martedì 30 aprile 2013

"Se ti laurei non vali". Le storie di un'Italia moderna.


Finisce sempre così, ci si ritrova a scrivere per sopravvivere, per legittimare quasi, la propria esistenza. Per giustificare agli altri questo disagio eterno col mondo intero. Disagio poi, chi può dirlo? Diventa sempre più complicato stabilire "chi" è inadeguato in questo gioco a più parti, oppure due. Tu e il mondo. A un certo punto ti ritrovi a metabolizzare storie tanto assurde quanto reali. E ripensando a tutte queste storie poi ti rendi conto che non hai molte alternative. Nel senso che, puoi permettere che queste ti annientino completamente, che ti buttino a terra, e amen. Oppure puoi prenderle, raccontarle ed esorcizzare tutto ciò che di inverosimile e vomitevole esse rappresentino. La situazione ovviamente si complica, dal momento in cui il soggetto in questione sei "tu". Non parli in terza persona, racconti quello che ti capita, che ti affligge e che ti fa incazzare, soprattutto. Oggi, è una giornata come tante o forse no. Ma è di sicuro una di quelle giornate in cui prendere il computer e battere le dita sulla tastiera, diventa quasi indispensabile, vitale. Ho deciso che di tanto in tanto racconterò una storia, non per forza che mi riguardi direttamente. Storie di un'Italia moderna, così chiamerò questa sorta di "rubrica maledetta." Questa di oggi parla di me. Parla per me.

E alla fine di tutta questa grande farsa sai che c'è? C'è che per fare l'addetta alle vendite in un supermercato tu, evidentemente, non potrai mai andar bene. Eh già. Vedi la tua Laurea è un problema. Pare dicano proprio così: "Vede, la sua è un'impostazione troppo letteraria, non pensiamo possa piacerle questo tipo di lavoro". Dunque è questo il problema? Questo vuole l'Italia da me? Ma io lo sai quanto ci metto a buttare nel cesso la mia impostazione letteraria, eh? Esimia, piccola grande testa di fava, lo sai? Vuoi che sia una zoticona ignorante che mandi a cagare te e tutti i tuoi clienti? Qual'è il problema. Volete farmi un corso di formazione per questo? Uno stage per aspiranti e future rozze e analfabete? Eccomi, a vostra disposizione. 

Chi l'avrebbe mai detto eh? La mia Laurea a quanto pare oltre ad essere inutile è pure terribilmente nociva, il mio più grande male, un handicap. La cultura è il deficit di questo paese, ciò che condanna un giovane e lo fa sprofondare nella depressione dovuta all'inadeguatezza, all'insoddisfazione. A quel senso continuo di mancanza, di fallimento. Finisce che tu la sera nel letto, mentre sfogli le pagine del tuo ultimo acquisto in libreria, ti senta colpevole del tuo stesso malessere. Perché quel libro che tieni in mano non ti porterà nemmeno a fare quei lavori di merda che mai avresti immaginato di elemosinare, si fa per dire, a questo altrettanto paese di merda in cui purtroppo sei capitato. 
Eccola la storia dell'Italia e degli Italiani. Per voi e per tutti. 
(Andate in pace).



14 commenti:

  1. Tocchi un nervo scoperto, Valentina. A noi laureati dicono che siamo troppo specializzati o che la nostra impostazione è troppo teorica, ai diplomati dicono che serve la laurea, per i lavori in cui la laurea offre qualifica spunta fuori la richiesta di un master... la verità è che impera un brutto atteggiamento di presa in giro e la speranza di far lavorare le persone a gratis, con stage o altri sotterfugi che possono andare bene come prima esperienza, ma che di certo non permettono di campare. Hai ragione: avere una laurea, meglio ancora una in materie letterarie, come nel mio caso, è davvero un handicap.

