Ricorderò sempre le parole della spilungona della classe, quella con le tette grosse e i capelli lunghi. Quel fare altezzoso di chi cammina a due metri da terra, convinto di sputare su tutto e tutti e non inciampare mai.
Era la mattina degli orali, l'ultima prova della maturità.
Il futuro sulla bocca di tutti, il mio invece cresceva silenzioso, nella mia testa, in mezzo alle lacrime di un pianto isterico, liberatorio.
"È finita - dicevo a me stessa. È finita davvero".
Dentro quella scuola, sbagliata e illuminante, ho seminato il mio futuro. Ho iniziato a farlo senza rendermene conto, senza prevedere nulla.
Il mio professore di Lettere che diceva "Valentì, zitta e scrivi!", io che lo guardavo e già sapevo che non avrei potuto dirgli "grazie" abbastanza.
In quella scuola sbagliata, fatta di derivate e sistemi, circuiti complessi e linguaggi alfanumerici, io ho trovato me stessa.
Già, quella morta di fame che si permette addirittura il lusso di studiare Lettere all'università.
Direbbe qualcuno.
"Perché lo hanno detto?"
"Eh...sì".
Capii che Lettere era la mia strada, la mia possibilità migliore o semplicemente l'unica possibile.
Volevo insegnare, volevo scrivere, fare la giornalista...
Ed eccomi qui, a trent'anni, che tento disperatamente di far fare i compiti a mio figlio, sette anni.
Che tento di mantenere un decoro, un ordine, un senso del pudore e un occhio sempre aperto, l'altro ancora di più.
La tovaglia ancora sporca, i piatti da lavare, la cesta della biancheria gonfia e minacciosa.
Sono una donna ordinaria o fuori dal comune?
Giusta o sbagliata?
Giusta o sbagliata?
Me la cavo, nonostante non abbia una risposta.
Non ancora.
D'altronde, chi può avere la risposta?
"Stefano Feltri però ha detto che tu, laureata in lettere, nun c'hai capito proprio gnente. Non solo, co 'sti tempi de crisi te sei permessa pure de fa Lettere, la filosofa, l'aristocratica che penza. Penzi, penzi e t'aripenzi...ma che c'avrai mai da penzà?"
Ah. Stefano Feltri...
"Ma chi è?"
- Domando io.
"Va' su Wikipedia e fatte n'idea".
"Ok".
1984, giornalista e scrittore italiano.
Vicedirettore de...
"Ah...capito!"
Il Fatto Quotidiano.
Questa storia potrebbe finire qui, ma io vado avanti perché sono capocciona, laureata in Lettere, cosa vuoi...estremista, qualcuno direbbe.
Laureatosi alla Bocconi - mmm, e me cojoni!
(Me l'hanno insegnato all'università!!!)
Io alla Sapienza di Roma, pensa.
Radio 24, Il Foglio, quattro pubblicazioni all'attivo...
acciderbolina!
Un economista coi fiocchi!
Oggi Stefano Feltri scrive questo, sulle pagine de...sì, lo ripeto: IL FATTO QUOTIDIANO.
Tra qualche settimana molti studenti cominceranno l’università. I loro genitori che si sono laureati circa trent’anni fa potevano permettersi di sbagliare facoltà, errore concesso in un’economia in crescita. Oggi è molto, molto più pericoloso fare errori. Purtroppo migliaia e migliaia di ragazzi in autunno si iscriveranno a Lettere, Scienze politiche, Filosofia, Storia dell’arte.
"Mamma, perché questo signore ha scritto purtroppo?"
"Amore...PURTROPPO esistono al mondo persone molto, molto pericolose e ignoranti. Ecco, impara a riconoscerle. È molto, molto importante che tu legga certe cose. Fanno l'effetto della spremuta d'arancia che mamma ti prepara dopo la scuola. Le vitamine, ricordi?"
"E io devo bere tutto? Come la spremuta?"
"Bevi, ma poi sputi ciò che non ti piace. Ok?".
"Ok".
È giusto studiare quello per cui si è portati e che si ama?
Prosegue Feltri.
(Domandona, eh?)
La domanda, tuttavia, è un'altra.
È giusto studiare quello che mi suggerisce Stefano Feltri su Il Fatto Quotidiano?
La risposta è facile facile. Giuro!
