Non avrei voluto affrontare l'argomento, non avrei voluto scriverne.
Certo ne parlo tutti i giorni, e ci penso. Ci penso di continuo.
Penso a tutto ciò che si dice, penso a tutto ciò che la gente potrebbe pensare e nella confusione più totale finisce sempre tutto nello stesso tragico epilogo.
Una madre che ammazza un figlio.
Diciamo senza indugi che la tragicità esiste a prescindere, che sia una madre da condannare, o un essere umano qualunque. L'omicidio è l'atto più estremo e ignobile di cui l'uomo possa macchiarsi. E punto.
Ma oggi si parla di Veronica Panarello, la madre di Loris.
Non mi va nemmeno di ricordare i dettagli di un fatto tanto orribile, come tanti, troppi altri. Che poi non sono nemmeno una giornalista e non vorrei sguazzare nel mare di competenze e glorie che proprio non mi spettano.
(Ma chi le vuole, poi?)
Sono una madre però. Ho ventinove anni e ho due figli. E spesso è dura, lo so bene. A volte farfuglio cose strane, mi immagino fughe notturne mentre tutti in casa dormono e mi sembra di lasciare tutto com'è e prendere il volo, per andare chissà dove. Via.
A volte è dura perché ti senti sola, altre perché non hai più un momento per te e vorresti che la solitudine ti travolgesse e ti portasse via con sé. A volte è dura perché le responsabilità sono tante, e vivi nel terrore di sbagliare e nell'ambire alla perfezione, sempre. Costantemente bombardata dalla responsabilità e dalla paura, finisce che a un certo punto "sbotti". Ma il botto spesso lo senti solo tu, e dopo non hai che da raccogliere i pezzi sparsi in giro. Devi rimettere tutto in ordine, come sempre.
Se mi guardo da fuori, da un punto di vista che non è mio, vedo una giovane mamma verso la quale provo come un sentimento di tenerezza e ammirazione al tempo stesso. E in effetti, tolta me, è ciò che provo quando vedo le altre mamme mie coetanee, o ancor più giovani.
Perché se razionalmente ci penso, dico: "cazzarola sono diventata madre a ventitrè anni".
Sì io ci rifletto spesso, e ancora oggi vivo la mia vita con quel senso di sbigottimento generale al solo guardare i miei figli. Al solo guardare me, madre, donna, moglie. E mi dimentico com'ero prima, quasi non ricordo nulla della me non madre. Allora capisco che è la mia vita, che è normale, come quando sogni e non ti ricordi nulla, e tu vorresti recuperare quei ricordi notturni e confusi, ma non ci riesci. E ti rassegni all'idea che forse era un sogno trascurabile, e smetti di pensarci.
La vita ti porta a cambiamenti che quasi mai hai deciso, voluto, o pianificato quanto prima. E diventare genitore è l'esempio più evidente, e se non cambi vuol dire che qualcosa non va...
Non sono una madre severa, anzi molti dicono che ho viziato entrambi i miei figli, e che se sbagliano è colpa mia. Però sono una madre che si incazza spesso, anche per le piccole cose. Ma come insegna la storia del cane che abbaia e non morde, devo dire che i miei figli mi conoscono fin troppo bene e, da grandi paraculi quali sono, mi guardano e ridono. Come per dire: "a ma', sta bona che non te crede nessuno pure se urli come 'na matta". Ed è così. Meglio, peggio, non lo so.
Fatto sta che io, madre imperfetta e urlatrice alla vecchia maniera, quando proprio non ce la faccio più mi chiudo in bagno e conto le mattonelle blu. Oppure prendo la chitarra e mi metto a suonare, pennate forti, ma forti forti da far tremare le tende e poi canto, anche se stono, io canto. Oppure, quando posso, prendo la macchina e vado a fare un giro.
Mi aiuto, e so che questo basta a placare la mia ira e il mio desiderio di fuga.
Oggi rifletto su queste cose perché mi ha colpito un articolo scritto da Deborah Dirani, e pubblicato su L'Huffington Post, il cui titolo recita "Non esistono mamme buone e mamme cattive".
Era lampante che si parlasse del caso Loris e della madre, per il momento ferma in carcere con l'accusa di omicidio. E la mia curiosità mi ha portato a leggere questo articolo, anche se tra le righe trovavo spesso passaggi per i quali era necessario fermarsi un attimo, e provare a capire il più limpido pensiero dell'autrice.
