Passa ai contenuti principali

Gabriel García Márquez - Cronaca di una morte annunciata



Con questo romanzo breve sono entrata nella "fase Márquez". Credo che la nostra vita da lettori sia scandita da incontri, da momenti topici nei quali è impossibile cambiare direzione. Come se un bisogno fisiologico avesse la meglio e decidesse per noi. 
In realtà tutto è accaduto al supermercato un paio di settimane fa. 
Mentre mi avvio alle casse non posso fare a meno di notare questi Mondadori a cinque euro, tra i quali, molti dei titoli sono proprio di Gabriel García Márquez. Subito vengo rapita da due titoli, Cent'anni di solitudine e Cronaca di una morte annunciata.

In preda al fatidico "con quale inizio?", consulto alcuni amici già avvezzi alla penna dello scrittore di Aracataca. Un'amica fidatissima mi suggerisce di iniziare con Cronaca di una morte annunciata, confidandomi che tra i due, era quello che di più le era rimasto nel cuore. 

Mentre scrivo di questa "Cronaca annunciata", pubblicata nel 1981 (in Italia da Mondadori nel 1982), già sono immersa nelle atmosfere lontane dal mondo e dal tempo, descritte con incredibile maestria da Márquez nel suo più noto, Cent'anni di solitudine. Mi sembrava un po' una premessa da dover fare...
In Cronaca di una morte annunciata si trova, a partire dal titolo, qualcosa che rapisce il lettore e che, al tempo stesso, lo mette subito di fronte a un colpo di scena non voluto. Piuttosto, spiattellato in un incipit che così recita: 

"Il giorno che l'avrebbero ucciso, Santiago Nasar si alzò alle 5,30 del mattino per andare ad aspettare il battello con cui arrivava il vescovo. Aveva sognato di attraversare un bosco di higuerones sotto una pioggerella tenera, e per un istante fu felice dentro il sogno, ma nel ridestarsi si sentì inzaccherato da capo a piedi di cacca d'uccelli. «Sognava sempre alberi, – mi disse Plácida Linero, sua madre, 27 anni dopo, nel rievocare i particolari di quel lunedì ingrato. – La settimana prima aveva sognato di trovarsi da solo su un aereo di carta stagnola che volava in mezzo ai mandorli senza mai trovare ostacoli», mi disse. Plácida Linero godeva di una ben meritata fama di sicura interprete dei sogni altrui, a patto che glieli raccontassero a digiuno, ma non aveva riscontrato il minimo segno di malaugurio in quei due sogni di suo figlio, né negli altri sogni con alberi che lui le aveva riferito nei giorni che precedettero la sua morte".

Ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto, a seguito del quale l'autore ha cercato indizi e conferme da più "voci oculari", il romanzo si annuncia come un inspiegabile capolavoro di narrativa, privato però di quella frenetica suspense che di solito aiuta le cosiddette detective story, impregnate di mistero fino alla fine, pur di tenere segreta la vera identità del temibile assassino. E invece Márquez non ne ha bisogno, tanto da rivelare nell'incipit come finirà questa storia e senza nemmeno esitare sull'identità dei colpevoli. 
Santiago Nasar morirà in circostanze assurde. Perché nonostante i fratelli Vicario abbiano fatto di tutto pur di rendere note le loro macabre intenzioni, nessuno ha cercato di dissuaderli. La colpa di Santiago è stata quella di aver violato la verginità di una donna, Angela, sorella dei Vicario, senza che il povero marito Bayardo di San Roman ne fosse a conoscenza. Dilaniato dall'onore calpestato e tradito nel profondo, Bayardo dopo le nozze, riconsegnerà la novella sposa alla sua famiglia. 
La vergogna è tanta e insopportabile, sia per l'uno che per l'altra, e a provvedere a tale sciagura ci penseranno i fratelli di lei. Fin da subito pare essere chiaro che il colpevole sia Santiago, ma qualcosa ci porta a dubitare fino alla fine, forse anche qui c'è del genio in Márquez...

L'assurdità della storia di Santiago è identica all'assurdo che ogni giorno governa il nostro mondo reale. Fatto di storie simili, piene di omertà e di silenzi che a lungo andare hanno reso impossibile il concepimento di una sana giustizia. Non c'è verità palese che possa cambiare il corso degli eventi, seppur tutti sanno, tutti hanno visto e sentito. 

Cronaca di una morte annunciata somiglia a un articolo scritto da chi non si pone affatto un margine di battute. Il talento di uno scrittore credo si trovi esattamente qui, nel fare poesia, narrativa, cronaca, saggistica, letteratura e giornalismo in sole 142 pagine.

Se c'è una cosa che mi ha profondamente colpito di questo romanzo, è la descrizione delicata e ferma, della follia lucida e consapevole che troppo spesso, travolge l'uomo e lo porta a compiere atti di una violenza indicibile. Márquez ha questo dono, e non credo sia da tutti.

"Già quasi vecchio, mentre cercava di spiegarmi il suo stato in quel giorno interminabile, Pablo Vicario mi disse senza nessuno sforzo: «era come stare sveglio due volte». Questa frase mi fece pensare che la cosa più insopportabile per loro in quella cella doveva essere stata la lucidità di mente".


