Henry Barthes (Adrien Brody)
è un uomo solitario che porta addosso una profonda ferita. E’ un supplente di
letteratura al liceo, entra ed esce dalla vita degli studenti, cercando di
lasciare a ognuno di essi qualcosa che li aiuti a capire che buttarsi via non è
mai la soluzione migliore. Nonostante il poco tempo a disposizione, e il
tentativo di tenersi sempre “distaccato” dagli altri, la vita di Henry sarà
sconvolta dall’incontro con due giovani donne, Erica e Meredith.
Il regista britannico Tony
Kaye conquista pubblico e critica già nel 1998 con il primo
lungometraggio American History X,
pellicola toccante, denuncia drammatica del razzismo negli USA. Replica poi il
successo nel 2006, con lo splendido film-documentario, Lake of Fire.
Il Distacco (Detachment), si presenta agli occhi
dello spettatore come un ritratto non convenzionale del sistema di istruzione
americano. Scritto infatti da un ex insegnante Carl Lund, il film
percorre e analizza sequenza dopo sequenza i vari stati d’animo dei personaggi,
attraverso flashback e inquadrature color seppia. La storia, annunciata con le
parole di Albert Camus (and never
have I felt so deeply at one and the same time so detached from myself and so
present in the world), viene alla luce insieme alla vita interiore di Henry, il quale si racconta e si esprime
come voce narrante dell’intero film. Le storie dei ragazzi disastrati e quasi
senza speranza sono viste con gli occhi di Henry, e si intersecano con quelle
degli altri insegnanti a tempo pieno persi nella rassegnazione e disillusi di
fronte a un corpo studentesco indifferente al mondo intero. E’ così che il
distacco tenuto fino a “ieri” dal protagonista viene inevitabilmente azzerato,
non c’è più distanza tra lui e il mondo. La prostituta adolescente Erica (Sami Gayle) così
terribilmente “avvezza” alla sua vita per strada, oppure Meredith ( Betty Kaye, figlia del regista),
l’allieva sensibile schiacciata dal giudizio dei compagni e del padre. La vita
di queste giovani donne travolge quella del supplente, il migliore tra i
disoccupati (così lo definisce la preside del liceo), il martire dei
“sostituti”, un uomo solitario e afflitto dal ricordo insistente della madre
defunta.
La superba interpretazione di
Brody, i cui monologhi sono affidati alla macchina da presa e tagliati
sporadicamente durante la visione del film, rende senz’altro l’alta
percentuale di riuscita della pellicola. Anche se non passano inosservate le
interpretazioni singole degli altri personaggi, come quella della dottoressa Doris Parker (Lucy Liu), davvero
toccante il suo sfogo commosso davanti a una delle tante, troppe, studentesse
“svuotate” e prive di ambizioni. I momenti critici del professor Wiatt (Tim Blake Nelson) passati in
cortile, aggrappato alla recinzione e in preda alla alienante sensazione di
essere invisibile agli occhi dei passanti; insomma ogni tassello è messo al
proprio posto per poter dire che questo Detachment arriva dentro e ti scuote
l’anima. L’essenza del film fa tornare alla mente la sentita battaglia di uno
scrittore americano chiamato Jonathan Kozol, il quale, piccolo
accenno per chi non lo sapesse, nei suoi più importanti saggi denuncia proprio le
disuguaglianze presenti nel mondo scolastico, soprattutto legate a problemi di
razza e provenienza sociale.
Forte e suggestiva l’immagine che
Kaye, nell’epilogo, dà all’istituzione scolastica, quella di una classe, vuota
e desolante, accompagnata solamente dal fruscio di fogli stracci buttati a
terra e spostati dal vento. La sensazione di sconforto e abbandono, proprio
come quella descritta da Poe nel suo “La caduta della casa degli Usher”.
Il film uscirà nelle sale italiane il 22 giugno 2012.
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