Be' io ce l'ho messa tutta, ma alcuni passaggi mi sfuggono, peggio, mi terrorizzano.
"Le mamme non sono sante donne votate per natura a stare dietro ai loro figli: imparano a farlo e nella maggior parte dei casi questo le riempie di una gioia talmente grande da rendere sopportabili la stanchezza e la frustrazione che derivano dal rassegnarsi a diventare per sempre schiave dei loro figli".
D'accordo sul primo concetto, le mamme non sono sante. Ok. Ma se io devo credere che la mia vita sia la summa ultima e definitiva della frustrazione e dello schiavismo, no. Non accetto che passi questo messaggio. Mi dispiace che una donna, la quale si consideri prima tale e poi giornalista, arrivi a formulare il suddetto pensiero. Anche perché che senso ha? Il tuo articolo vuole far riflettere il mondo dinnanzi a una storia così agghiacciante, e la cosa ti fa onore, va bene. Ma poi gridi che la maternità è soprattutto frustrazione?
Non è normale.
"Così finisce che un infanticidio diventa più sopportabile per tutte le mamme del mondo se a commetterlo è stata una donna diversa: una donna piena di problemi. Una malata. Una in cui è impossibile identificarsi...".
Cioè, sta insinuando che io madre non malata e presumibilmente normale, me la cavi così? Ritenendo con sufficienza la madre assassina una povera scema, nella quale è impossibile identificarsi. Dunque il problema è mio, che mi allontano con presunzione da una madre che in fondo non è diversa da me, ma solo più fragile, "più predisposta a"?
Io lo so che non sono invulnerabile, e non avete idea di quante volte io pensi a queste storie terribili e provi rabbia e pena per tutte queste madri disperate, arrivate all'estremo. Ma il fatto che io non riesca a comprenderle e tenda ad allontanarmi, fa di me una donna normale. Allontanarmi è mio dovere perché così facendo mi allontano dalla disperazione, dall'idea che uccidere mio figlio possa diventare un atto terribile sì, ma in fondo comprensibile.
Ma scherziamo?
Io non mi sento ipocrita, no. Mi sento mancare la terra sotto i piedi e mi crolla il mondo addosso. Per una vita spezzata, e per la mano assassina e madre di quella stessa vita.
"Perché i bambini, in fin dei conti, sono gli esseri più inconsapevolmente prepotenti che esistano: sono il centro del loro mondo, è naturale ed è giusto, ma non sempre è sopportabile. La tirannia del bisogno è peggio di quella nordcoreana, le mamme lo sanno, anche se difficilmente accetterebbero di ammetterlo, perché da ogni bisogno che non riescono a soddisfare nasce un senso di colpa devastante".
In fin dei conti quel bambino prepotente lo hai voluto tu. Che poi tu fossi pronta o meno, non puoi non considerare questo. I figli arrivano e ti stravolgono l'esistenza, ma non tanto da volerli ammazzare.
Non possiamo compatirci a vicenda sul desiderio di ammazzare un ragazzino perché prepotente e viziato, e riccioluto.
La società non deve compatire e capire queste donne, né qualsivoglia assassino. La società dovrebbe mettere ognuno nella condizione di poter parlare dei propri problemi senza il tormento della vergogna. Evitare è meglio che punire. Se io sono esaurita e non ce la faccio più, se sto iniziando a pensare che potrei far fuori mio figlio, allora devo correre via lontano, da qualcuno che possa aiutarmi prima che sia troppo tardi.
Io non comprendo una madre che ammazza il proprio figlio, devo sentirmi in colpa per questo?
Io comprendo una madre esaurita che mi dice che non ce la fa più e che vorrebbe scappare e mollare tutto. Sì, quella la comprendo.
Oltre non vado.
Se a diciassette anni rimani incinta, è bene che tu sappia che puoi decidere.
Forse la società dovrebbe aiutare la donna qui.
Perché se mamma m'ammazza, allora è meglio non venirci per niente, al mondo.
Io non sono madre, forse non lo sarò mai, chissà.