Commenti

  1. Un libro che sfiora la perfezione, chiaro, breve, attento e ricco dei colori e delle atmosfere sudamericane: sembra di esserci in quella torrida giornata in cui si consuma il delitto, sembra di sentire le voci dei compaesani di Santiago, di vederlo andare incontro al suo destino. Come scrivevo nella mia recensione, l'aspetto che più mi ha colpito è il senso di tragica fatalità che permea il libro, perché, anche laddove sembra ci siano tutti i presupposti per poter evitare l'assassinio (a partire da quel desiderio di essere scoperti che l'autore attribuisce ai fratelli Vicario), nessuno di essi si realizza o, anzi, viene incredibilmente rovesciato. Un capolavoro di Gabo, non c'è che dire. :)

    RispondiElimina
  2. Vero Cristina, anche la sensazione di respirare quell'aria e di scoprire a poco a poco la psicologia dei personaggi coinvolti. Ne sono uscita davvero sorpresa ed entusiasta da questa lettura. Ora sto leggendo Cent'anni, lo sto facendo piano piano, lo sto gustando come si fa con i capolavori. Ma già ti dico che mi piace molto. =)

    RispondiElimina
  3. Eheh, se di questo libro ho detto che sfiora la perfezione, Cent'anni di solitudine la prende in pieno! Ma rimando ulteriori commenti a quando avrai finito il libro! Buona lettura! :)

    RispondiElimina
  4. Eh sì. Torneremo a parlarne e credo con altrettanto entusiasmo. =)

    RispondiElimina
  5. L'ho letto l'estate scorsa e l'ho amato, così come tutti gli altri libri di Marquez.. un grande uomo e soprattutto un grande scrittore :)

    RispondiElimina
  6. è il primo libro che ho letto in spagnolo, è bellissimo;
    Francesco Rosi ne ha tratto un film (http://www.imdb.com/title/tt0092800/?ref_=nm_flmg_act_51), naturalmente inferiore

    RispondiElimina
  7. Mi piace tantissimo!!! Dato che sto studiando spagnolo vorrei provare a rileggerlo in lingua originale ma è una sfida che un pò mi spaventa...vedremo se ci riuscirò nei prossimi mesi! :)

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Tema: il mio futuro

Oggi farò qualcosa di insolito, non proprio sulla stessa scia dei post che vi è capitato di leggere su CriticissimaMente fino ad ora. Nonostante questo, però, vi sorprenderete (e mi sorprenderò), di quanto questo, sappia raccontare meglio di me, il senso e le ragioni, se mai ce ne fossero, di tutto ciò che anima questo blog, fin dal principio. In effetti provare a spiegare le ragioni è sempre un po'scomodo, qualunque esse siano, soprattutto se in ballo c'è una persona normale, che ha i suoi alti e, i suoi bassi. Laddove gli alti siano mantenuti e rafforzati da una strana malattia che affligge noi uomini, che ci fa sognare ancora e ci manda continuamente a sbattere contro i muri senza mai farci rinsavire o spronarci a cambiare strada. Questa è la tenacia , la testardaggine. Qualcosa che, se ce l'hai, ce l'hai e basta. Ce l'avevi ieri, ce l'hai oggi e non potrai farne a meno nemmeno domani... Questo accade quando tua madre un pomeriggio come tanti, decide...

Dylan Dog, il film. Ogni cinefilo ha il suo incubo.

Licantropi e vampiri , direi che ne abbiamo fin sopra ai capelli di queste trovate alla Meyer , almeno nel mio caso, il primo pensiero finisce inesorabilmente lì. Non so quanto e come poi, questo abbia influenzato il mio giudizio. Solamente posso dire che, quando decisi di vedere Dylan Dog, il film , non immaginavo (al di là delle comuni perplessità) che avrei avuto a che fare con quello che, a tutt'oggi, io considero: il peggior film della mia vita!!! Abbandoniamo il rimando al film di Giovannesi , che qui a confronto è una boccata d'ossigeno per ogni cinefilo, e torniamo al film di Kevin Munroe . Il regista canadese aveva esordito nel 2007 con TMNT  (Teenage Mutant Ninja Turtles), dopo aver scritto e coprodotto nel 2001, un altro film d'animazione del regista Tony Shutterheim , Donner . Non è chiaro, tuttavia, quale malsano meccanismo sia scattato nella mente di Munroe quando, nel 2010, decise di portare sullo schermo la storia di un personaggio tanto popola...

Quel mostro di me

Certi giorni mi vanno stretti, ci sto dentro a metà. Altri mi sembrano grandi come l'oceano. Sguazzo, mi perdo, sto serena. Scrivere Madrepàtria - Racconti dell'umana sorte ha significato molto per me.  Fin dal principio ho capito che quello, era il mio modo di esorcizzare i mostri più radicati nell'anima. Forse scrivere è davvero un atto terapeutico ancor prima che creativo. Ma certi mostri non li puoi cacciare via definitivamente, devi imparare a conviverci.  Questi racconti hanno avuto la forza di tenerli lontano da me, quei mostri, almeno per un po'. Di guardarli con scherno, prima da dentro e poi a distanza di sicurezza. Ma quali sono davvero questi mostri? Cos'è che sto allontanando? Ho paura che si tratti di me.  Di un ruolo sbagliato (così dicono), che ho rincorso a fatica, che poi ho cambiato, che poi ho abbandonato. Mi adatto continuamente, e continuamente non mi ritrovo. Scrivo, metto da parte, allontano i mostri, allont...