I ragazzi più svegli e intraprendenti si sentono sicuri abbastanza da buttarsi su Ingegneria, Matematica, Fisica, Finanza. Studi difficili e competitivi.
Cazzate a oltranza.
Andiamo avanti.
Aspetta aspetta, guarda. Feltri ha la risposta che cerchiamo.
"Dai?"
"Eh..."
"Pensa te, troppo forte st'economista oh. Mesà che faccio economia pure io - bella zì".
Soltanto se si è ricchi e non si ha bisogno di lavorare, dicono gli economisti. Se guardiamo all’istruzione come un investimento, le indagini sugli studenti dimostrano che quelli più avversi al rischio, magari perché hanno voti bassi e non si sentono competitivi, scelgono le facoltà che danno meno prospettive di lavoro, cioè quelle umanistiche.
"Ah...ma è solo un'altra cazzata".
E per finire:
[...]fare studi umanistici non conviene, è un lusso che dovrebbe concedersi soltanto chi se lo può permettere. L’Italia è il Paese dove questo fenomeno è più marcato. Ma finché gli “intellettuali pubblici” su giornali e tv continueranno a essere solo giuristi, scrittori e sociologi, c’è poca speranza che le cose cambino.
Amore di mamma, adesso sei troppo preso da Nicky, Ricky, Dicky and Dawn, ma un giorno mamma ti racconterà una storia. Una storia bella, di quelle che piacciono a te e a tuo fratello.
Parla di una ragazza coraggiosa e ordinaria, che amava tanto i libri e i film in bianco e nero. Una ragazza che, dopo aver scelto la scuola per accontentare gli altri, ha scelto Lettere per accontentare se stessa. Quella ragazza poi è diventata donna, lungo i corridoi di un'Università statale, pagata dal padre, con tanti sacrifici. Ha pianto lacrime vere lì dentro, c'ha lasciato l'anima e tutto ciò che aveva.
Il giorno della tesi, quella ragazza era proprio cambiata. Non era più una bambina sprovveduta, ma una donna un po' stanca e tanto fiera di sé.
Quel giorno c'eri anche tu.
E tuo fratello tirava calci forti, decisi, quasi pronto a venire al mondo.
Brava Valentina, questo atteggiamento diffuso non è altro che il desiderio di creare generazioni di tecnici e specialisti senza cultura, senza la possibilità di trasformare in pensieri coerenti le emozioni e i sentimenti per mancanza di riferimenti linguistici e filosofici adatti a "tradurre" il mondo. Una nuova generazione di "manovali evoluti" privi della capacità di guardare alla società...CRITICISSIMAMENTE. Un abbraccio.
RispondiEliminaSto per vomitare. Credo di essere in tutto e per tutto l'antitesi del ritratto dell'iscritto a lettere sopra schedato dal "giornalista" (uso le virgolette perché per me è giornalista, indipendemente dal titolo, chi fa informazione e scrive collegando la lingua/penna al cervello, non l'opinionista generalista che crede di aver fermato il treno con il didietro): come te, ho scelto questa strada per passione e non per una facile scappatoia. C'è chi, ritenendo le facoltà umanistiche più "facili" prende questa strada? Certo, come c'è l'ingegnere che impiega vent'anni a concludere i corsi dando la colpa alla difficoltà del percorso e senza fare un'analisi delle proprie responsabilità. Sfaticati e appassionati ci sono in ogni settore, gli sputasentenze idem. E questa tendenza di cui Feltri si fa portavoce è la conseguenza di una società che di umanistico ha sempre meno e che non è disposta a riconoscere che ciò che dà un'utilità immediatamente misurabile, di una società in cui è più facile disprezzare e sminuire gli altri che sostenere le proprie posizioni con razionalità ed equilibrio. Passione, sacrificio e competenza non contano, meglio un economista pessimo che un ottimo storico (e dimentichiamo sempre che all'estero gli umanisti hanno alte cariche dirigenziali e sono tenuti in considerazione proprio in virtù del loro pensiero capace di inquadrare l'astratto, duttile e basilare per una comunicazione efficace). Continuiamo così e assistiamo alla macerazione dei cervelli, almeno noi saremo sicure di non aver seguito mode o compromessi di comodo. Scusa lo sfogo, ma non ho potuto che seguirti sulla via dell'indignazione.
