lunedì 14 aprile 2014

Ciao Prof!



Non so mai quantificare la tristezza, la sensazione di vuoto assoluto che si crea a metà, tra lo stomaco e la gola. Oggi ne scopro l'odore, il sapore acre che sei costretto a mandare giù anche se non vuoi. 
Avrei voluto parlarti prima, rivederti ancora un'ultima volta. Almeno per dirti qualcosa di me, della mia vita. Del punto in cui mi trovo e di tutto quello che mi sfugge, inesorabilmente. Avrei voluto sentirmi dire da te:"Vale, dove ti trovi oggi è esattamente dove dovresti essere. Continua così!". Se tu me lo avessi detto io ti avrei creduto, lo avrei fatto senz'altro.

E invece non ne ho avuto il tempo, rimani nei miei ricordi e rimane questo ultimo incontro immaginato solo nella mia testa. E fa male. 

Avrei voluto sentire la tua, sugli ultimi film Marvel, ricordo quanto amavi Peter Parker. Avrei voluto parlare con te di Jep, delle sue feste e dei suoi trenini diretti da nessuna parte. Avrei voluto massacrare insieme a te la critica italiana, per poi confessarti:"Prof, ma lo sai che sono diventata un critico?". Chissà quale faccia avresti fatto...
Avrei voluto parlarti di me, della mamma che sono diventata, dei miei figli e della paura terribile che ho quando penso al loro domani. Paura di non farcela a dare loro il meglio, paura di essere una donna sbagliata, figlia ancora ribelle e testarda. Ti ricordi quando mi dicesti che c'era da presentare un film di Scola, in un altro Liceo del quale non ricordo il nome, e tu pensasti bene di proporre a me la cosa? Quanta paura avevo, non te l'ho mai dato a vedere, eppure ne avevo da vendere. Quella fu la prima volta in cui io parlai davanti a un piccolo pubblico, esponendo la mia idea su un film. Era "Una giornata particolare", lì capii che quella storia d'amore appena nata, era destinata a non finire mai. Lì mi innamorai del cinema, da lì in poi io ti devo la parte di me che amo di più. La me più bella e entusiasta, la me critica e capocciona. Tu credevi in me, quando ancora io non sapevo cosa volesse dire stare al mondo. Mi urlasti contro durante la prima prova alla maturità, perché mi piangevo addosso convinta di non saper scrivere. "Valentì, non dire cazzate e scrivi!".
La mano partì e la testa con lei. Ricordo ancora quando mi consegnasti il tema, con gli occhi pieni della loro gioia, e della mia. La soddisfazione di aver tirato su un piccolo mostriciattolo innamorato della letteratura, del cinema. Che voleva scrivere, anche se il suo talento nel buttar giù lacrimoni, avrebbe potuto portarmi altrove. Tu mi vedevi bene come attrice drammatica (lo so che me lo dicevi per prendermi in giro) e di una cosa sola ti importava, che io non perdessi mai la paura e trovassi la forza nella voglia di sapere quanto di più possibile c'è da sapere. La curiosità che mi leggevi in faccia, la ramanzina al quarto superiore, quando mi ricordasti che non c'era solo la Storia (io avevo un debole per la materia), e che avrei dovuto iniziare a guardare con quegli stessi occhi, alla Letteratura. Me lo avessi mai detto...Al quinto, avevo già deciso che il mio percorso senza di te, sarebbe andato avanti all'Università, studiando Lettere. La tua presenza non mi ha mai lasciato, la tua voce e il tuo modo scoraggiante, ma provocatorio, di dire: "non fa che mi vuoi diventà insegnante eh?". Ma io lo so che ti avrebbe reso fiero come nessun altro. Oggi ti prometto una cosa. Il prossimo anno mi iscrivo a Lettere per la seconda volta. Sì, voglio prendere la magistrale e voglio provarci. La voglia di vivere e l'attaccamento a questa vita l'ho imparato da te. Insieme a questa passione che mi hai trasmesso. A te non fregava nulla se il lunedì mattina qualcuno non aveva fatto "i compiti a casa". Lo dicevi spesso. 
"Avete visto almeno qualche film?".
Se la risposta era sì, eravamo già tutti promossi. Un posto nel tuo cuore e uno in paradiso, contemporaneamente.

Oggi ti ho rivisto lasciare la classe, con la solita fierezza e l'espressione liscia, di chi ha fatto ancora una volta, il proprio dovere. Un dovere che per bocca tua, per mano tua, diventava benedizione per noi altri. Noi alunni, alle prese con i primi piani per il futuro. Ancora così stupidi e belli, in ogni cosa che ci riguardava. Oggi eravamo più grandi, con il futuro in mano, pieni di paura e mai come prima "smarriti". Oggi hai lasciato quella classe, voltandoti per l'ultima volta. E tutto rimane così com'era ieri, solo imbruttito dagli anni che hanno portato via tutte le domande che avevamo in serbo, alle quali tu, puntualmente, cercavi di rispondere. Mai in maniera definitiva, mai convinto. Ma sempre pieno d'entusiasmo. Non volevi che i tuoi alunni cercassero modelli assoluti, perché dicevi che la rivoluzione è dentro di noi. Eppure, tu per me lo eri, lo sei ancora adesso. Ora che ti ho visto andar via, verso un punto lontano dal mondo, dal quale non è previsto ritorno. Ti porterò con me, accanto alla parola insegnamento, accanto al cinema e a un libro mai chiuso. 
Ciao Prof!


