martedì 5 gennaio 2016

Caro scrittore in erba - Gianluca Mercadante

 
 
Mi siedo davanti al pc e una reazione insolita mi travolge. L'attimo che precede il primo tasto battuto sulla tastiera, vuole che la mia attenzione svolti in basso - che nemmeno si può dire, ma rende l'idea.
C'è un dolore che viene da dove a malapena arrivo con gli occhi, e le ginocchia mi dolgono.
Faranno male tutte le volte, d'ora in poi.
Menomale!
E questo pensiero mette a tacere molte paranoie, riaccende in me la voglia di insistere come quando rileggi le prime due righe e capisci di avercela fatta, ancora una volta.
Cominciare mi dà vita, e mi suggerisce la più essenziale delle verità: "che un libro non si pubblica, ma si scrive".
 
Parte proprio da questa premessa Gianluca Mercadante, e mette in guardia con sfrontatezza e ironia quel povero disgraziato che, da grande, vuole fare lo scrittore.
Vuole farlo a tutti i costi, probabilmente dopo aver tentato tutto o scartato, col senno di poi, la primissima scelta. L'autore di Caro scrittore in erba, edito da Las Vegas Edizioni - ad esempio - voleva fare il sub. Ma non basta stare a galla per poter dire a voce alta che sai nuotare. Così come non basta scrivere per dire a voce alta che sei uno scrittore.
 
Eppure una voce c'è sempre, a farti compagnia, tutto sta nel saperla ascoltare.
Leggere questo libro a due mesi dall'uscita del mio primo romanzo, ha il suo perché.
Già... perché?
Io l'ho sempre sostenuto che "uno su mille ce la fa", ma all'anima del buon Morandi che ogni tanto riciccia e mi canta all'orecchio, vorrei dedicare tutti i miei dolori e le mie gioie. Lo dice pure Gianluca Morozzi nella sua prefazione al libro, quindi non sono l'unica scema a provare pena per i restanti 999 - tra i quali potrei esserci anch'io.
Ma veniamo al libro.
Prendiamolo come un manuale, anzi no.
Un libretto d'istruzioni? Mmm, no.
A me piace chiamarla, semplicemente, una storia vera.
 
Il libro è suddiviso in due tempi, con tanto di intervallo. Quindi prendiamolo come un film tratto da una storia vera. Il biopic dello scrittore, e chissenefrega se generalizzare non si può. Facciamo che qui è lecito. E non avrei potuto dirvelo con più grande sincerità di quella di oggi, perché questo deprimente e al contempo galvanizzante film che parla del più sommario degli scrittori, dice le cose come stanno. E valgono per tutti.
Valgono pure per te che sei riuscito a realizzare il tuo sogno e a toccarlo con mano.
Hai pubblicato?
Non ti hanno chiesto nemmeno una lira? Pardon, un centesimo?
Bravo!
Non c'è che dire, ma il bello viene dopo...
 
Non nego che a tratti avrei voluto prendere Mercadante a brutto muso per dirgli: "Merda! Allora è tutto vero. Ti odio!"
Non nego che la parte più femmina  - e non femminista - di me , si sia alquanto incazzata durante la "visione" della cagna ignorante al telefono che confida al suo lui di volersela radere. No, non lo nego. Ma non nego neppure che l'ignoranza e la pigrizia denunciate dall'autore, ricoprono una fetta ben più ampia per far sì che l'accusa di maschilista incallito regga. E infatti non regge, ma ci tenevo a confessare il mio pensiero primordiale, le reazioni in diretta durante la lettura.
Mi piace il fatto che qualcuno finalmente si preoccupi della vita di uno scrittore, e non solo ed esclusivamente della scrittura.
Mi piace che si parli del fatto che uno scrittore, o aspirante tale o presunto, debba pur sempre campare. Che le interviste agli autori (più bravi di te) non te le pagano. Le presentazioni degli autori (più famosi di te) non te le pagano. Che le recensioni e gli articoli e le news e il lavoro sui social e... Dio solo sa dove arriveremmo se continuassimo ad elencarle tutte!
Eppure lo scrittore ha fame, sete, ha un mutuo da pagare, le bollette. E nella più surreale delle ipotesi una famiglia, o un lavoro da tenersi per forza, come escamotage.
 
Quella di Caro scrittore in erba è una storia che merita di essere letta e "ascoltata". Ve lo dice una che ci ha riso su e ci si è dannata l'anima. Durante le telefonate ai librai che ti ricordano che non sei nessuno, che il tuo nome è con la n minuscola. Che sei un pesciolino costretto a nuotare per rimanere a galla. Che devi alzare la voce per farti sentire, che devi essere pronto a dire no se necessario, che non ti deve mai mancare la voglia di continuare.
Perché, ricordi? Uno su mille ce la fa, e io so' capocciona, voglio insistere.
Voglio correre, cadere bene e farmi male, e ricordarmelo tutte le volte che mi ritrovo trasognata e un po' ispirata, davanti al pc.
 
Bisognerebbe scrivere una legge, non un libro. Bisognerebbe tutelare il diritto alla passione. Bisognerebbe tutelare la passione quando diventa mestiere - e sostenerla di conseguenza sul piano economico. Bisognerebbe trattare  col dovuto rispetto chi propone il suo lavoro a un qualsiasi pubblico  e bisognerebbe che quel lavoro imparassimo tutti quanti a considerarlo tale. Con la scrittura, con la musica, con le arti non ci si gioca.
 
Gianluca Mercadante, Caro scrittore in erba
 
P.S. A Giallu', ma "erba" con la e maiuscola o minuscola?
 

2 commenti:

  1. Il passo che hai citato in chiusura, è quanto tutti dovrebbero ricordare quando distruggono un autore, soprattutto se alle prime armi e se non ha grandi CE e supporto pubblicitario alle spalle.
    Fare critica e farla bene, è difficile e non significa buttare merda sul lavoro altrui. Il brutto è che molti Critici di mestieri sono i primi a dare il cattivo esempio. E mi pare che in rete se ne leggano di cavolate...
    Per quel che mi riguarda, il rispetto alla persona che è uno scrittore ci deve sempre essere. L'onestà di dare un parere non positivo, non equivale a offendere o a trattare con estrema superficialità.
    Sono fermamente convinta che sarebbe meglio (a livello di blog amatoriale) scrivere di ciò che si è apprezzato, o comunque, se si sente la necessità di dare un giudizio negativo, farlo con le dovute cautele imposte dal rispetto.
    Ciao Valentina, un abbraccio ^_^

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  2. Cara Glò, mi trovi d'accordo su tutto. A me capita di non amare particolarmente un autore o un film, ma prima di buttargli merda addosso, provo a capire cosa non ha funzionato nel mio approccio. Perché spesso dipende da noi, e la critica non è mai imparziale. Se tutti avessero questa consapevolezza sarebbe un mondo migliore. Un abbraccio! :-*

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