Diciamo che il titolo inganna, lo dico per esperienza personale.
"Questo Missiroli avrà romanzato gli impulsi primordiali e le porcate tipiche degli uomini", ho pensato. "Sai che palle!" - ho ribadito.
Sì, da vera stronza femminista quale sono.
Tuttavia, di quell'osceno dichiarato a partire dal titolo e da una copertina per niente equivocabile, un dettaglio mi rassicurava e, al contempo, mi seduceva.
Il luogo privato.
Ho deciso di leggere il libro di Marco Missiroli perché volevo delle risposte: "Cosa intende l'autore per luogo privato?"
La paura iniziale, ovvero che il tutto riconducesse a una serie infinita di pompini e imprese onanistiche da urlo, l'ho superata dopo circa cinque secondi che ho iniziato a leggere.
Missiroli, inizia con la storia dei pompini, vero. Ma nella stessa pagina ci sono i cappelletti in brodo.
Non è mica un caso. L'ho capito subito.
Atti osceni in luogo privato è un romanzo intimo e per niente osceno. Bisogna uscire dal quadrilatero dei termini convenzionali, per capirlo.
La storia di Libero esplode dal trauma infantile che vede una madre adultera, e procede sotto il segno del sesso e dell'autoerotismo come cura ineluttabile contro il male di vivere, per superare l'invisibilità dell'adolescenza, fino ai tradimenti dell'età adulta.
Libero è un ragazzino dalle guance paonazze e dal cuore in fermento, che sta lasciando l'infanzia per addentrarsi nei primi tumulti dell'adolescenza. Il trasferimento a Parigi, il liceo, quel sentirsi incompleti, le prime amicizie.
"Andai in bagno e trattenni il pianto, quando uscii mi trovai di fronte Antoine Lorraine. Mi fissò. - Ci abitueremo, non ti preoccupare - mi appoggiò una delle sue manone sulla spalla, - Sei italiano?
- Per metà francese.
Anche lui era a metà. Congolese e parigino. Un nero con la erre moscia e una sana concretezza, - Le ragazze buone sono nelle classi avanti. Occhi aperti.
Trovai così un amico. Eravamo due metà che avrebbero fatto un intero".
Di quei cappelletti in brodo, ho preso il profumo di madre e la nostalgia dei tempi andati. L'impotenza dinanzi agli eventi che fanno una vita, un padre strambo e la sua solitudine, e la voglia di proteggere l'uno e punire l'altra. La madre che ha sfasciato una famiglia, l'utero che fa più danni di Dio, della sua poca pazienza, dei suoi castighi.
A un certo punto Libero capisce che della vita, bisogna mantenere intatta la purezza, quel candore che fa rosso il viso di imbarazzo, un colore legato alla paura della prima volta. Ma è altrettanto importante mantenere l'indecenza.
Il Libero bambino poi diventa ragazzo, poco più maturo, e scopre che dal candore si passa ad ammettere il lato insospettabile di ognuno. Il sesso che prima era solo un vanto da osteria, un bisogno, uno sfogo che ci fa bestie e fin troppo umani, diventa ora bellezza condivisa, che lega un uomo e una donna.
E se l'amore vuole l'osceno, che chiama le storie della letteratura, del cinema e le righe di un poeta, allora è giusto il compromesso.
Siamo essere umani, siamo isole senza mare.
E Missiroli è fin troppo bravo a rendere questo stato d'animo. La sua scrittura scorre fluida e senza freno, ed è bella per questo. Perché non si ferma davanti a niente, è indecente, ti fa rabbia e ti fa tenerezza. Ti spoglia e ti rimette al mondo, come i libri con Libero e tutte quelle storie che a un certo punto diventano trama del romanzo.
L'autore arricchisce il suo stile con citazioni che portano il lettore ad amare il suo protagonista, la sua vita, la sua oscenità. Ed è una bella trovata, di uno scrittore paraculo, certo, ma se non altro autentico.
Il luogo privato è l'utero, e pure l'odore del forno acceso.
I cappelletti.
La ricotta e il limone. La noce moscata.
E l'osceno è la vita.
Mi sono data queste risposte.
Chi legge Missiroli per la prima volta sarà quasi sicuramente soddisfatto, mentre per chi ha già letto i suoi libri potrebbe accusare un po' di delusione. L'argomento è difficile e nei meandri del sesso nascosto tra ricotta, forno e cappelletti, la mia impressione è che affievolisce quella che è la sua caratteristica principale, vale a dire la parola tagliente.
RispondiEliminaTu sei deliziosa, affascinata e quasi emozionata nel recensire questo romanzo. E' bello leggere chi scrive bene.
Ciao Valentina.
Ciao Gus. In effetti è il primo libro di Missiroli che leggo. Mi trovi comunque d'accordo sul discorso della parola tagliente, perché in un certo senso era quello che mi aspettavo da questo libro. Basandomi solo sulla prima impressione, forse il titolo, e senza aver letto mai nulla dell'autore. Ma questo non mi ha delusa, anzi. Credo il contrario.
RispondiEliminaGrazie del bel complimento!
Io sono Gus O. e il puntino sulla O ha un seguito, 'nzomma sono Orsini, oppure dovrei esserlo. Ora domando s Google.
RispondiEliminaCiao.
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