RispondiEliminaFaccio la foce fuori dal coro, anche perché io l'università non l'ho mai iniziata, un po' per stanchezza e molto anche perché avevo altri programmi per la mia vita. Ma non ho mai parodiato quelli che hanno intrapreso un percorso di studi come può essere quello di lettere.
RispondiEliminaIo sono dell'idea che la cultura serva sempre. Magari non ci farà trovare il migliore dei lavori, ma ci farà affrontare qualunque lavoro come persone migliori. E non solo il lavoro, ma anche la vita stessa.
Quello che ha scritto Feltri mi amareggia alquanto. Specie in un periodo come questo.
Però, più realisticamente, alcune facoltà, e non solo quelle umanistiche citate, difficilmente sono un buon inizio per inserirsi nel mondo del lavoro. Lo sbaglio è a monte, in un paese come il nostro che violenta la cultura ogni giorno.
RispondiEliminaPer quel che riguarda il "giornalista"... anche i giornalisti di un tempo, non ci sono più. I corrispondenti che andavano in loco e si facevano il gran mazzo, quelli che controllavano le fonti ed erano responsabili di quel che scrivevano.
Mi sembra da valutare tutto nell'ottica della svalutazione del sapere, in senso assai più generale.
Credo che sia passata l'idea che la cultura è in più, accessoria, un lusso quasi. Un lusso oggi, oggi! Quando prima la cultura segnava anche le differenze di classe sociale. E adesso? Che cosa segna? La differenza tra stupidi e consapevoli.
Esatto Glò, lo sbaglio è a monte. Lo stesso pensare che la cultura debba essere funzionale all'impiego è una distorsione malsana. E' ridurre tutto a mercimonio. Il problema è che non si vogliono cittadini consapevoli, molto meglio una schiera di ragazzotti che ragionano "per sentito dire". La cultura, nel senso più ampio del termine, è consapevolezza, libertà, pensiero critico. Leggendo si impara, si riflette e ci si riflette nei pensieri di altri che prima di noi hanno già congetturato, analizzato, si studia la storia per capire il presente, si studiano i poeti per cogliere le differenze tra la piattezza e la bellezza.
RispondiEliminaGrazie Massimiliano!
RispondiEliminaChe poi, un umanista non si permetterebbe mai di giudicare e sminuire il lavoro e lo studio di un ingegnere, di un fisico. Mai nella vita. Chissà perché a un Feltri invece, venga naturale fare il contrario...bah.
Un abbraccio a te!
Cristina quali scuse...sai che viaggiamo sulla stessa linea di pensiero. Perché abbiamo investito tutto, il meglio, su questo percorso di studi. E io ancora faccio fatica a credere che la mia, la nostra, sia una laurea inutile. Figuriamoci se posso accettare che si dica questo. Ormai si è superato ogni limite, e queste scemenze divulgate in rete, da un giornale che purtroppo troppi lettori ancora seguono, è il vero dramma del nostro paese.
RispondiEliminaVero Giacomo, al di là del proprio percorso di studi e delle proprie scelte. Queste sparate fanno male e dovrebbero allarmare chiunque, ingegneri e non. Economisti e non. ;-)
RispondiEliminaLo credo anch'io Giò. E dici bene, oggi la differenza la fa chi si pone la domanda prima di scrivere certe calunnie culturali e obiettivamente dannose. E sempre più spesso chi si pone le domande va scemando...tutti hanno le risposte. Eccoli qui...i sapientoni moderni che sanno tutto. Sanno persino come aggiustare un paese rotto. Staremo a vedere. Sono curiosa...
