, ma necessario.
La storia di Mondocane è terribile, e non lasciatevi ingannare dalle presentazioni più gettonate che ne fanno un film distopico e post apocalittico.
Non è una dark novel, seppure a livello cinematografico, ma puramente visivo, potrebbe esserlo.
Quella dell'Ilva, l'acciaieria più grande d'Europa, è una storia VERA.
La storia di questi bambini sperduti, allevati da una "Testacalda" che si muove a metà tra il Peter Pan di Spielberg e il Bane di Nolan, racconta una Taranto fantasma, divisa per classi sociali, abbandonata al suo destino. Una favola neorealista che intreccia il visionario al romanzo di formazione, dove questi "randagi" sognano di diventare criminali, perché forse è la loro migliore occasione.
Il film riflette il lato più oscuro dei nostri tempi, e non parlo solamente della denuncia a sfondo ambientalista. Vedi questi ragazzini, disgraziati, esili, sporchi, soli come cani, che camminano sulla spiaggia portando una croce sulle spalle. Un trofeo che gli ha consegnato il loro unico amico, il mare.
Non sanno nemmeno cos'è, e quei sorrisi appena accennati, quell'innocenza che la vita gli ha strappato via troppo presto, rigano lo schermo con quel fare che è tipico dei bambini.
Così veri, così malleabili.
Sono loro, i veri, grandi, protagonisti del film. Giovanissimi e pieni di talento, Dennis Protopapa, Giuliano Soprano, e la bellissima e intensa Ludovica Nasti. Credo che loro abbiano la forza autentica di gridare contro il mondo, oggi più che mai. Mentre cerchiamo ancora a fatica di uscire da una pandemia che ha stravolto le nostre vite, i nostri figli non hanno nemmeno detto la loro, non si sono potuti nemmeno incazzare, non hanno potuto combattere con niente, perché questo mondo è così bastardo.
Ci sono lockdown che durano da troppo tempo, ci sono nemici più cattivi e mortali di un virus. Questo forse è il messaggio più forte del film.
Un film che non sempre ti dà la possibilità di capire dove stia andando, perché io ho avuto questa sensazione. Non lo so se vuole essere un docu film, un film denuncia, una storia vera, una "favolaccia" che non vorresti nemmeno sentire, ma devi. Ma sono felice di averla vista, ascoltata. Sono felice che qualcuno me l'abbia raccontata.
Sono felice di aver visto un Alessandro Borghi così umile e allo stesso tempo grande, un gigante in mezzo ai bambini che si fa piccolo, che sceglie i toni recitativi più sommessi pur di non togliere la scena ai giovani attori.
Per concludere, Mondocane è una favola che parla di come muore la speranza, di come siamo colpevoli tutti, di come il destino a volte, fa più male di ogni altra cosa.
Ma il cinema, quello vero, scardina tutti i piani, a volte.
Il cinema batte il destino.
Il cinema, è libertà.
P.S.
Mondocane mi ha riportato in sala dopo tanto, troppo e insostenibile tempo. E' stata una grande gioia, quasi come la prima volta.
Al Cinema Adriano di Roma, poco prima che si spegnessero le luci, in quella penombra di cui inalavo gli odori, tutto, ho ricominciato a correre verso lo schermo, a sentirmi una spettatrice.
Viva.
Piena di entusiasmo.
Piena di me.