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Giulia Carcasi - Io sono di legno

 
 
Caro Diario, mi chiedo se sarai felice di questo tono amichevole, di questo nome proprio.
Ti piace?
Sì lo so, è un nome tipicamente di "cosa", ma ti prometto che tu sarai per me persona.
Intimo amico, che ascolta e basta. Che prende ciò che dico e confesso, e non giudica.
 
Sai, oggi è il mio compleanno. Si insinua per la prima volta un "3", davanti alla mia vita. E un po' fa strano, appesantisce la spensieratezza e schiaccia i ricordi dei tempi andati.
Questa notte ho letto un libro, di cui vorrei parlarti. Si intitola Io sono di legno, l'autrice è una giovane donna, vive a Roma e ha più o meno la mia stessa età. Si chiama Giulia Carcasi
 
Parto con una confessione: ultimamente leggo sole donne. Chi lo sa perché, o forse sì, lo so...
Ti starai chiedendo il perché di questa scelta, il senso più profondo di questa corrispondenza a senso unico. Perché tu lo sai, e io lo so. A te è concesso solamente ascoltare, non puoi dire la tua, anche se tu lo volessi più di ogni altra cosa.
Vuoi sapere perché ho scelto questo libro, quel giorno in libreria?
Il titolo non è sempre decisivo, stavolta invece sì. Lo è stato!
Ho pensato subito:" cavolo, anch'io sono di legno!". E così l'ho preso, senza pensarci su due volte.
Senza capire ancora cosa volesse dire quell'affermazione, che sa di confessione davanti allo specchio.
Ho iniziato a leggerlo prima di cena, nel giro di due ore ero già sul punto di chiedermi: "chissà cosa farà adesso lei...". C'è la pioggia e un ragazzo che aspetta sotto casa. E poi c'è Mia, una diciottenne difficile e diffidente, contraria ai sentimenti e alle promesse. E s'interroga sul futuro, sul corso giusto all'università. E poi di nuovo la pioggia, imparziale. Che bagna il legno e forse sì, riesce addirittura ad ammorbidirlo.
 
Sai cosa mi piace di più di questa autrice?
Le sue impennate poetiche, mai banali o artefatte. Mi piace la metafora quando diventa necessaria, le citazioni se fatte con garbo e gentilezza. E lei ci riesce. Giuro!
Riesce a ricordarti Va dove ti porta il cuore senza che il dubbio di un plagio o un copione prepotente si interponga tra te e le pagine.
Questa storia parla di donne, matrioske incastrate l'una dentro l'altra. Perché lo stabilisce il sangue, non per scelta.
Parla di una madre che aspetta la figlia il sabato sera, la domenica mattina. E di un diario, anzi due.
Madre e figlia che non si capiscono, tanto diverse e tanto uguali.
 
La storia parte da un doppio binario, finché le due voci ad un tratto non fanno che supportare la storia di Giulia, la madre di Mia. Il diario della madre da supplemento diventa prima pagina, e i ricordi di lei si riflettono sui giorni della figlia. Tempi diversi, attese vissute all'insegna delle regole, amori consumati di pomeriggio, quando alle otto tutti a casa!
Sembra che in questo libro tutti gli uomini siano incapaci di amare, e mi è rimasta più di ogni altra, la metafora del corpo di porcellana della madre di Giulia, e le mani del padre che mai la sfioravano. Per paura di romperla. Era il modo migliore di capire la fine dell'amore.
La storia di una donna è sempre complicata. O sposa o puttana, acqua o terraferma.
 
Alcune scelte narrative, e parlo dei risvolti nelle ultime pagine, non le ho del tutto comprese. Voglio dire, io avrei fatto diversamente. Ma chi sono io per guidare una storia che non è mia?
La Carcasi ha una padronanza del linguaggio impeccabile, la invidio.
Però se devo essere sincera fino in fondo, l'idea di Miguel e di un amore scelto per la prima volta e per forza di cose "sbagliato", non mi ha appagata del tutto.
Viene fuori in tutta la sua prepotenza, la conseguenza regina delle parole non dette e della solitudine. Cose che riguardano soprattutto il mondo femminile, inutile negarlo.
Chi s'interroga sul legno e sul perché ci somigli così tanto?
Chi gira il mondo in una stanza?
Chi impara a proprie spese l'egoismo della formica?
 
Non sono femminista, Diario, amico intimo e silenzioso, non fraintendermi!
Però c'è del coraggio nei pensieri di questa autrice, mi piace.
Mi piace credere che Dio si offenda davvero, se un giorno dovessi dimenticarmi di essere felice. Mi piace non aver paura di confessare i miei atti impuri. Mi piace, di tanto in tanto, essere stronza o fare finta. Aggrapparmi alle cose per non scivolare, disprezzare gli altri per non aggiustare me stessa. Per pigrizia, paura.
 
Non voglio annoiarti di più, ma ti lascio con questa che considero l'impennata più alta e divertente dell'autrice. Mia ha diciotto anni, magari a parlare è il ricordo dell'età in cui ci si chiedeva che senso avesse amare qualcuno.
Mi piace perché è senza freno, coraggiosa e incazzata.
Come ero spesso io, allora.
 
"Mi basta solo una parte di loro, la più sporgente, l'unica che non ho. Per il resto un uomo è da buttare".

Commenti

  1. Valentina... complimenti, bellissimo post. Mi hai lasciato di sasso.

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  2. Grazie mille Massimiliano...felicissima che tu abbia apprezzato e "sentito" questo post. Un abbraccio e a presto. =)

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