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    1. E' così terribilmente vero, reale. Anche io posso dire di sentirmi condannata proprio dalla mia più grande soddisfazione, almeno quella che fu, un tempo. La laurea in Lettere, quanto l'ho desiderata e quanto mi è costata, in tutti i sensi. Tu ovviamente puoi capire. La cosa che più sconvolge infatti è questa, siamo arrivati al punto in cui bisogna credere che studiare non solo non serve a nulla, non ti cambi la prospettiva, ma che addirittura ti condanni a morte. Io mi sono sentita dire di eliminare dal curriculum la mia laurea. Cosa? Ma scherziamo? Si perché a molti appari come una scomoda, una che magari può andare via perché ha trovato qualcosa di meglio o semplicemente perché sei troppo preparata. Io non ho più parole, sinceramente è dura andare avanti così ,ma di certo non mi deprimo come vorrebbero. Non gli punterei mai una pistola contro o chissà quale altro gesto disperato. Però nel mio piccolo, nemmeno sto zitta a guardare. Voglio gridare questa mia indignazione, anzi incazzatura perenne e voglio che sia proprio questa a darmi la forza per continuare. Odio dirlo, ma credo che prima o poi qualcosa dovrà cambiare. Odio il prima o poi, ormai lo detesto dal profondo dell'anima, perché io voglio fare adesso quello che magari a sessant'anni non potrò più fare. L'Italia non è un paese per giovani, peggio ancora se con il pallino dei libri e della cultura. No no, a questo folle scempio io non ci sto.

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    2. Sfogo più che legittimo, specie all'indomani del Primo Maggio. Sai qual è la cosa più assurda di tutte? Che domani in quei supermercati dove non prendono le laureate come addette alle vendite si lavora, si lavora eccome. Con sei milioni di disoccupati e il 40% di giovani che non trovano lavoro, ormai le grandi catene fanno lavorare i propri dipendenti giorno e notte, domenica, natale, pasqua, primo maggio, ferragosto o capodanno che sia... naturalmente senza assumere UNA persona in più che sia una, ma sfruttando vergognosamente quei poveracci costretti a non avere più una vita sociale nemmeno per tre-quattro giorni l'anno.

      E' per questo che non assumono laureate: perchè le persone intelligenti sono scomode, potrebbero ribellarsi, potrebbero persino tentare di far valere i loro diritti. Meglio allora avere alle proprie dipendenze gente rassegnata, inconsapevole per ignoranza, disposta a lavorare per 10-12 ore al giorno per venti giorni consecutivi senza battere ciglio.
      E' proprio vero, non è un paese per giovani.

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    3. Ma la cosa ancor ancora più assurda sai qual'è Sauro? Che oggi io sarei disposta pure a farmi sfruttare pur di avere un lavoro. Ma ti rendi conto? Io poi, che fino a qualche anno fa tutta spavalda e convinta di me sostenevo che mai avrei fatto un lavoro se non come dico io. Io, la commessa? Ma quando mai...oggi invece mi guardo e vabbè, lasciamo perdere. Una non pretende il contratto che ti rende plurimilionaria, semplicemente un lavoro, di qualunque genere o categoria. Che poi non mi va di passare per quella piagnona disperata eh...quindi alla fine mi tocca rimettermi in gioco, continuare su questa strada e aspettare...cos'altro dovrei fare??? Grazie per il sostegno di sempre, un abbraccio. :)

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  2. mi fa veramente male leggere queste cose...di casi come il tuo ne conosco altri ed è sempre così: probabilmente non è la laurea il problema ma la testa pensante che c'è dietro a quella laurea. Però la soddisfazione di quel giorno non te la leverà mai nessuno.Qualcosa ottenuto contando semplicemente sulle proprie forze.Anche io quando mi sono laureato mi sono affacciato a un mondo del lavoro che se ne frega ampiamente e allora mi sono dovuto mettere sul mercato, mettermi in gioco...e dopo tanti anni, dopo aver fatto 50 e più esami, sono ancora qui a combattere come fosse il primo giorno.Meno male che la passione per quello che faccio non è mai mancata altrimenti....Tieni duro!