RispondiEliminaMassimiliano, condivido e sottoscrivo ogni parola. =)
RispondiEliminaCon immensa tristezza mi ritrovo a dar ragione a questo giornalaio che ormai neppure mi offende più. Dopo anni e anni di ritornelli come il suo sono giunta alla conclusione che hanno tutti ragione, ho sbagliato, sono stata superba, ho guardato oltre le mie possbilità, senza pensare neppure un minuto che Storia era una facoltà per ricchi che non hanno nulla da temere e possono permettersi il lusso di fare facoltà umanistiche. All'epoca ero guidata, anzi accecata, da un ideale più alto e da una profonda passione, tanto che il mio errore si è ripetuto visto che ho anche preso una magistrale in lettere (il più grande dei due errori). Ho fatto sacrifici immensi per portare avanti quell'ideale, sono dovuta andare via di casa, ho lavorato tutti i santi giorni e sono arrivata alla prima laurea felice perché consapevole di non aver fatto spendere un solo centesimo ai genitori, che più lungimiranti di me non avevano appoggiato la mia scelta. Poi però mi sono resa conto che anziché il rispetto mi ero guadagnata la pietà degli altri, la gente mi/ci deride, sempre, ci tratta come poveri illusi, ci scambia per figli di papà annoiati. Il nostro posto nella società è dietro un bancone a vendere panini e pizzette e lo sapete tutti. E scusate se sono così diretta, disillusa direte, ma quando si tocca il fondo bisogna riconoscere i proprio errori per poi poter ricominciare, e la mia passione è un errore, un errore perché sono in Italia dove la cultura è calpestata e rifiutata. Prima mi lascio dietro questo fardello meglio è. Quello che mi fa male è che Lettere venga ancora considerata una facoltà facile, e spesso i cari ing. ci vanno davvero pesanti con le offese, a me un collega che studiava ing. chimica mi disse più e più volte che una figlia a lettere era un disonore per una famiglia...vabbè. Vorrei pensarla ancora come voi, ma non ci riesco. Combattate anche per noi che ci siamo arresi...perché siamo tanti.
RispondiEliminaLa laurea in lettere mi ha aiutata a ad aprire la mente. Cosa che non sta avvenendo in un paese dove più sei ottuso, più sei manovrabile. La cultura, il saper pensare con la propria testa fa paura. Le donne colte e con un cervello che non è collegato alla manicure poi fanno ancora più paura. Perché una persona che pensa, ha un immenso potere, e dal puzzo che si respira in Italia, fatto di arroganza, ignoranza, corruzione e disgusto, sapere che nel merdaio che ci stanno costruendo attorno c'è chi si ostina a pensare, beh, è un gran fottuto dramma.
RispondiEliminaDovrebbero esserci più lauerati in lettere. Tutti insieme a cercare l'acqua nel deserto, parole che ho stampato nel cervello. Consiglio di un amico economista.
Dovremmo riprendere la scuola, distruggerla e ricostruirla da capo, dove ti insegnano a pensare e non a imparare le nozioni a memoria. Dovremmo riprendere i musei, salvare tutto e portare la nostra ricchezza culturale e farla conoscere e riscoprire. Dovremmo prendere i giornali e farli chiudere. Per farli riaprire con articoli dove si informa, e non dove ci viene detto come usare quel poco di facoltà intellettive che ci permettono ancora di usare. Dovremmo riavere indietro la creatività, l'amore per la cultura. Che solo un laureato in ingegneria o un economista non potrà mai capire. E' l'I have a dream di una laureata in lettere :)
Non sono laureata ma ho un diploma magistrale quindi mi sento tirata ugualmente in causa perchè, comunque sia, le stesse cose le dicono anche di chi sceglie una scuola superiore umanistica.
RispondiEliminaPiù volte cercando un lavoro mi sono sentita dire "ah ecco, lei hai il diploma magistrale, quindi non è adatta a un tipo d lavoro concreto", o "ma scusa, hai un diploma magistrale e pretendi pure di lavorare?!"...o cose simili? tante, troppe. E anche per lavori come supermercato, commessa....niente di trascendentale quindi.
Da due giorni sono una delle più accanite commentatrici contro questo singore (definirlo giornalista mi sembra troppo), ho un nervoso che non ti dico. non sopporto queste cose, anche perchè cn il secondo articolo fa pure la vittima dicendo che ha subito attacchi personali poverino, perchè laureato alla Bocconi!!!questo quando, secondo lui, noi con studi umanistici alle spalle non siamo abbastanza svegli e intelligenti...purtroppo sono le stesse persone che poi si lamentano per il degrado culturale dell'Italia, perchè Pompei cade a pezzi, perchè hanno votato Berlusconi tanti anni....senza rendersi conto che la colpa è di quelli coem lui che mirano a distruggere la cultura, l'arte, la filosofia, la letteratura.
Ho letto anche il tuo commento ma ti devo avvertire: è troppo lungo potrebbero cancellarlo.