I casi letterari che poi diventano casi cinematografici, di solito tendo a evitarli. Non a lungo termine però, magari mi prometto di recuperare libro e film, quando ormai la tempesta mediatica, felice o triste che sia, può dirsi conclusa.
Esistono tuttavia delle eccezioni. Tant'è...
Colpa delle stelle mi aveva colpito più di un mese fa circa, quando vidi la copertina in vetta allo scaffale dei libri più venduti. Ma non fu abbastanza, non lo comprai e come spesso capita con i libri "non presi", ci si dedica a nuove letture ma un po' con la testa rimaniamo anche lì. Attaccati a quel momento in cui abbiamo deciso di non prendere quel libro a vantaggio di un altro. Chissà per quale ragione poi, non credo ci sia dato saperlo.
"Mentre la marea saliva, l'Olandese dei Tulipani fronteggiò l'oceano: "Unisce ricongiunge avvelena occulta rivela". Guarda mentre sale, ridiscende, porta con sé ogni cosa".
"Che cos'è?" domandò Anna.
"L'acqua disse l'Olandese dei Tulipani. "Be', e il tempo".
-Peter Van Houten, Un'imperiale afflizione
In questo libro c'è una storia, e in questa storia un altro libro. Dunque un'altra storia. Metaletteratura, sì, capita spesso. Storie che si ripetono senza pretendere lieto fine o chissà quale colpo di scena, se non l'aver guadagnato due o tre anni di vita in più. Protagonisti sono giovani ragazzini affetti chi da questo o, Dio solo sa, quale altro male. Un male che li rende inevitabilmente "diversi", e non parlo dell'aspetto fisico che ci paralizza spesso di fronte a uomini o donne che dimostrano un evidente stato terminale, o quasi, o qualsiasi altro deficit che è sintomo di quella maledetta malattia che li ha colpiti. Parlo della diversità nell'affrontare la vita. Del coraggio e della sincerità, e della forza incredibile che a volte diventa ira, altre commozione, oppure ribellione, senso del rifiuto per il mondo intero, voglia di vivere nonostante tutto, voglia di arrendersi.
I protagonisti di questo romanzo, scritto da John Green, si muovono tra le pagine come i protagonisti del diario di una sedicenne. E l'aspetto straordinario del libro, è che sembra essere scritto proprio da una adolescente. C'è la sincerità non condizionata, che è tipica di chi a quell'età prende un pezzo di carta e comincia a scrivere. E c'è l'enorme carica emotiva e narrativa, che in un diario è difficile riscontrare, tipica del romanzo.
Ora, non mi va di stare a sottolineare che Lui e Lei siano malati e che con buone probabilità finisce male. Finisce tutto. Finisce che tu piangi come una ragazzina isterica e finisce. Finisce.
Preferirei parlare di una storia d'amore, e di quello che mi immagino ora nella testa. Ovvero un teen movie più drammatico del solito, che è andato a impigliarsi con storie di cancro e tutta una serie di infiniti possibili. Mi immagino questa ragazzina coi capelli corti e le sue All Star ai piedi, me la immagino trascinarsi dietro il suo carrello dell'ossigeno e poi il suo sorriso. Ancor più dietro, lungo i suoi passi, vedo poi un coraggio che mette a disagio qualsiasi altro essere umano. Vedo un ragazzino con una sigaretta spenta in bocca, fissato con le metafore. Andamento un po' sbilenco, movimento strano del corpo, ma comunque sexy come il più figo della scuola o il bulletto della comitiva che è un po' stronzetto, ma a chi non piace?
Me li vedo su una panchina ad Amsterdam, discutere di uno scrittore ubriacone e di un libro incredibile. Incredibile perché sembra capire la vita vera, compreso il male, compresa la morte, compreso tutto.
Vedo una rampa di scale lunghissima, una ragazzina che fa fatica a salire. Mi manca l'aria mentre leggo e non vedo l'ora che lei arrivi su, e che torni a respirare senza che i polmoni rischino di esplodere. Vedo l'amore che arriva al di là del male, il coraggio e la paura di credere che poi alla fine tutto è solo una conseguenza del cancro, della morte garantita. Ma alla fine quella ragazzina ce la fa, arriva fino in cima, porta a termine la sua impresa e quelle scale rimangono dietro di lei, insieme alle battaglie vinte, insieme a quelle perse, insieme a tutto il resto.
Ce la fa perché per oggi può dirsi salva. Ha un pezzetto di vita in più.
E a volte basta, anche se è maledettamente ingiusto.
e ora vai di film!
RispondiEliminaMi aspetto una serie infinita di "okay"...^_^
RispondiEliminaA pelle non mi aveva mai ispirato, così come non mi ispira il film. Temevo di trovarmi di nuovo davanti a una melassa a là "Restless".
RispondiEliminaQuello mi manca ;-) Ma ero poco convinta anch'io. Tuttavia non grido al capolavoro o a un romanzo che mi abbia particolarmente segnata. Si legge volentieri, è scritto con intelligenza e si impara qualcosa di utile. Il che poi non è poco eh? =)
RispondiEliminaHo visto il film ieri sera.
RispondiEliminaHo come l'impresione che la mia recensione non ti piacerà. ;)
Il libro non l'ho ancora letto, ma stasera mi guardo il film! Grazie per questa recensione :)
RispondiEliminaUn bacione, a presto
Non mi ispira. né il libro né il film.. :/
RispondiEliminaMe ne hanno parlato ieri sera...
RispondiEliminaE devo dire che mi sono ricreduto.
Una chance ce la do.
Aspetto la tua recensione sul film allora! Ormai ti tocca..!
RispondiEliminaAspetto di vedere il film, anche se il libro non mi è piaciuto
RispondiEliminaHo visto il film ieri sera ed ho pianto come un vitello, ma, paradossalmente, non l'ho trovato eccessivamente strappalacrime (pare un controsenso...non lo è..) sono stata la prima a sorprendermi, solitamente odio questo tipo di film. Bravissimi i due attori principali, finalmente due adolescenti non stereotipati, finalmente due figure a tutto tondo...ma il libro passerò temo...gnafò...
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RispondiEliminaCiao.
RispondiEliminaPerché vedere “Colpa delle Stelle”?
Perché i due giovani protagonisti sono carini e bravi;
Perché il sorriso di lui è sornione e vagamente seduttivo, ma anche simpatico e non annoia;
Perché gli occhi di lei sono intensi e luminosi;
Perché loro due, insieme, “funzionano” molto bene;
Perché la sceneggiatura è rivolta ai teen-ager ma è adatta anche agli adulti;
Perché Willem Dafoe in pochi minuti ti cattura e trasmette il dolore del suo personaggio in modo diretto e inevitabile;
Perché c’è sentimento ma non sentimentalismo;
Perché ci sono pathos, ironia, dolore e sorrisi, ben alternati e dosati;
Perché rappresenta la vita e l’amore;
Perché la regia è attenta e “furba”;
Perché i più giovani non conoscono “Love Story”;
Perché ci sono concessioni agli adolescenti alla “MTV”, ma anche momenti intensi e genuinamente commoventi;
Perché “il dolore necessita di essere sentito”.
Io l’ho visto!
Adriano