RispondiEliminaMa ho purtroppo a che fare quotidianamente con madri che, secondo me, non sono adatte per il "ruolo" eppure si sono ostinate a mettere al mondo figli. Cercandoli, perché erano sposate e se ti sposi, OVVIAMENTE devi anche procreare altrimenti dove sta lo status symbol?
Queste cosiddette madri smollano i figlioli a nonni, nonne, babysitter perché devono lavorare, e ci sta perché la nostra società ci vuole madri ma anche impossibilitate a vivere se lavora solo il marito. Però queste cosiddette madri si guardano bene dal tornare a casa in pausa pranzo perché altrimenti "il bambino non mi molla più" e la sera vuoi non andare a fare un aperitivo? Nel weekend "che due palle, non possiamo fare nulla perché il bambino è Satana", in ferie "il bambino non si può portare perché è il Demonio e fa capricci di continuo".
E io che non sono madre, forse non lo sarò mai, penso: ma 'ste povere creature fanno i capricci e s'incazzano, diventano "egoisti" come dice la signora di cui sopra, perché poveracci NON TI VEDONO MAI. E quando ti vedono percepiscono lo scazzo al di là del fatto che tu li reputi tanto carini e simpatici quando stanno bravi perché, amica mia, non li hai mai voluti davvero! Li hai messi al mondo perché "si deve" e non nego che gli vorrai anche bene, ma è quel bene che si vuole al cane o al gatto, un bene che non supera l'inevitabile assioma per cui "nessuno si sceglie la propria famiglia". Vero. Ma nessuno ti ha costretto a mettere al mondo un figlio che richiede amore, impegno e devozione.
Una mamma è innanzitutto un essere umano e come tale, come hai detto tu, può scegliere. Se "scegli" di ammazzare un bambino è perché la tua testa in quel momento svariona (non credo nella premeditazione e so che la depressione è una brutta bestia ma all'anima!) ma mi dispiace, non posso avere pietà: perché, nel caso orribile in questione, tu hai già tentato il suicidio due volte e se sei talmente stronza, ignorante ed egoista da "rimanere incinta" (tra virgolette perché nel 2000 la sfiga può anche starci ma i rimedi ci sono) non una ma due volte, meriti solo degli sputi. Perché i bambini non sono la panacea universale ad un matrimonio fallito o ad una vita solitaria e problematica, anzi, ed è questo che tanta gente ancora non capisce. L'infelicità e l'insoddisfazione generano frutti altrettanto infelici ed insoddisfatti: non a caso i miei amici che hanno serenamente cercato un figlio hanno dei pargolotti splendidi, intelligenti e sereni, anche con le loro ovvie imperfezioni (sono pur sempre piccoli, cazzarola!!!!), non Satana, non Demoni.
E a tal proposito, lo so che non ami l'horror ma guardati The Babadook. Esemplare nel descrivere gli abissi di depressione e annullamento in cui può sfociare una maternità.
Ogni volta che leggo notizie del genere e poi sento dare delle attenuanti nei confronti di chi si è macchiato del più orribile dei reati possibili, mi vergogno di appartenere al genere umano.
RispondiEliminaCara Bolla, mai come ora quoto ogni singola parola che hai scritto.
RispondiEliminaIo ho scelto di avere due figli, e imparo tutti i giorni a fare la madre, nessuno me lo ha insegnato ma nessuno me lo ha imposto. L'ho voluto con tutta me stessa e non me ne pentirò mai. E amo fare questo, vivo per farlo. Seppur nei miei momenti di sconforto, momenti duri in cui mi sento schiacciata dalle responsabilità, ma cristo santo non potrei mai comprendere un atto del genere, MAI. E questi articoli che fanno passare messaggi del genere dovrebbero sparire dalla rete, perché finisce che una madre ammazzi un figlio e dica: "vabbè, tanto siamo tutte esaurite mica sono l'unica". No. Non può essere così.
Vero Luca, anch'io mi vergogno e da madre credimi, ho tanta paura che il mondo stia finendo davvero. Non oso pensare un "peggio di così", impensabile.
RispondiElimina"Non esistono madri buone e madri cattive".
RispondiEliminaEsistono, esistono....perchè non dvorebbero?
le madri sono prima di tutto persone.
Esistono. Lo so.
