giovedì 21 febbraio 2013

A.C.A.B.


All Cops Are Bastards, ovvero "i poliziotti sono tutti bastardi". Questo grido di battaglia nasce negli '80 ed era il titolo di un brano del gruppo inglese, noto come i The 4-Skins. Ovviamente questi, erano skinheads e il loro pezzo ebbe tanto successo da diventare slogan della cultura skin. Da questa figura, emersa in Gran Bretagna negli '60 e associata immediatamente alla cultura degli Hooligan inglesi, prende forma,  un vero e proprio culto per gli ultras di ogni tifoseria o appartenenza politica.

Stefano Sollima parte da qui e, soprattutto, dal libro omonimo di Carlo Bonini, per poter realizzare "finalmente" il suo primo lungometraggio. Dico finalmente poiché ci si aspettava qualcosa "di più" prima o poi, da uno che aveva iniziato a stuzzicare la nostra attenzione, con la serie televisiva, Romanzo Criminale. Al di là del valore insito nel cognome, ricordiamo infatti che Stefano è figlio del Sollima (Sergio), papà di Sandokan, nonché autore di pellicole noir come Città Violenta, e western dal grido politico come La resa dei conti, Faccia a faccia. Dunque Sollima figlio, oggi non delude e non potrebbe dirsi altrimenti. Questa, che sembra una presa di posizione, credetemi, è solamente una via che aiuti a esorcizzare gli effetti pungenti e assordanti, che arrivano dritti allo stomaco, proprio come il fischiettare di Cobra/Pierfrancesco Favino.


Cobra, Negro e Mazinga (rispettivamente Favino, Filippo Nigro e Marco Giallini) sono i protagonisti di questo dramma diretto da Sollima, uscito nelle sale nel 2012. Questi uomini sono celerini, fratelli, bastardi e tutto ciò che bene si adatta all'idea di un gruppo di uomini col manganello in mano, disperati tanto quanto lo stato che vorrebbero difendere/sconfiggere. Pronti a  tutto pur di onorare la divisa che indossano, i principi di fratellanza, anche se questo significa spaccare la faccia indistintamente, solo perché quella violenza che gli dà da vivere, sembra ormai l'unica via di fuga da un mondo corrotto e impazzito. Il coraggio di Sollima emerge fin dagli sguardi "smascheratori" della macchina, quando spoglia i tre protagonisti di fronte alle loro debolezze. Ognuno di questi uomini vive infatti una vita frantumata dai problemi personali. Negro alle prese con una moglie che gli nega la bambina e di conseguenza, la difficile gestione di un divorzio, fatto di liti e soldi rinfacciati a vicenda. Mazinga prima di essere il celerino più anziano è il padre di un figlio che non riesce a seguire, un figlio che vede il padre solo come il poliziotto infame che si diverte a pestare i giovani allo stadio. Forse la figura di Mazinga appare come la più drammatica, perché va a toccare i drammi esistenti in casa, in famiglia. Quando tra persone dello stesso sangue non esiste dialogo, solo disprezzo e rancore. Non è da meno l'asfissiante situazione di Cobra, leader della squadra. Quello più esaltato, fomentato e intrappolato nelle sue stesse idee malate che lo portano a credersi giustiziere del mondo, solo perché non c'è scrupolo che tenga di fronte ai principi della celere. 


Una Roma raccontata dal di dentro, in quello squarcio di una città allo sbaraglio, anello più debole di una società a un passo dal baratro. Sollima si fa narratore e si presta al racconto senza mettere un punto di vista chiaro e "catalizzatore". La sua missione è arrivare fino al cuore della questione. In questi termini vediamo un film che senza filtro, mette in scena le assurdità quotidiane con le quali si confrontano i celerini, protagonisti e vittime delle loro stesse storie. Il mondo si spacca in due, da una parte il poliziotto che col manganello in mano vuole mettere ordine e punire i cattivi. Dall'altra gli indisciplinati, i ragazzi che si divertono a sfasciare le macchine la domenica mentre vanno allo stadio, quelli che vivono la loro vita al ritmo di un inno inquietante e più fastidioso di un fischio all'orecchio continuo. Non c'è un vero eroe nella storia di Sollima, nessuno si salva e nessuno è disposto a trovare la forza che lo aiuti a farlo. 


Il solo messaggio di speranza può intravedersi nella figura della giovane recluta Adriano (Domenico Diele promette a pieni voti, di arricchire il firmamento italiano), quello che fin da subito fa fatica ad abituarsi allo stile di vita dei celerini. Il ragazzo che Cobra all'inizio sembra voler mettere sotto l'ala, lo osserva e in più di un'occasione cerca di impartirgli lezioni che lui stesso, purtroppo, non ha ancora imparato. Alla fine però Cobra perde anche qui, in quella che avrebbe potuto essere la sua prima "vera" vittoria. Adriano volterà le spalle ai fratelli e lo fa stavolta con le idee più chiare. Perché ora la risposta, la giovane recluta ce l'ha: volevo fare la guardia perché è un lavoro onesto

8 commenti:

  1. cinema italiano dignitosissimo , io che mi aspettavo una specie di agiografia del celerino mi sono dovuto quasi ricredere...

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    1. L'ho visto con la stessa "paura". Ed è stata una piacevole sorpresa. Un film duro e crudo, senza mezze misure. Tanto da farmi credere che sarebbe stato apprezzato anche da un certo P.P.Pasolini...=)

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  2. è piaciuto abbastanza anche a me, quando si vuole anche in italia si possono fare bei film:)

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  3. che è? ti stai specializzando nei film con favino? :)

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    1. Uahahahah, può darsi sia scattato un qualcosa di incontrollabile. Che devo fà??? :-D

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  4. Mi è davvero piaciuto. E goduria più grande, sto collaborando con uno degli sceneggiatori [Leonardo Valenti] per un progetto ;) pappappero!

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  5. mi aspettavo di molto peggio... per essere un prodotto italiota diciamo che mi sono accontentato.

    anche te un blog di cinema? figo! ti addo tra i mie followers, passa a fare un salto dalle mie parti, ti aspetto! ;)

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