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Tv e divulgazione: Alberto Angela e quella "chiamata da Londra"


Dopo lo speciale "La Sicilia di Montalbano", Alberto Angela torna con "Ulisse, il piacere della scoperta", su Rai 1, proponendo quattro episodi dedicati a personaggi illustri e luoghi incantevoli.

La storia del divulgatore che ama raccontare il passato, scegliendo con cura le parole più semplici per rendere accessibile a chiunque la complessità della storia, dell'arte, di ogni ramo della conoscenza, è nota e molto cara a tutti noi. Come potrebbe, d'altronde, quel sentimento tanto nobile come la gratitudine, non essere comune a ognuno di noi quando parliamo di Alberto Angela?

Un "ricercatore prestato alla televisione", si è definito lui stesso in questi termini, ebbene, io direi una ventata d'ossigeno puro e una luce che scalda e fa vibrare il desiderio di conoscenza. In questi tempi freddi e sciatti, poveri di pensiero critico e di quell'amore curioso nei confronti del mondo che rese grandi e immortali gli uomini e le donne del passato, Alberto Angela appare all'orizzonte sotto una luce abbagliante, un equilibrista che cammina lungo quella linea sottile che separa il deserto della rassegnazione dal verde rigoglioso della speranza.

Mi sono sempre chiesta come si possa fare divulgazione sfruttando il mezzo televisivo, quel contenitore che oggi appare vuoto di contenuti e paradossalmente pullula di programmi di ogni genere.

Chissà quanti di noi davanti alla tv trovano il coraggio di chiedersi: "Cos'è che mi piace davvero?"

Chi se lo chiede spesso, quasi sempre deve fare i conti con un'amarissima delusione, perché se è vero che si finisce per plasmare la propria vita e la propria personalità anche attraverso ciò che si guarda e allo stesso tempo intrattiene, ahimè, il risultato è sconfortante.

Eppure, nonostante sia arrivata in ritardo rispetto ad altri paesi europei (erano gli anni del secondo dopoguerra), la nostra televisione delle origini incarnava una vera e propria missione educativa. Al diavolo i dati d'ascolto e il consenso del pubblico, la televisione deve soprattutto "educare"!

Pensiamo alla rubrica del professor Cutolo del 1954, "Una risposta per voi", "Passaporto" di Jole Giannini, la trasmissione "Telescuola" fino a "Non è mai troppo tardi" di Alberto Manzi. Nel 1975 viene creato all'interno della Rai il DSE (Dipartimento Scuola Educazione) proponendo vari programmi a scopo educativo (quello che poi negli '90 è diventato Rai Educational - sapevatelo!), a seguire Rai Scuola, Rai Cultura e così via (senza citarli tutti).

Insomma, siamo giunti ad oggi con un vastissimo catalogo a disposizione, abbiamo palinsesti dinamici che variano al variare delle nostre preferenze, siamo alfabetizzati (lo siamo?), abbiamo una varietà infinita di media e strumenti a disposizione per poter accedere ad ogni tipo di contenuto, in qualsiasi momento, in qualsiasi posto (possiamo vedere un film o una serie da uno smartphone mentre viaggiamo in treno).

Che è un po' come dire: "La scelta è solo tua!"

Siamo noi a scegliere cosa guardare, come permettere alla tv di plasmare la nostra personalità, le nostre abitudini domestiche, individuali, collettive. Oggi siamo circondati di possibilità, possiamo fare tutto, eppure a volte ci sembra che sia più facile arrendersi e dare la colpa a ciò che fa tendenza, ai modelli sociali - che sì, contano - pesano, ma si possono anche contestare!

Dietro la scelta c'è sempre una contestazione, quando è quella giusta.

Gli italiani lunedì scorso hanno scelto di guardare la seconda puntata di Ulisse, Sulle note di Londra (battendo il reality The couple condotto da Ilary Blasi - vivaddio!)

Hanno scelto di intrattenersi con la conoscenza, di affidare il loro prezioso tempo familiare di un lunedì sera stanco e anonimo a quel ricercatore prestato alla tv, quel fiume in piena che ti porta dentro Londra attraverso i luoghi più iconici, gli aneddoti, la storia, il cinema, lo sport, la musica. In poco più di due ore Alberto Angela ci porta a spasso per Londra, svelandoci come dietro ogni luogo, ci sia la storia di un brano, di un artista o di una band, che hanno fatto la storia della musica. Cresce in noi quella strana nostalgia provata nei confronti di ciò che non si è vissuto, come quel concerto a Wembley il 13 luglio del 1985... 

Sono davvero tante le storie che ci racconta Angela, tanti i volti e le voci indelebili di chi ha segnato un'epoca e tutte le generazioni a venire: The Beatles, David Bowie, Elton John, Coldplay, Queen, Pink Floyd, Oasis, The Clash, Sex Pistols, le Spice Girls, Amy Winehouse e molti altri. Storie dedicate a volti iconici del Regno Unito e del mondo intero: quello di Lady D., della regina Elisabetta II, della regina Vittoria e del marito Albert e della Royal Albert Hall, dello studio due agli Abbey Road Studios, di Camden e del Punk, di tutti i modi che hanno gli inglesi per dire "pioggia", dei Double Decker, di Notting Hill, di James Bond e di come non sia un caso che in inglese brano si dica "track" (traccia).

Si accenna anche alla storia di un brano manifesto del Punk "London Calling" (1979) dei Clash, che venne usato (a sproposito) per le Olimpiadi di Londra del 2012. Perché a sproposito?

Perché in realtà la canzone non aveva affatto l'intenzione di invitare il mondo a visitare Londra, quasi ipnotizzato dalla seducente chiamata della capitale inglese. 

Niente di tutto ciò.

London Calling - qui è Londra che trasmette - era un'espressione usata durante la Seconda Guerra Mondiale per aprire le trasmissioni radiofoniche della BBC di quel periodo. I Clash quando hanno scritto questo brano, non solo pensavano a quel terribile momento storico, ma invitavano i giovani a ribellarsi a quell'immagine di Londra frivola e turistica, la Londra degli '60. Dunque, le Olimpiadi, rappresentavano esattamente ciò che i Clash volevano contestare attraverso la musica.




In conclusione, a proposito di tv e divulgazione, Alberto Angela incarna quel miscere utile dulci tanto caro a Orazio, traduce in linguaggi sempre nuovi e comprensibili la storia degli uomini e, stavolta, è riuscito persino a tradurre l'intraducibile; che non si può afferrare, perché non è tangibile come un sito archeologico, un monumento, un quadro.

La musica si disperde nell'aria, svanisce, non ha un corpo né materia. 

Eppure è sempre lì.

Una traccia, un ricordo custodito per sempre.


Commenti

  1. Ci vogliono più programmi divulgativi, la TV negli anni è molto peggiorata.

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    1. Mi trovi d'accordo, ahimè. Però continuo a credere che la differenza la facciamo sempre noi, le nostre scelte, le nostre consapevolezze su ciò che vogliamo e non vorremmo mai. Forse i nostri nipoti avranno una tv migliore, e magari la cosa dipenderà da noi e da uomini colti e appassionati come Alberto Angela. Non molliamo!

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