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Rosella Postorino, Le assaggiatrici



Ho deciso di leggere questo libro non appena mi è giunta la voce di una storia ambientata nella campagna tedesca, più precisamente nel quartier generale di Hitler, durante la Seconda Guerra Mondiale. Una storia molto al femminile, a partire dal titolo e dalla copertina.
Un libro che parla di un gruppo di donne recluse in mezzo alla foresta, in una mensa forzata a mangiare cibo che potrebbe essere avvelenato, e che potrebbe uccidere il Führer.
La sua ossessione, la paura di morire avvelenato, fa da trama narrativa a un romanzo storico del tutto atipico, poiché scardina in un certo senso gli archetipi del genere.

Ispirandosi alla vera storia di Margot Wölk, assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf, l'autrice indaga soprattutto le pulsioni più intime della protagonista e delle altre donne coinvolte in questa parentesi storica che, sempre di più dalla prima all'ultima pagina, diventa emblema della coscienza umana. 
A differenza del classico romanzo storico, infatti, il libro di Rosella Postorino, riesce a trascinare il lettore in un dramma che da intimo e personale finisce col travolgere tutti.
La storia, quella che siamo abituati a studiare sui libri (c'è da dire inoltre che di questa vicenda se ne è parlato pochissimo, almeno per quanto riguarda la mia cultura), ad un certo punto vuole mettersi da parte per dare spazio alla fragilità dell'essere umano, delle difficoltà che travolgono l'anima e la mente in situazioni estreme, tragiche, come lo è appunto quella del libro in questione.

Rosa Sauer, la protagonista, riesce a sopravvivere alle brutture della storia, ma il suo profondo senso di colpa, legato ai suoi tre pasti al giorno mentre il resto del mondo moriva di fame, legato all'amore tradito nei confronti di un uomo disperso in guerra, a un desiderio che nonostante tutto il male e l'orrore intorno, ancora la smuove, la tiene in vita, fanno sì che la sua "fortuna" diventi al contempo condanna.

"Ma chi avrebbe mai preferito la vita eterna alla sua vita qui sulla terra? Io no di certo.
Ingoiavo il boccone che avrebbe potuto uccidermi come fosse un fioretto, tre fioretti al giorno per ogni giorno della novena natalizia. Offri al Signore la fatica dei compiti, la tristezza per il pattino che si è rotto o il tuo raffreddore, diceva mio padre, quando la sera pregava con me.
Guarda quest'offerta, allora, guardala: offro la mia paura di morire, il mio appuntamento con la morte rimandato da mesi e che non posso annullare, li offro in cambio della sua venuta, papà, della venuta di Gregor.
La paura entra tre volte al giorno, sempre senza bussare, si siede accanto a me, e se mi alzo mi segue, ormai mi fa quasi compagnia".

Sono numerosi i momenti in cui Rosa si interroga sul complicato ruolo che la vita le ha riservato, e che la storia ha portato poi allo stremo, a una condizione esistenziale che ha del paradosso.
E nonostante ciò, la vera luce che traspare da queste pagine, da questa miscela perfetta di storia e invenzione, proviene proprio dai momenti più intimi della protagonista, dalla sua autentica bellezza concepita nel desiderio e nella giovinezza, nell'attaccamento alla vita e alle passioni.
Quelle che, ancora oggi, potremmo definire le armi più potenti per vincere la guerra.
Qualunque essa sia.


Commenti

  1. Hanno parlato in molti di questo romanzo commovente di Rosella Postorino rientrata tra i cinque finalisti del premio Campiello 2018 che sarà aggiudicato nel Teatro La Fenice di Venezia il 15 settembre e trasmesso in diretta su Rai5 e su Rai Italia.

    Abbraccio Valentina.

    RispondiElimina
  2. Ciao Gus, è stato davvero toccante il suo riuscire ad umanizzare la fragilità dell'essere umano, in un periodo storico tra i più tristi che possiamo ricordare.
    Davvero una bella lettura.
    Un abbraccio e a presto.

    RispondiElimina
  3. Rosella Postorino vince il Premio Campiello 2018

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