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"Supersonico" di Salvatore Luca d'Ascia



Credo sia la prima volta questa, che io mi ritrovi a parlare di un libro che, con buone probabilità, mai avrei scelto se lo avessi visto in fila tra gli scaffali, e tutto fosse dipeso dalla mia immediatezza sensoriale.

È un genere che tendo ad evitare (come la peste? - è probabile), per vigliaccheria, per una questione di ignoranza voluta, o auto imposta, ancora non lo so. Così accade quando si parla delle guerre in mondi che paiono essere collocati chissà dove, troppo lontani per interessarci davvero, cose troppo complicate. Ma chi prova a superare la paura, la pigrizia e l'ignoranza, merita almeno la nostra attenzione. La merita tutta.

Salvatore Luca d'Ascia è un medico chirurgo specialista in cardiologia. Classe 1979, padre napoletano e madre brasiliana, d'Ascia si occupa tra Napoli, Milano e New York, di nuove tecnologie applicate allo studio del cuore. 

"Dal cuore alle pagine stampate", è stato il mio primo pensiero. Incuriosita come non mai dalla storia di questo scrittore e dal titolo, inizio a leggere Supersonico. Butto via l'ignoranza, mi armo di occhi nuovi e comincio a scoprire l'inferno

Siamo nei quartieri spagnoli di una Napoli che possiamo definire "contemporanea". Qui cresce un ragazzino al limite dell'anonimato, perché la sua storia non è un caso limite, nu guaglione come tanti, con la voglia di spaccare il mondo e bruciare le tappe, quella che è di tutti i ragazzini che vogliono volare, impennare in faccia alla vita. Il mezzo/motorino sempre a disposizione, le prove da superare, le prime botte che bruciano sulla pelle, i silenzi delle strade che si scontrano con le urla stonate di tutte le vite buttate. Vasi di porcellana destinati a cadere in mille pezzi, è così che pensiamo ai protagonisti di questo libro. Così ne parla l'autore stesso e a loro è rivolto questo libro, quasi una dedica proveniente dall'oltretomba ma forte, tanto da arrivare lontano. 

Leggere Supersonico è un po' come venire aggrediti da uno sciame di api avvelenate, condannate ad attaccare per difendersi e poi morire. Cadere a terra sfatte, senza aver pensato mai una volta che il loro destino è così infame. Come le api, i ragazzini dei rioni vivono in maniera del tutto assente e passiva il loro destino. Chissenefrega della morte, se mi brucia il naso per aver sniffato benzina, o per aver ingerito chissà cosa o per aver impennato ogni motore e aver dato mazzate a chiunque. Non c'è il male finché non c'è vergogna. Quella che ti fa tremare le gambe e ti svuota, ti violenta da dietro come un boss con la canottiera aderente, sporca, sudata...

"Ribrezzo, paura, malattia, moderazione, cosa erano mai?. Non le capivo. Non le volevo. Nel cibo e nella vita erano cose per deboli e io non avevo debolezze, ma solo desideri e una fame inestinguibile, da cane bastonato. Napoli rimaneva forgia impietosa e non smetteva di battermi addosso, ma oramai io ero acciaio e non esistevano esperienze immotivate, stupide, pericolose, ma solo rabbia e fretta. E non esistevano regole e orari, catene, sonno, fatica, ma solo nuove lotte e io che volevo vincerle tutte. Bruciare ogni tempo e ogni mondo. Urlare. Ruggire. Perché ogni cosa è una guerra e in guerra il secondo posto non è ammesso e quindi io esploravo e correvo, veloce e inafferrabile, ovunque volessi. Splendente. Supersonico".

Supersonico è un pugno in pieno viso. Farà male, ma è indispensabile.

Commenti

  1. Non lo conoscevo ma sembra davvero molto interessante! Anche io tendo sempre a "evitare" questo genere, ma sicuramente farò un'eccezione :)

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  2. Abbiamo questa tendenza in comune allora. ;-)
    Però è bello sfatare le paure a volte, ci fa crescere.

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  3. Questa è una recensione!!! Mi hai incuriosito, lo metto in lista

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  4. Grazie Faina!!! Spero di sapere poi cosa ne pensi tu. A presto =)

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