martedì 17 aprile 2012

Inception, la sfida dell'onirico



Un piccolo calcio, quella strana sensazione di cadere nel vuoto e una melodia che invade pian piano la scena ( sono le note di Edith Piaf Je ne regrette rien”)… così Inception ci riporta nel “mondo reale” dopo averci trascinato nel tortuoso labirinto dell’ onirico. Difficile parlare di Inception cercando di portare coloro che non l’ hanno visto “dentro il film”, insomma sembrerebbe perfino complicato spiegarne la trama poiché  “il cosa” a volte passa in secondo piano per far spazio al “come”.
Nonostante troppo spesso ci si limiti ad osservare cosa succede, il film in questione non può fare a meno di attirare l’ attenzione  sul suo abile costituirsi scena dopo scena.
Dom Cobb è un insolito “007”, la sua missione è infatti quella di prelevare dalla mente altrui, idee, pensieri, attraverso la via del subconscio… Il film mette immediatamente lo spettatore, come lo stesso protagonista, in bilico tra sogno e realtà. Difficile fin da subito cogliere quella sottile differenza che separa la sfera reale da quella onirica, costantemente in sospeso per oltre 140’. La storia che Nolan propone è quella di un uomo ossessionato dai ricordi, (tema ricorrente nel cinema di Nolan) i quali non mancano in più di un’ occasione di affiorare nella vita del protagonista causandogli non pochi problemi. Cobb, il cui cognome tra l’ altro riprende il nome del ladro presente in Following (1998), primo lungometraggio del regista inglese, non riesce a gestire  questo suo tormentato rapporto con il passato. Nel passato di Cobb c’è Mal, con la quale egli visse 50 anni nel profondo stadio del “limbo”. Quando questa sorta di mondo parallelo diventa insostenibile, i due decidono di tornare alla vita reale ma, considerando che nel limbo il tempo cresce esponenzialmente e svegliarsi sarebbe stato praticamente impossibile, altro non avrebbero potuto fare che togliersi la vita. Le conseguenze di questo loro viaggio però saranno devastanti, soprattutto per Mal, la quale, non più in grado di distinguere tra sogno e realtà, decide di gettarsi nel vuoto convinta di riappropriarsi così della propria esistenza “reale”.                                                                                                                      

L’ idea di Inception rappresenta in realtà, per Nolan, un progetto esistente già da dieci anni, quando nelle sale usciva il suo secondo lungometraggio Memento (2000); anche qui, protagonista è un uomo solo, ossessionato dalla morte della moglie e alle prese con una perdita di memoria a breve termine che lo costringe a immortalare con una polaroid tutto ciò che alla propria memoria sfugge e a tatuarsi sul corpo tutto ciò che possa condurlo al colpevole. Da sempre affascinato dal mondo onirico Nolan realizza pellicole degne del proprio inconfondibile marchio autoriale. Ogni suo film sembra esser realizzato apposta a supplemento del precedente, come a dargli la giusta completezza o magari la giusta risoluzione. Cercando di guidare e al tempo stesso spiazzare lo spettatore, Nolan smonta la tradizionale struttura narrativa del film sparpagliandola come un puzzle. Gioco fondamentale che ruota attorno ad un’ incredibile maniera di interpretare il “montaggio”, che stravolge le logiche della linearità per sposare un approccio irregolare e spaesante. Basti pensare alla scelta in Memento di far scorrere le sequenze praticamente “dalla fine all’ inizio” servendosi dell’ effetto flashback. Memento è forse la prova vivente del fatto che Nolan, pur partendo da una semplice idea, una storia poco originale, sappia renderla unica e intrigante sfruttando appieno le sue abilità in fase di  “costruzione del film”.                                                                                          

Tornando ad Inception… incredibili le suggestioni visive che Nolan ci offre quando “entriamo”  nel sogno, imponenti quanto più inverosimili strutture architettoniche  prendono vita nel momento stesso  in cui si pensano. Anziché cadere nella tentazione delle ultime tecnologie (3D), Nolan lascia scorrere Inception attraverso spettacolari salti da una location all’ altra, passando con stacchi del tutto “nolaniani” dalla Tokyo per le riprese iniziali, fino ad arrivare alle sparatorie e inseguimenti (davvero alla James Bond) tra le cime innevate del Canada. Toccando l’ Inghilterra, la Parigi del Pont de Bir-Akeim ( dove Arianna potrà dar vita al suo primo esperimento architettonico), Tangeri in Marocco e Los Angeles. Per il regista è infatti fondamentale mantenere una certa armonia con la realtà sfruttando il più possibile le potenzialità della semplice macchina da presa, poiché, trattandosi proprio di scenari onirici, necessitano di una quanto più verosimile realizzazione. Insomma, quando sogniamo difficilmente riusciamo a distinguere tra sogno e realtà proprio perché questi, i sogni, ci sembrano incredibilmente “reali”.
La scelta che Nolan si riserva per il proprio cast è, come sempre,  impeccabile. A partire ovviamente da quello attoriale (inutile ricordarlo), passando alla fotografia di Wally Pfister ( Batman Begins) fino ad arrivare alla straordinaria colonna musica firmata Hans Zimmer .                                                         

Nonostante il titolo del film “Inception” sembra essere stato universalmente accettato e interpretato dunque come l’ innesto che, su ordine del potente industriale Saito, Cobb, insieme alla sua squadra, impianta nella mente di Fischer, a me piace diversamente pensare che l’ innesto del film sia in realtà il film stesso e… lascio a voi  immaginare quali siano i malcapitati in questione…                                                             
Si potrebbe qui concludere dicendo che, Inception è un film che tiene incollati davanti allo schermo, spoglia di ogni certezza e fa perdere la concezione di ciò che è effettivamente reale. Trascina lo spettatore in questo spettacolare gioco "sogno-realtà" che solamente il cinema e un autore dal calibro di Nolan possono fare.  Straordinario il finale, ennesima ed ultima conferma del labile e sfuggevole concetto di realtà, di quante sfumature e quante molteplici interpretazioni possiamo dare a tutto ciò che ci circonda.

Di Valentina Orsini

2 commenti:

  1. film molto molto molto bello, ma a mio avviso particolarmente sopravvalutato. E' uno spettacolo per gli occhi e sa coinvolgere in maniera efficace (ce l'ho originale in dvd mica per nulla...) ma tira fuori troppe tematiche concludendone solo la metà.
    Rimane comunque un'eccelsa prova autoriale.

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  2. Sopra che?
    Faccio finta di non aver letto =P

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