14 commenti:

  1. Grazie Dantès. E' una parte di me davvero importante.

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  2. Ho conosciuto e voluto bene a Gianni Barbarella come collega "di classi parallele"; l'ho considerato un maestro e un modello; avevo sempre l'impressione che lui fosse sempre un passo avanti e un metro sopra noi. Ora leggo le tue parole di studentessa e capisco molto bene quale entusiasmante esperienza sia stato averlo come insegnante.
    Grazie. Condivido il post.
    Serena

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  3. Maria Serena è un piacere enorme averti qui. Sai, nel mio futuro ideale mi immagino seduta a un tavolino, circondata da colleghi. Tutti più o meno assenti a pensare già a dove andare in vacanza con la propria famiglia. Poi nella normalità, vedrei spiccare il sorriso di un uomo che è presente, e lo è perché lo desidera davvero. Se mai un giorno io riuscissi a insegnare, vorrei trovare quel sorriso. Per avere la tua stessa fortuna. Anche se, sto scoprendo quanta bellezza e umiltà si nascondesse dietro le persone a lui più care. Grazie di tutto, un abbraccio.
    Valentina

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  4. La folla dei suoi studenti, di tutte le età, venuti oggi a salutarlo nonostante la discrezione e, direi, la ritrosia in cui si è rifugiato in questi ultimi anni, dimostra tutto. Mi accorgo che scrivo e cancello parole; nessuna mi pare adeguata. Nessuna forse lo è.
    Ricambio l'abbraccio di tutto cuore.
    Serena

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  5. Deve essere stato un professore eccezionale. Merce rara. Penso che da lassù leggerà con piacere il tuo post!

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  6. sei stata fortunata, non capita spesso di incontrare persone come il tuo insegnante, grande persona e grande insegnante insieme.

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  7. Alessandra grazie di cuore, sì è stato un punto di riferimento, hai detto bene: merce rara!
    Lo spero davvero...

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  8. Ismaele è vero, io ho avuto questa fortuna e ho paura diventi sempre più raro, trovare punti di riferimento nelle scuole. Penso ai miei figli, a tutti i ragazzi che non sanno dove andare e cercano qualcuno che li indirizzi. Anche se i ragazzi non lo ammettono, ne hanno terribilmente bisogno. Vorrei continuare a credere nell'insegnamento, perché il futuro di ogni ragazzino che si affaccia all'età adulta, inizia a formarsi a partire da lì.

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  9. Maria Serena capita anche a me di non sentire mai abbastanza "adeguata" una parola, una frase che abbia un senso compiuto. Ma lo sentiamo oggi per via della tristezza che ci invade l'anima e il corpo. Credo che le tue parole invece, siano piene di affetto e stima, ma di una stima sincera che difficilmente tra amici/colleghi vediamo intercorrere. Questo è il tuo dono più prezioso, che a lui arriverà.

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  10. Frastornato, emozionato, triste ma felice. Con questo groviglio di sensazioni mi sono incamminato verso casa. Non riesco a vedere nulla, l’acqua è torbida, l’ondata ha alzato tanto sedimento e ora brancolo nel buio. Tempo, calma, aspettiamo domani.
    La notte ha fatto il suo lavoro,l’acqua è meno torbida e riesco a vedere qualcosa intorno.
    Cavolo, è stato proprio uno tsunami quello che mi ha investito. Non la morte, non il dolore, non il rammarico o il dispiacere. No, quello che mi ha investito, come mai mi era successo, è altro. Provare le stesse sensazioni e pensare esattamente le stesse cose di decine di altre persone intorno a me. Stenterei a credere che sia possibile, se non fosse così vero, così vivido, così meravigliosamente palpabile. Le parole dette, le lacrime, gli occhi lucidi, le smorfie di dolore, ma soprattutto i sorrisi e l’incrocio di sguardi che in un attimo ti fanno dire e sentire “si è anche dentro di me”.
    Dentro di me… che lavoro che hai saputo fare! A picconate spaccato la roccia sterile fino a farne terra; lavorata e irrigata con passione e affetto; seminata e accudita con dedizione; potato con decisione, senza indugio i rami inutili e fatto crescere un albero meraviglioso.
    Ieri di alberi ce n’erano tanti, ed è stato bellissimo sentirsi parte di una foresta che si raccoglieva intorno a te.
    Eh si, anche questa volta ci sei riuscito, ci hai spiazzato ancora. Pensavamo di venirti a dare l’ultimo saluto e ci siamo trovati un’altra volta a lezione, Lezione di vita. Non so perché, ma sento che non sarà l’ultima.

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  11. Caro anonimo, ho potuto dare un nome e un volto alle tue belle parole, trovandoti sul gruppo dedicato al nostro amatissimo Professore. Anche io sono convinta di questa cosa, non sarà l'ultima lezione...
    Un abbraccio

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  12. che belle parole Valentina, ad avere professori del genere vuol dire essere molto fortunati :)

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  13. A distanza di anni le tue parole, cara Valentina, sono così toccanti che non posso fare a meno di emozionarmi mentre le leggo.
    Ti abbraccio Serena Barbarella

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