Stavo dando un'occhiata ai precedenti post scritti proprio in questo periodo. Per la precisione, quello di due anni fa e quello dello scorso anno. Be', non potrei compiere più di questi due passi indietro, per rivedere la mia storia e quella di CriticissimaMente. Perché esattamente tre anni fa qui, cominciava qualcosa.
Un groviglio di idee e battiti accelerati del cuore, una stanza mai vuota e una finestra da cui guardare il mondo. CriticissimaMente è la storia precisa della mia vita, un'ambizione messa in pericolo dall'indifferenza e dalla paura degli altri, dalla rassegnazione generale in cui tutti gli uomini di questo paese, sono sprofondati. Sì che col tempo, poi, quella paura mai condivisa ha iniziato a sgambettare i miei progetti, i miei sogni, la mia convinzione di spaccare. Ma nonostante questo, un giorno non molto lontano, decisi di fare qualcosa...
E per la seconda volta dico "qualcosa".
Spiegare a parole CiticissimaMente è complicato. Un po' come quando ti dicono: "dimmi tre aggettivi che ti descrivono".
Ma che cavolo ne so?
A volte non so nemmeno chi sono e cosa vuole la vita da me, soprattutto quando mi guarda e mi mette alla prova.
Forse su queste pagine si spiega e si cura, il male inferto da un'epoca confusa, sbagliata. Dove le cose all'improvviso hanno cominciato a correre all'incontrario.
E mi viene in mente il treno dei desideri...dei miei pensieri. Sì. Perché quando cantavo questa canzone, durante le gite alle elementari, ero talmente ingenua e felice, e inconsapevolmente forte, da rompere persino l'aria, quando si faceva pesante.
Prima di diventare madre, nella mia testa prefiguravo un futuro non troppo lontano, nel quale io con laurea in mano e faccia tosta, sfoggiavo con orgoglio il tesserino da pubblicista. E poi l'iscrizione all'albo. E poi la mia vita.
Bella eh?
Quando nacque Luca avevo sette esami ancora. Ricordo l'esame di etnomusicologia col pancione. Certe botte su quel banco che sembrava da prima elementare...
Poi ad un tratto sono passati due anni, e Luca correva davanti l'aula magna della Sapienza. Aveva due anni e mezzo. Poco più avanti, lungo il corridoio adiacente all'aula grande, c'ero io con una tesi in mano, un sorriso interminabile e una pancia di nuovo sporgente.
Marzo 2011.
Poi sapete com'è no?
Mentre il mondo mi diceva: "ma ora sei madre, hai due figli, devi mettere da parte i tuoi sogni", io mi tappavo le orecchie e guardavo oltre. Continuavo a indicare quel punto, che mai avevo perso di vista. Volevo diventare giornalista.
Scrivere.
La svolta avvenne al termine di un corso in giornalismo culturale. Questa è una storia che ho già raccontato, ma...vi chiedo: "posso raccontarla ancora?".
Il professore, dopo avermi messo più volte alla prova, mi confidò una cosa. Il mio stile non era proprio quello di una giornalista, piuttosto quello di un critico. Perché la critica è ben diversa, e io lo capii durante quei giorni. Fare la cronaca di un evento, riportare i fatti in maniera obiettiva, vivere per la "notizia" e praticare il principio sacro e inviolabile delle cinque W (what, why, when, who, where), era la noia. Era come morire sulle pagine, spegnere un impulso che invece batteva dentro di me.
I pensieri neutrali a me non piacciono. Credo fermamente che un lettore, qualunque esso sia, scelga sempre un confronto in ciò che legge. Conferme e dissensi, purché siano parole vive e non una cronaca anemica.
Il professore capì che la mia scrittura andava in un'altra direzione. La chiamò "scrittura creativa", e io provavo a tirar giù dal soffitto dell'aula una qualche risposta che mi aiutasse a capire cosa diavolo volesse dire...
Poi mi spiegò una cosa, e allora capii.
"Sai Vale, nel giornalismo è assolutamente vietato usare gli avverbi".
-Assolutissimamente, avrei voluto dire io.