RispondiEliminaE per fortuna, altrimenti saremmo solo fantocci in balia di noi stessi e dei nostri mali. E invece no.
non so se è madre colei che ha scritto quell'articolo,,,,essere madre è qualcosa d'altro, si impara giorno per giorno perché nessuno nasce imparato ma quella è carne della tua carne...e anche se non è carne della tua carne è un bambino ...e i bambini non si toccano per nessun motivo. MAI!
RispondiEliminaNon credo Bradipo, eppure lei ci tiene a sottolineare che, prima di essere giornalista, è donna!!! Trovo inaccettabile un articolo del genere, non comprenderò né ora né mai una vita spezzata, ad opera di nessuno. E non bisogna essere madri per provare orrore di fronte a fatti simili, perché siamo prima di tutto figli "di madri", perfette no, ma madri. E l'amore materno deve essere l'unica certezza, non può morire insieme a queste assurde teorie del ca**o.
RispondiEliminaL'unica cosa che riesco a pensare è: l'hanno lasciata da sola. Io non giustifico l'orrore che ha fatto, ma l'unica cosa che penso è: l'hanno lasciata da sola. Non accuso nessuno, ma quando penso a questa donna e quello che ha fatto, solitudine e disperazione mi vengono spontaneamente alla mente. E no, non è vero che è impossibile identificarsi. Perché una donna malata e pieni di problemi non ci riguarda. La depressione colpisce tutti, ricchi, poveri, belli e brutti. Quello che accade a lei un giorno potrebbe accadere a me e il giorno dopo potrebbe accadere a chiunque altro. Troppo comodo dire 'a me non può accadere, è fuori da ogni logica'. I figli sono il riflesso dei genitori: non nasce educato, quindi se il bambino è tiranno ed è un demonio, è perché TU caro genitore, l'hai permesso e l'hai reso TU in questo modo. Non c'è bisogno di essere laureati o benestanti per avere dei bambini ben educati. E' l'ABC del comportamento in società, non si compra al supermercato con il prezzo più conveniente... No, non ci sono scuse, ma chi ha un disagio grave, va aiutato prima che si arrivi a nefandezze del genere. Ci sono gli assistenti sociali, la depressione post parto dovrebbe essere considerata una malattia e curata adeguatamente, e ci vorrebbero quei maledetti ammortizzatori sociali che dovrebbero mitigare la 'fuga' dei padri che devono disperatamente lavorare per poter assicurare la pagnotta in casa. Ecco, forse è utopistico, ma una soluzione a questi drammi si devono trovare in qualche modo...
RispondiEliminaMa dai per favore!
RispondiEliminaLa madre ha detot che dall'età di sette anni questa ragazza era seguita da uno psicologo, poi non è più andata perchè si è rifiutata. E se una persona adulta si rifiuta di farsi curare non vedo proprio gli altri di cosa possano essere accusati, mica possono costringerla!
mi ha dato molto fastidio poi sentire parlare di "fuga dei padri": il padre in questione fa il camionista, forse che stare per strada cinque giorni su sette con ogni tempo, lontano dalla propria famiglia è uno spasso?! Ma dato che il femminismo impea non mi stupisce che la colpa si dia sempre agli uomii: anche quando hanno la colpa di lavorare per mantenere la propria famiglia.
Il porblema è che nella società in cui viviamo va di moda la deresponsabilizzazione dell'individuo, per cui se fai qualcosa la colpa non può essere mai tua, ma sempre di qualcun'altro. Se ammazzi il figlio la colpa mica è tua, povera gioia incompresa: è del marito che non ti stava attaccato 24 ore su 24, della mamma con cui non andavi d'accordo, della sorella che non faceva girare la sua vita attorno alle tue paturnie...ma tua?! Giammai!
Grande Vale, hai perfettamente ragione, la penso proprio come te...
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RispondiEliminaDiventare e poi "essere" madre vuol dire responsabilità, gioia, amore, spirito di adattamento, mettere da parte l'egoismo. Non è sacrificio: perché il sacrificio comporta una perdita, una privazione o rinuncia a qualcosa...e un figlio questo non te lo fa. In caso ti può dare soltanto altre cose, ti arricchisce. Ti cambia, quello sì ma non ti toglie. Sta a noi "essere" bravi genitori e a riuscire a trovare un equilibrio personale che ci consenta anche di "fare" i bravi genitori.
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