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    1. Vero Bradipo, quella soddisfazione insieme a questo blog e a tutti quanti voi sono la cosa più importante che cerco di non perdere mai di vista. Perché rappresentano le mie ambizioni, i miei sacrifici e le mie più grandi e piccole soddisfazioni. Per me è una cosa seria questo spazio, ci metto tutta me stessa e anche se a volte mi lascio andare con questi post un pochino più personali è solo perché rispondono a un bisogno ancor prima umano. Grazie dell'appoggio anche a te, la tua presenza qui è ormai preziosa. Barcollo ma non mollo. :)

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  3. la schiavitù è più onesta, non c'è bisogno di costruzione di parole per nasconderla, e poi ti davano da mangiare e dormire.
    oggi molti lavoratori "liberi" non arrivano a soddisfare i bisogni di base con il loro salario.
    qualcuno pagherà per la distruzione di intere generazioni e l'avvilimento delle persone, una a una?
    e dopo che qualcuno (molti) avranno pagato, come rimediare?

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    1. È dura leggere questi sfoghi Franz. Soprattutto perché sono così palesemente reali che ti sembra ancora più assurdo. Io a volte mi carico e mi risollevo da terra pensando che forse, peggio di così non possiamo andare. Cioè prima o poi le cose devono cambiare e prima o poi avremo la nostra rivalsa. Ci devo e ci dobbiamo credere per forza. Ce lo dobbiamo, è il minimo che possiamo fare per noi...

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  4. un ottimista, come te, dice "peggio di così non possiamo andare".

    un pessimista sa che il concetto di peggio è mobile, quando pensi di esserci vicino il peggio è un po' più in là.

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  5. Meglio l'ottimista, a questo punto...;-)

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  6. Io non sono laureato, ma mi indigno ugualmente... Ho mia moglie laureata con lode, specializzata, quasi dottorata, che in qualsiasi altra parte del mondo avrebbe, non dico una cattedra, ma quanto meno un posto fisso all'interno dell'università con tanto di stipendio... E invece pesa come un macigno su di lei, come su tantissimi altri nella sua stessa posizione, la "Precarietà" o, peggio ancora, il lavoro regalato (ovvero non pagato, o pagato pochissimo). Questa è l'Italia...

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  7. Io sono laureata, e sai cosa ho fatto? Me ne sono andata a Londra a fare la barista, dove non c'è bisogno di un pezzo di carta. Perché andare in Uk quando lo puoi fare in Italia? Perché il mio pezzo di carta mi deroga il diritto di "essere sprecata" pure per fare la segretaria. Almeno fino a quando facevo ancora i colloqui. Perché dopo la laurea costata sacrifici a me, ma soprattutto ai miei, l'entusiasmo di voler contribuire in un paese in cui ancora credi, e vedere la porta del mondo del lavoro sbatterti sul muso così, facendoti perdere anni, facendoti diventare "vecchia"... Beh, vaffanculo paese morto che non sei altro, preferisco spaccarmi il culo in un paese che non è il mio. E sai che ti dico cara (bel)paese imputridito dall'ignoranza che non sei altro? Io alla cultura ci credo ancora, e il sogno di un dottorato non me lo leva nessuno! Ma non lo farò MAI in Italia! E tu, caro paese invertebrato, hai perso un'altra risorsa! Perché anche se mestieri come il falegname e il panettiere stanno scomparendo, perché se non fai l'ingegnere che DEVE guadagnare minimo 2000 euro al primo impiego hai le pezze al culo, beh, anche la cultura sta scomparendo. E grazie a Dio ci siamo noi che ancora combattono per mantenerla viva!

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  8. Comprendo tutto caro Luca...sempre più incazzata per questo!!!

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  9. Alessandra sentendo la tua storia, mi convinco sempre più che se non avessi avuto una famiglia, due figli soprattutto, magari sarei a Londra insieme a te in questo momento. O in Germania, o chissà dove. Quel che so per certo è che avrei detto CIAO all'Italia, e condivido appieno tutta la tua rabbia.

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