"Ho notato che tu ne abusi, e spesso esprimi il tuo punto di vista nell'articolo".
-Infattamente sì. Lo ammetto.
Niente avverbi. Niente punti di vista.
Ma cos'è 'sta storia?
Per me era un po' la morte. E allo stesso tempo la rivelazione definitiva.
Il professore, mi disse anche che esisteva nel web una strana cosa chiamata "blog", e che tutti quanti potevano averla.
"Mmm, blog. Chissà cos'è" - mi chiedevo.
Lo so, sembra che stia parlando degli anni venti, invece era il 2012.
Praticamente con il blog, ognuno è libero di scrivere ciò che vuole, creando una sorta di diario on line. Lo si può fare a tempo perso, per passione, ma potrebbe diventare persino un lavoro se fatto con costanza...
Lavoro? Scrivere? Ciò che voglio?
Era fatta. Nella mia testa iniziarono a sfarfallare le più stravaganti e confuse idee, ma erano così allettanti che nulla interruppe quel fiume in piena.
Il giorno in cui ritirai l'attestato, mi avvicinai al professore dicendogli qualcosa a proposito di quella curiosissima cosa chiamata blog.
"Sa professore...ho preso alla lettera i suoi consigli e...ho creato un blog".
Lui sembrò molto contento, io ancor di più.
Sono partita da zero, studiando le dinamiche del web, quella roba chiamata SEO, e l'HTML e i feed e gli URL e i tag, le etichette, i bottoni social.
<data:post.body/> e l'animaccia sua!
E così, mentre cercavo la riga giusta, nell'infinito mondo alfanumerico che parlava una lingua distante anni luce dalla mia, io ho trovato me stessa.
Era il 17 aprile del 2012.
Guardo i primissimi post e penso: "mammamia, come scrivevo male".
Eppure erano i post migliori, quelli pregni di meraviglia e stupore.
Ma durante questi anni ho scoperto che, il web non vuol dire solo strategia e SEO. Vuol dire anche che tu, attraverso questo schermo indecifrabile, puoi instaurare legami che vanno al di là di tutto.
Qui si cresce, si impara ogni giorno e si continua a sperare che prima o poi, quel treno dei desideri, imbocchi il binario giusto.
Oggi il giornalismo non mi interessa più. E questo l'ho capito sul campo, nel senso più letterale del termine. Ho fatto la giornalista sportiva per otto mesi, per capire poi che tutto era sbagliato. Che approfittare dei sogni è brutto, che sminuire un'ambizione e ridurre un lavoro a opera di volontariato, è il crimine quotidiano di cui è responsabile il nostro paese.
E io non ci sto!
Oggi il giornalismo non mi interessa più. E questo l'ho capito sul campo, nel senso più letterale del termine. Ho fatto la giornalista sportiva per otto mesi, per capire poi che tutto era sbagliato. Che approfittare dei sogni è brutto, che sminuire un'ambizione e ridurre un lavoro a opera di volontariato, è il crimine quotidiano di cui è responsabile il nostro paese.
E io non ci sto!
"Insomma Vale, hai già trovato un nome per il tuo blog?".
"Oh sì. Pensi che è stata la prima idea, la primissima conferma".
...
"CRITICISSIMAMENTE".
Buon anniversario, e spero che tu possa continuare a raccontare e vivere storie.
RispondiEliminaIn fondo, per chi scrive, è la cosa migliore.
Grazie Ford! Farò il possibile...e se mai ci riuscirò, sarà stato anche grazie a voi. ;-)
RispondiEliminaLa scrittura nei blog, se sei autocritico (e se non lo sei tu!) e ci tieni, può solo che migliorare. ;)
RispondiEliminaIspy 2.0
Grazie Ispy, e davvero non immagini (anzi sì), quanto sia d'aiuto la presenza di tutti voi in quest'avventura. ;-)
RispondiElimina"Bella Storia"... sai che ti stimo da tempi non sospetti... il mio osservare ad ampio raggio mi ha aiutato ad apprezzare nel tempo la tua Persona nella sua interezza... quindi non solo l'avverbio ostinato, ma la commentatrice radiofonica, la appasionata di film... di libri... e di cucina... il tuo esser mamma... moglie... il tuo modo di raccontare e di raccontarti... con la tua onesta umanità e dignità... quindi... indipendentemente da me e da chi segue Criticissimamente... "Bella Storia"!
