Sono tempi difficili, i nostri. L'amarezza ormai sembra essere l'unica fidata compagna della disperazione. E i disperati siamo noi, sì. Quelli nati nel momento sbagliato, nel posto sbagliato. Di noi si parla quando ci si ricorda di un paese allo sbando - il nostro - arrivato a un punto di non ritorno. E a un passo dal capolinea, organizzati in fila indiana sulla linea gialla e con l'indifferenza negli occhi, noi, la generazione del piano B.
Edoardo Leo segna la sua terza regia partendo proprio da qui. Un dato di fatto, una consapevolezza che ti porti dentro e che, seppur tu non la voglia affatto, ti prende alla sprovvista come un crampo, una gomitata improvvisa allo stomaco.
Ed è come raccontare una storia che si ripete, identica.
In Italia ci sono i giovani laureati che emigrano con i sogni coltivati nella propria terra, e poi ci sono i quarantenni falliti, quelli per cui partire è impossibile e allora ripiegano tutto su quella che sembra essere l'unica carta ancora giocabile: un'attività.
Ma da soli è difficile partire da zero, per cui trovare un socio - ma anche due o tre o...- è il primo passo verso la meta.
Questa è la storia di Diego/Luca Argentero, Fausto Maria/Edoardo Leo e Claudio/Stefano Fresi. Storia di chi non ci ha mai provato ed è costretto a costernarsi sul luogo di lavoro, un lavoro di merda, sì, di quelli che mai avresti scelto se solo avessi potuto farlo.
Scegliere.
Storia di chi si sente grande, con tanto di fama e gloria stampate in faccia, e poi in realtà si scopre piccolo, solo. Senza né una né l'altra.
Ma quale fama. Ma quale gloria?
Storia di chi manda in rovina il nome di un'attività familiare secolare e rinomata, con matrimonio annesso.
E poi c'è chi lotta a oltranza (Claudio Amendola ritrova grazie a Leo, una ragione di essere), guidato dalla fede politica e dagli ideali rivoluzionari. C'è una pancia bella in vista e il coraggio di guardare le cose e vederle ancora belle, anche meglio di ciò che sono (e aggiungerei un grossissimo "brava" per la Foglietta, dolce e danneggiata, perfetta!). C'è il camorrista che "non per niente i miei nonni", e a seguire una vecchia Giulia con un impianto stereo pazzesco e una batteria indistruttibile.
Partendo dalle pagine di Fabio Bartolomei - Giulia 1300 e altri miracoli - Leo si destreggia nel cosiddetto salto di qualità. Una regia e una sceneggiatura (scritta insieme a Marco Bonini) visibilmente più mature rispetto al già piacevole Buongiorno papà, con il valore aggiunto di uno sguardo più critico e disilluso.
Ma la fortuna poi vuole che un regista possa essere disilluso/incazzato e persino autoironico. E di Edoardo Leo mi viene in mente soprattutto questa grande qualità, umana ancor prima che autoriale. L'ironia.
Perché se c'è una cosa che ci salva ancora da questa triste storia, da questo strano limbo allucinato in cui è impossibile seminare e poi raccogliere, questa è l'ironia. La voglia di guardarsi allo specchio e provare pena, e poi subito dopo sorridere di quel viso disgraziato.
Al di là delle idee politiche che poi tendenzialmente ci dividono, io credo nel valore più profondo e intimo dell'arte, da ricercare ovunque. Il cinema, questo cinema, riesce ancora a dare tanto ed è una delle più piacevoli conferme.
Leo ci riesce, con umiltà e classe, battute semplici ma efficaci. Dando ai personaggi quei tic e quelle paure che in fondo riguardano un po' tutti, noi e voi; ma soprattutto chi ha lottato e ancora lo sta facendo, a costo di perdere tutto persino la vita.
Ho lasciato la sala con un'immagine girata esclusivamente nella mia testa. Evocata dal finale del film, credo. Non so quanto senso abbia scriverlo, ma è come se dovessi farlo.
Una voce calda e il volto di una donna, una madre probabilmente, intenta a scrutare i passi del proprio figlio ormai di spalle e diretto lontano.
E poi due occhi che attendono silenziosamente una conferma, un cenno.
Gli occhi di chi pensa e non lo dice: "va, e torna".
Ce l'ho in rampa di lancio.
RispondiEliminaSpero mi dia sensazioni così positive.
Lo spero caro Ford, e sono curiosa di sapere...
RispondiEliminaSai apprezzo molto Leo, per la sua umiltà e per la sua intelligenza. Mi aspetto molto da lui e so che farà ancora bene, anzi meglio. =)
Visto l'altro ieri, carino anche se in alcune parti la tira un po' troppo lunga.
RispondiEliminaMalincnico ma vero, anche troppo.
Prrò non mi dispiacerebbe andare in un agriturismo del genere!
A me personalmente non ha mai annoiato e non ho avvertito quel "tirarla alle lunghe", ma è normale avere reazioni diverse e contrastanti. Be' quella dell'agriturismo non è affatto un'idea malvagia...magari a quarant'anni... ;-)
RispondiEliminaLeo non lo conosco molto, ma su di lui sento tante belle cose. Dovrò informarmi-
RispondiEliminaCe l'ho in lista... Devo ammettere che mi sta attirando non poco.
RispondiEliminaJean, ebbene sì, è ora che tu recuperi il buon Leo! ;-)
RispondiEliminaMarco spero che tu possa apprezzare questo film con il mio stesso entusiasmo. Attendo tue. ;-)
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