RispondiEliminaChe belle parole Giuseppe, davvero. Quasi mi commuovono.
RispondiEliminaPerché mi ricordo di te fin dal principio e quanto scrivi mi riempie di gioia. La mia storia è quel che è, grazie a me, a voi, ai miei figli e ai miei cupcakes...;-)
Non smetterò mai di dirti GRAZIE. Per la fiducia riposta in me da sempre, e per i tuoi sguardi critici che scrutano, fino in fondo, l'anima.
GRAZIE!
Che bella storia, molto viva...
RispondiEliminaCredo che di professori così si senta spesso la mancanza, soprattutto all'università si è considerati numeri e pochi si prendono la briga di dare consigli e direzionare qualcuno verso la sua strada...
Continua con i tuoi avverbi :)
Grazie a te per averla letta e per averle dedicato tempo! =)
RispondiEliminaDevo dire che lungo la strada ho avuto la fortuna di incontrare due o tre persone in grado di mettere a fuoco la mia vera identità. E io continuerò a suon di avverbi, ininterrottamente...^_^
Ho letto tutto con un sorriso ebete stampato in faccia, insomma: come scrivi bene!
RispondiEliminaBuon bloganniversario Vale, e in alto gli avverbi, sempre criticissimamente!
auguri cara e continua cosi!che essere mamma non vuol mica dire lasciare da parte i sogni..anzi...
RispondiEliminaChe bel racconto, è davvero emozionante la storia che sta alla base di questo mondo che hai creato! Complimenti per il traguardo raggiunto e tanti auguri di buon proseguimento!! :)
RispondiEliminaBuon anniversario :)
RispondiEliminaGrazie Lisa!!! <3
RispondiEliminaEvviva gli avverbiiii. =D
Beatrix tu sì che mi capisci...
RispondiEliminaGRAZIE sorè! <3
Grazie mille Cristina!
RispondiEliminaGrazie grazie grazie. <3
Grazie Michele! =D
RispondiEliminaBuon Compleanno Valentina! CriticissimaMente è un riferimento per me e per tutti noi! Che viviamo di sogni e speriamo anche di poterli raggiungere.... :)
RispondiEliminaSiete voi, tu, il mio punto di riferimento!
RispondiElimina<3
Auguroni un po' in ritardo Vale.... ritardamente! :P
RispondiEliminaE continua a coltivare i tuoi sogni, mi raccomando!
Grazie Bollina! <3
RispondiEliminaa oltranza, sì...:-*
WOW!! Interessante la genesi (usiamo i paroloni che fan sempre scena U_U) del tuo blog.
RispondiEliminaAuguri di buon anniversario ^^
Ihihih, sì a noi i paroloni "ce piaceno"! XD
RispondiEliminaGrazie Michele, un abbraccio. ^_^
Adoro gli avverbi! ^^ Questo post mi ha permesso di recuperare alcune informazioni su di te e sul tuo blog, visto che sono qui da poco. Il nome che hai scelto, CriticissimaMente, dice moltissimo, lo si capisce immediatamente, nel momento in cui ti si legge.
RispondiEliminaComplimenti e ad maiora!
Un abbraccio! ^_^
Ciao Giò...sono felice che tu stia scoprendo qualcosa di più, di me e del blog. Felice poi che apprezzi gli avverbi. ^_^
RispondiEliminaFa sempre un certo effetto sentirsi dire che leggendo questi post, si capisce il senso più intimo del blog, a partire dal nome.
Un abbraccio, a presto! :-*
io sono papà...due volte papà...ed i sogni mi svegliano spesso per ricordare che ci sono, sempre, ancora più di prima!!!
RispondiEliminaio sono papà...due volte papà...ed i sogni mi svegliano spesso per ricordare che ci sono, sempre, ancora più di prima!!!
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